Magazine Diario personale

All’impronta

Creato il 06 luglio 2015 da Povna @povna

Il sipario sugli esami di stato mette il sigillo anche sui cinquanta giorni che la ‘povna e i Merry Men hanno vissuto, come si è detto, “compartendo pure il moccio”. Perché – quando si sceglie, consapevolmente, di abdicare alla libertà personale, spazi, luoghi, relazioni, eventi, per passare l’ottanta per cento del proprio tempo sempre e solo connessi (una osservazione che è stata fatta, con apposita riflessione sul valore ambiguo, né positivo, né negativo, dell’esperienza, anche da chi di loro ha svolto la traccia maturanda), il resto sono solo, grosso modo, cibo e sonno – arriva un momento, benedetto, in cui molto semplicemente è necessario riappropriarsi del proprio tempo individuale. Così, anche se ci sono ancora dei sospesi (che troveranno il loro tempo: una focacciata al mare, per esempio, e la visita dei Merry Men all’Expo, gratuitamente, con i biglietti della ‘povna), tutti quanti per ora si concedono, innanzi tutto, il lusso del silenzio. E la ‘povna in particolare ne approfitta per stringere i bulloni ai pezzi di esistenza lasciati sospesi da dopo la deportazione.
Il primo atto, ancora in limine, è il pranzo delle commissioni, sabato scorso – un’idea che la ‘povna e Mr. House avevano avuto quando, ancora sulla carta, le loro due commissioni sembravano burro e miele e burro e zucchero; è andata diversamente, e per molti giorni tutti e due si sono detti che era meglio lasciar perdere, ma poi, invece, no: “Io ho pensato che la cosa migliore è farlo lo stesso, questo pranzo, ‘povna. Se c’è Vanesio vieni ugualmente?”. “Fammici pensare” – dice lei, ma poi al messaggio di Esagono risponde subito “Certo, sia mai che mi tiri indietro, io, non ho niente da rimproverarmi”. E quando, alla lunga tavolata, Vanesio, che arriva per ultimo a fare la grande entrata, si ritrova nominalmente a capotavola ma nei fatti ghettizzato laggiù in fondo, circondato da colleghi della commissione non sua, che non ridono alle sue battute, e parlano un idioletto di tre settimane vissute a lavorare insieme, che a lui sfugge, la ‘povna (che dall’altro lato della tavola è coccolata dai suoi due ingegneri quanto e più non si potrebbe, e poi ha a fianco Y-Final che, come ha già detto, pur stitico, è risolto, e anche conviviale, peraltro), a guardare i suoi tentativi goffi di inserirsi nella loro conversazione, mentre nessuno se lo guarda, pensa che la vendetta ha molti modi di farsi trovare.
Si continua la sera, con la festa dei quarant’anni di Papà Razzo, molto funky, a ballare sul pratone musica anni Settanta; e, nonostante, mentre sorride con Streghetta, la ‘povna si senta un po’ in un attardato romanzo di Coe, molto autoironica, la serata è solo di quelle piacevoli, da ricordare. La domenica è giorno di Cappellaio Matto, e, al suo bagno di riferimento, la ‘povna nuota, prende il sole, legge; poi, verso le sei, arrivano un po’ tutti: la Venexiana con Siddharta e la loro minuscola Regina (due mesi e pochi giorni), Streghetta con Robocop, Viola, Papà Razzo e l’Altra, tutti pronti a godersi la bellezza del tramonto sul mare.
Ma si sa che per la ‘povna il vero riposo corre solo su una strada, che è ferrata e parallela, semplicemente. E così per questa settimana organizza subito un certo numero di treni, che la portino in giro, finalmente. Si comincia martedì, con la città della stazione nota e una laurea, ma si finisce in gloria venerdì, quando il primo treno folle in quattro mesi (troppo tempo) la riporterà finalmente al nord, da Thelma, e dagli amici tutti. Vedrà lei appena arrivata (ovviamente: ché, nonostante la distanza, sono riuscite a mantenere una cadenza mensile di tutto rispetto), e poi sabato un sacco di gente (incluso il gatto Semolino, ovviamente); domenica c’è di mezzo uno spettacolo teatrale, prima della partenza (che lunedì mattina, di funzione strumentale, chiama la scuola). E poi si vederà, si vive alla giornata, a giorni spiccioli: in programma c’è una visita al campeggio della Rapa, dall’Ingegnera Tosta, una da Mr. e Mrs. Mifflin, una da Spersa. Ma la bussola dell’imprevisto, a un certo punto, punta a sud.


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