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Alla fin fine ci dobbiamo pur sempre fare i conti

Creato il 17 dicembre 2015 da Annerrima

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Questa è la storia.
Nel 1993 mio padre, ai più noto come “il Lupo” (soprannome derivatogli dal fatto che quando ero piccola ululò dalla tetto di casa dove volevo andare: era terrazzato, non spiovente e piuttosto pericoloso), iniziò a interessarsi, per primo in regione FVG, ai corsi di formazione rivolti ai carcerati.
Così iniziò a organizzarne qualcuno al Cedis, la comunità di recupero tossicodipendenti dove prestava servizio volontario da qualche anno.
I corsi, organizzati con IRFOP, un ente di formazione professionale, erano di informatica, grafica e giardinaggio.
Fu proprio sulla manutenzione del verde che si specializzarono i detenuti che lui portava ai corsi e che prese a lavorare.
Nei primi tempi non avevano una sede: quindi capitò anche che i lavoratori di Oasi, così si chiama la cooperativa che nel frattempo aveva fondato, venissero in massa a fine giornata a farsi la doccia a casa nostra. Qualche tempo dopo ospitammo per tre mesi anche Aldo, “angioletto” (così chiamavamo i detenuti in famiglia) storico che ancora oggi vive nella sede di Oasi; Aldo oggi non dimentica un compleanno, né mio né di Madre, ed è un caposaldo della cooperativa.
Nel 2000 mi sono interessata anche io di detenuti, e con la scusa di un convegno sono andata a Roma con Piero Di Pauli, nume tutelare della cooperativa. Era una persona squisita, lo chiamavamo Piero bicicleta perché si spostava anche per chilometri sempre in bici, aveva sempre la battuta pronta e una voglia di vivere e di aiutare gli altri che ricordo ancora con affetto. Altre persone per me sono state importanti: Paul dai lunghi capelli, che proprio quando aveva ripreso in mano la sua vita e si era redento, morì in un incidente stradale; Marina che veniva chiamato così perché aveva passato alcuni anni in marina; e altri che mi hanno raccontato le loro storie, e che continuano a parlarmi anche adesso che non ci sono più.

Domani, 18 dicembre, la Cooperativa compie vent’anni. Posso dire che alla firma del notaio io c’ero? Posso dirlo: avevo quattordici anni e queste cose ti rimangono impresse nella mente, specie se succedono a quell’età. Finalmente ho convinto i soci del Lupo, a sua insaputa, a raccogliere le vive testimonianze di soci volontari e lavoratori in un sito web che ho costruito io. Lui, reticente ai social network e alla rete, la usa soltanto per leggere le notizie e inviare mail, e non ne aveva mai voluto saperne. Assieme al sito, sabato verrà presentato il libro “Non era un miraggio. I vent’anni dell’OASI per la dignità sociale e occupazionale di detenuti ed ex detenuti”, curato con grande amore dai soci, da Francesco Guazzoni che si è appassionato al lavoro della cooperativa e, graficamente, dallo Studio Janna di Pordenone. A me ovviamente la parte più rognosa, ovvero la ricerca della tipografia: la stampa alla fine è stata affidata alle Grafiche Antiga, che a Crocetta del Montello fa libri da un sacco di tempo e ha pure un museo dei caratteri tipografici che voglio visitare.

In questo sito, e in quel libro, c’è anche un pezzo di me, perché anche se rinneghiamo le nostre origini alla fin fine dobbiamo pur sempre farci i conti. Se sono oggi quello che sono, in buona parte è dovuto anche a queste esperienze, a ciò che il Lupo ha fatto e non ha fatto per altri e per noi, e non posso che commuovermi sfogliando il libro e facendo questo lavoro di archiviazione.


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