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La trama (con parole mie): David Marks è il rampollo poco incline alle scalate sociali di una potentissima e ricca famiglia newyorkese. Katie è una giovane di belle speranze cresciuta nel Jersey profondo in una famiglia numerosa ed assolutamente normale.Quando i due si conoscono, scoppia una passione che da subito appare destinata a cambiare la vita di entrambi: nonostante le pressioni del dispotico padre di David, la coppia si trasferisce nel Vermont, dove per qualche tempo si occupa di un piccolo negozio, prima di tornare nella Grande Mela con la promessa del patriarca dei Marks di diventare ricchi e continuare la tradizione di famiglia.Ma qualcosa si incrina nel meccanismo apparentemente perfetto, e quando Katie scompare senza lasciare traccia, i sospetti paiono tutti concentrarsi sul sempre più instabile David.Cosa nasconde l'uomo, trincerato in un mondo che solo lui comprende davvero? E cosa la sua ingombrante famiglia?
Onestamente, credo di aver avuto un debole per questo film ancora prima di vederlo.L'atmosfera inquietante, di vaghe rimembranze hitchcockiane, il cast di prim'ordine - a partire dall'ormai mio nuovo giovane favorito Ryan Gosling -, una crime story mescolata alla vicenda di una passione sempre sul filo che corre tra l'amore ed il malsano bisogno di farsi del male e soprattutto il suo regista, quell'Andrew Jarecki che mi stupì anni fa con uno dei documentari più clamorosi che abbia mai visto: Capturing the Friedmans - Una storia americana.Prima o poi mi deciderò a dedicare un post all'allucinato viaggio nella distorta realtà dei Friedman e alla loro storia, ma per evitare di rubare un pò troppo la scena all'esordio nella fiction di questo interessante autore smetterò prima di cominciare: All the good things - evito perfino di pensare all'orrido titolo affibbiato a questa pellicola dai distributori italiani -, da par suo, si inserisce perfettamente nel filone Sundance style senza troppa spocchia che dalle mie parti è sempre ben accetto, sfruttando al meglio le doti dei suoi protagonisti - bravissimi sia Gosling che la Dunst, ma tanto di cappello anche al veterano Frank Langella - all'interno di uno script che ricorda - o vorrebbe ricordare - i più torbidi tra i thriller di matrice hitchcockiana con tanto di delitti (quasi) perfetti ed una famiglia in seno alla quale si annidano gli orrori più grandi che si possano concepire.In questo senso, a partire dall'evocativo ed agghiacciante - con il senno di poi - titolo, per finire tra le pieghe del rapporto tra David e Katie, tutto nella pellicola di Jarecki pare puntare al proseguimento della ricerca dei "mostri" celati sotto i nostri caldi lettucci casalinghi nata con il già citato Capturing the Friedmans.Certo, il regista appare ancora parzialmente spaesato di fronte ad una materia duttile come la fiction, e soprattutto nella seconda parte tende, almeno in parte, a perdersi, eppure il risultato finale è un convincente viaggio nel lato oscuro dei rapporti di coppia che per molti versi ricorda La fuga di Martha, nonostante la protagonista Katie si ritrovi, all'interno della sua storia con David, progressivamente sempre più sola in un dolore che non si limita alle botte o alla reiterata negazione di una maternità che è come un bisogno, ma ad una sorta di esilio che la porta lontana, per destino, dalla protagonista dell'altrettanto buon film firmato Sean Durkin, supportata da vicino - pur con le dovute difficoltà - dalla famiglia alla quale fa ritorno.L'illusione di Katie, al contrario, pare legata a quel "All the good things" lasciato nel profondo del Vermont, e ad una relazione rimasta nel mondo ideale di quando, da adolescenti, pensiamo che l'amore della nostra vita sia perfetto, e pronto ad attenderci dietro l'angolo per condurci dove pensavamo che soltanto i sogni potessero arrivare: purtroppo per lei - e per molte donne nella stessa situazione -, il mondo costruito attorno a loro è ancora troppo legato ai giochi di potere tutti maschili che si consumano fin dalle gerarchie da focolare e si traducono in pericolosi disturbi della personalità - l'escalation violenta di David ed il suo rapporto con il padre ed il fratello è emblematica, in questo senso - per poter anche solo sperare che tutto possa rivelarsi un brutto sogno dal quale potersi svegliare nel momento in cui le cose dovessero andare in frantumi.Come se la famiglia Marks non bastasse, ho avvertito come estremamente disturbante anche il personaggio del fratello di Katie, che pur trovandosi in più di un'occasione tra la sorella e David pare troppo timoroso per intervenire, anche quando la piega del rapporto tra i due pare evidentemente prendere una china decisamente pericolosa: testimonianza di una sorta di forma di rispetto per le scelte di Katie o di una vigliaccheria insita nell'Uomo, sicuramente molto prima e più che nella Donna, di cui lo stesso David è esempio lampante?Jarecki non pare prendere una posizione precisa, mantenendo l'aspetto chirurgico - per non dire asettico - del documentarista esperto, concentrandosi soprattutto nel crescendo conclusivo sulla parte più prettamente crime della pellicola e della vicenda, finendo per togliere qualcosa - come già sottolineato - al risultato finale, nonostante l'ottima prova di Philiph Baker Hall, che molti di voi ricorderanno tra i protagonisti di Magnolia e Boogie nights, fondamentale per l'evoluzione del charachter di David nella sua versione più borderline nel ruolo del fido Malvern.Il risultato potrà essere un ibrido incapace di rapire davvero il pubblico più pretenzioso così come quello occasionale, eppure a mio parere resta la conferma di un talento evidente per l'esplorazione del lato oscuro della "normalità" di un regista che ha solo iniziato a farsi le ossa sul grande schermo e sul palcoscenico della fiction: con il dovuto spazio - e soprattutto la dovuta libertà - sentiremo di nuovo parlare di Andrew Jarecki.E quando lo faremo, non sarà per stare meglio.
MrFord
"(Love bites, love bleeds)
It's bringin' me to my knees
(Love lives, love dies)
It's no surprise
(Love begs, love pleads)
It's what I need."Def Leppard - "Love bites"-
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