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La mia città non ha ancora deciso a cosa assomigliare.
Da anni ormai oscilla goffamente tra una sorta di versione open air del primo piano della Rinascente, una città di provincia austriaca che in centro ti senti un turista anche se ci sei nato e un sequel della Milano che c'era prima - di quei sequel con il budget tagliato e il cast sostituito dai parenti del produttore.
Chi vive a Milano, chi l'ama o la ha amata, non chiede necessariamente che assomigli di più al film che ci si è fatti in testa (ad esempio, nella mia idea di Milano, ci sarebbero molti più tappeti saltanti e campi di minigolf - e capisco non tutti ne sentano il bisogno), chiede semplicemente ok, ma dove stiamo andando?
Anche perché se qualcuno pensava di intortarci con lo skyline (parola inglese che vuol dire che se abiti al quarto piano della casetta di fronte non vedi più il sole o - per l'appunto - lo sky), è arrivato fuori tempo massimo.
La speranza della nostra amministrazione è che noi si creda che i grattacieli esistano solo a New York e in Blade Runner - e che perciò, comunque vengano su, ci sarà da essere contenti di far parte di questo così esclusivo club.
Purtroppo per loro, anche la più stronza città della più stronza regione cinese ha una quantità di monoliti multipiano che a confronto sembriamo un plastico del Lego o un set futuribile di Pieraccioni.
L'idea quindi di diventare un posto così a dismisura d'uomo da farci sentire piccoli ma grandi dentro è decisamente da scartare.
Come è ugualmente da scartare l'ipotesi "città d'arte", dato che l'omogeneità architettonica e paesaggistica di Milano ricorda certi miei orribili accostamenti casual domenicali - del tipo pantaloni della tuta, calze spaiate, maglietta e golf di due blu diversi.
Eliminerei senza appello anche il modello "città dei servizi", ovvero quel genere di città che a vederle non ti dicono granché, però come arrivano in orario i tram lì / come funzionano le poste lì / come son gentili i tassisti lì / come trovi da dormire a poco lì / come sono gentili nei bar lì.
A Milano quasi nessuno vorrebbe fare quello che sta effettivamente facendo, e la giovialità ne è la prima vittima.
Rimangono poche desolanti alternative identitarie - tra cui spicca la dottrina della "città della moda", destino che riguarda pochi e quei pochi sono così scemi che neanche si accorgono che, in virtù della moda stessa, la città della moda presto sarà un'altra e poi un'altra ancora.
Propongo quindi di individuare per Milano una deriva (mi sembra a conti fatti il termine più adatto), che tenga conto di quello che c'è - che ci piaccia o meno - cercando di valorizzare le nostre pochezze e le nostre vergogne.
Per far ciò bisognerà essere impietosi, drastici, onesti e insieme incredibilmente positivi - come chi ha perso la fede nuziale in un cassonetto della monnezza e decide di volerla ritrovare costi quel che.
Nei limiti del tempo a disposizione e della buona salute della mia insonnia, l'intera città verrà scandagliata attraverso grossi filoni che - commercialmente o meno - la attraversano, dai bar alle palestre ai mercati dagli internet point ai ponti dai parchi alle panchine strategiche dalle metropolitane ai paninari generosi e ai paninari biechi dai luoghi segreti che segreti non dovrebbero essere e a quelli segreti che segreti dovrebbero rimanere.
Volta per volta saranno assolutamente bene accette segnalazioni di ogni genere, precisazioni, materiale d'ogni fede e bandiera, racconti e - soprattutto - eccezioni, che è quello di cui abbiamo più bisogno.
ps: il cartello in testa al post non è una photoshoppata, ma un singolare caso del magico mondo della segnaletica. Chi volesse verificare o andare a portarvi dei fiori vada verso Linate lungo viale Forlanini, giri a sinistra in direzione Idroscalo e lo vedrà splendere in mezzo a una rotonda.
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