All’ombra dei giganti – puntata n. 6 Fabbricatori di sogni

Creato il 18 marzo 2014 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

Stavolta non andremo a scassinare la dimora di un gigante. Ci limiteremo a farci stimolare da un vecchio consiglio del buon Chuck Palahniuk. Non abbiamo bisogno di ricordarci chi sia Chuck, giusto? Per questo, se proprio servisse, c’è sempre wikipedia. Ad ogni buon conto, per Chuck è fondamentale una questione: “Sorprenditi. Se riesci a portare la storia – o se la storia porta te – in un posto che ti stupisce, allora potrai sorprendere il tuo lettore. Nel momento in cui riesci a vedere chiaramente una sorpresa, lì ci sono delle possibilità e così sarà per il tuo sofisticato lettore”.

Non c’è nulla da fare, quella roba lì, il saper scrivere, o ce l’hai o non ce l’hai. Ma questo non sono io a dirlo. La prima cosa, quindi, è capire se ce l’hai. Il più delle volte arriviamo a dircelo da soli. Ce lo ripetiamo con sempre maggiore convinzione, finché arriva il giorno in cui selliamo il cavallo, lo montiamo e partiamo per trovare qualcuno che ce lo confermi. Quando riusciamo a sciogliere anche l’ultimo dubbio che lo scrivere sia la nostra ragione di vita, allora puntiamo dritti verso l’impararlo a fare bene, visto che non sempre ci viene buona la prima. Solo a una come Mina accade (lei legge lo spartito, canta a bassa voce una volta e subito registra). Maneggiare i ferri del mestiere (o la penna se preferite, o i tasti del computer), lo si può imparare da soli, giuro qualcuno ci riesce. Oppure affidandoci a qualcuno che ce lo insegni. Nel primo caso, come per qualsiasi mestiere si intraprenda da autodidatta, dobbiamo darci un metodo, sperimentare, smontare e rimontare con pazienza maniacale, scoprire cosa ci riesce meglio, e portarlo alla perfezione. Soprattutto dobbiamo essere i più spietati, cinici e incontentabili lettori di noi stessi. Questo non sempre è facile. Altrimenti (da cui il secondo caso), dobbiamo affidarci a qualcuno che ci suggerisca come e cosa correggere. In tale evenienza, forse potrebbe essere utile domandarsi se lo scrivere sia davvero la nostra strada, ma questo lo si potrebbe decidere anche in un secondo tempo. Non escludo che l’aiuto di altri possa condurci ad affinare lo stile o la tecnica narrativa. Non lo ha escluso neppure Chuck, che per diventare l’autore di Fight Club ha frequentato il laboratorio di scrittura (Dangerous Writing) tenuto da Tom Spanbauer. Quindi evviva i corsi di scrittura creativa, il prendere ripetizioni, comprare manuali a fascicoli in edicola, qualsiasi cosa ci possa tornare utile a fare la punata alle nostre frecce.

È innegabile, tuttavia, che quello che non dovremmo mai smettere di fare – on the long (hard) road to hell – è leggere senza sosta, farlo diventare, pur dolce che sia, un’ossessione, una pura e insana dipendenza. Lo scrivere, difatti, non è solo tecnica. Il solito caro Palahniuk ci dice che dobbiamo riuscire a vedere e stupirci. Già, perché scrivere richiede una capacità visionaria non comune, anche per il miglior intrattenitore di folle. Qualcuno lo chiamerebbe un dono. Non è solo questione di fantasia o immaginazione. Anche, ma non solo. Per essere visionari occorre la capacità di vedere, toccare, annusare, assaggiare, una realtà solo immaginata. Dobbiamo percepirla con tutti i nostri sensi, abitarla, indossarla, digerirla e quindi riuscire a trasferirla sulla pagina. C’è chi padroneggia molto bene la sintassi e il lessico, l’impianto scenico e l’architettura della narrazione, ma non ha alcuna capacità visionaria. Una bella casa, arredi favolosi, ma nessun segno di vita. Nessun profumo. Si possono riprodurre cliché, ma tanto varrebbe copiare di sana pianta, e non si andrebbe lontano. Si può fotografare la realtà e raccontarla dal nostro punto di vista, ma questo sarebbe giornalismo. Capacità visionaria, invece, è libertà da ogni vincolo, follia creativa, gusto dell’inedito e dell’azzardo. Presunzione, sana ambizione. Questo lo possiamo imparare? Esiste qualcuno in grado di insegnarcelo? Non tocca a me dirlo. Creare è un atto divino. La materia iniziale è il nulla. Dal nulla si deve produrre realtà. Un nulla che spesso nasce dai nostri ricordi, dai riflessi o dalle scorie del nostro vivere, che vanno a comporsi e a intrecciarsi in nuovi scenari. Nuove e inedite composizioni di realtà. È un processo che, a pensarci bene, saremmo in grado di fare tutti. Non serve essere scrittori. Lo facciamo di notte. Creare scenari e realtà alternative è quello che avviene nei sogni. Il nostro cervello è attrezzato per farlo. Di giorno, purtroppo, spesso ce ne dimentichiamo.

Samuel Giorgi



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