Magazine Cinema
Gigantesco e intimissimo cinema di scarti, in cui convergono l'immaginario, l'arte e i residui di un intero mondo: la Storia è un'eco mai troppo lontana che riecheggia tra le rovine di una relazione. Il presente si delinea come la deriva inesorabile del tempo - di tutto il Tempo. Perché nell'Italia di Rossellini, ogni cosa è ferma, tutto si è cristallizzato in una sorta di giorno eterno in cui è possibile viaggiare in ere diverse, condividere lo sguardo di chi ci ha preceduti e di chi, un giorno, prenderà il nostro posto.
Riflettevo sul fatto che il capolavoro di Rossellini potrebbe essere probabilmente l'ultimo film, l'ultima strada, l'opera che viene dopo tutte le altre perché contiene in sé i frammenti e i ricordi di tutto ciò che è stato e di tutto ciò che sarà.
"Viaggio in Italia", da questa prospettiva, si situa dopo la fine del cinema (prima di chiunque altro!), e guarda, attraverso il suo corpo mirabile e trasparente, nient'altro che l'uomo (e la sinossi più intelligente potrebbe essere esposta in una singola, difficilissima domanda: che cos'è l'uomo?)
Mai come qui il cinema di Rossellini si è tanto interessato allo sguardo del passante, alla camminata del singolo, al dialogo intimo, fondamentale, con un'alterità che ci fa ridere, piangere e tremare. Lui e Lei diventano riflessi incondizionati di mille uomini e donne, di un'infinità di altre storie, passate presenti e future, che ritornano in un turbinio di sguardi, di lacrime e emozioni in grado di perforare lo schermo e di farci sentire, ancora una volta, spettatori assenti e nostalgici (come vittime di una mancanza che vorremmo catalogare ma che ci rendiamo conto essere parte integrante, strutturale di noi stessi).
Il cinema per Rossellini è come uno scavo nel profondo, un viaggio interiore tutto proteso a scandagliare le viscere di un Paese che è insieme uomo e donna, memoria e infanzia, rumore e silenzio. Sono le statue e i corpi riesumati a guardarci e a squarciare il tempo - tutto quel tempo - che ci ha annoiati, affondati, derisi e infine umiliati. Ma poi c'è sempre spazio per un miracolo, per un "Ti amo" che disvela la dimensione di un risveglio: questo è il cinema più bello del mondo perché nella trasparenza dell immagini - di tutte le sue immagini - aderisce all'uomo e al suo mondo, dispiegando un caleidoscopio infinito di possibilità latenti, di rinascite e di nuovi, auratici sguardi.
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