Magazine Ecologia e Ambiente

Alla fine del mondo – krubera expedition

Creato il 02 settembre 2014 da Andrea Scatolini @SCINTILENA

Resoconto spedizione Krubera – Voronia 2014

Articolo e Foto su:
http://www.canisciolti.biz/2012/Grotte/krubera.html

VICISSITUDINI

Diavolo!!

Non è proprio possibile raccontare l’incredibile avventura alla Krubera, senza descriverne anche i paradossi e le contraddizioni che comporta; un viaggio che mi avrebbe infine profondamente cambiato.

L’attuale guerra in Ucraina aveva reso incerta sin dall’inizio la spedizione, ma poi tutto é filato per il meglio e così si parte.

Dopo un rilassante volo in Business Class (causa un errore di Airflot!) ci ritroviamo nella notte di quella stessa giornata, invece, a dover discutere con la polizia di frontiera sul perché un Sammarinese e un Rumeno, carichi di sei zaini, vogliano oltrepassare il confine Russia/Abkhazia, un Paese sconosciuto quasi al mondo intero.

La situazione si sblocca poi “magicamente” solo alcuni minuti dopo che l’imponente sagoma di Yuriy Kasyan ci raggiunge.

Yuriy da queste parti è una leggenda: è l’uomo infatti che “realmente” è sceso nell’abisso Krubera oltre la soglia dei 2000 metri di profondità, raggiungendo così un vero e proprio record mondiale. Lungo la strada verso la speleohouse, Yuriy ci spiega di essere sceso in questa grotta almeno una settantina di volte e di aver guidato qui tantissime spedizioni. Fra gli ambiziosi obiettivi esplorativi di quest’anno c’è, in primis, il tentativo da parte di Gennadiy Samokhin di superare il 3° sifone, soprannominato “Yantarni” (pietra gialla), a -1850 metri di profondità. Samokhin è in assoluto lo speleosub che è sceso più in profondità al mondo, sino all’incredibile soglia (nella Krubera) dei -2196 metri. Al nostro arrivo entriamo subito nel clima che ci accompagnerà per tutta la spedizione:, a ritmo di musica infatti, alcune simpatiche Ucraine, membri anch’esse del team, ci ravvivano subito con cibo e bevande calde.

Il giorno successivo abbandoniamo l’atmosfera da “ostello della gioventù” e iniziamo la prima vera avventura.

Dal momento in cui si mette piede in Abkhazia, infatti, per poter uscirne, occorre pagare un visto, e fin qui uno direbbe, “E dov’è il problema?”. Peccato che, per raggiungere la capitale, Sukumi, unico posto in cui poterlo fare, non vi siano molte alternative, e nel pulmino d’epoca – allestito a trasporto clandestini – dove siamo capitati, siamo appena in diciotto, in Italia c’è ne sarebbero stati nove. Alla media oraria dei centotrenta Km/h, in un clima da vero far west, viaggiamo ammucchiati per un ora e mezza su una strada già dissestata di suo, in uno slalom stile “fuga dalla polizia” fra mucche, cavalli e cani già asfaltati. Non ci vorrà molto per comprendere che per il “Valentino Rossi” Abkhazo alla guida, più viaggi equivalgono a più denaro, e così, mentre parla al telefono con una mano, con l’altra ? perennemente appoggiato al clacson. Al suo fianco, a rassicurarci un emulo – ahimè – del “Comandante Schettino”, divisa inclusa, che impreca mezzo ubriaco contro le altre auto come se avessero torto loro. Una situazione da incubo, ma dopo una “roulette russa” piena di sorpassi azzardati e di impatti evitati per un pelo, che vi lascio soltanto immaginare, finalmente approdiamo sbiancati a Sukumi, e iniziamo la caccia al tesoro per pagare in un ufficio e timbrare in un altro. A contrastare il degrado generale qui vi sono le giovani Abkhaze, aggraziate e dallo smalto appena rifatto, che assolutamente vestite alla moda passeggiano tranquillamente in un labirinto di rovine e accumuli di spazzatura.

L’ ORGANIZZAZIONE SPELEO UCRAINA

Prima di aderire a questa spedizione avevamo deciso di non seguire in alcun modo le logiche organizzative alle quali siamo abituati, ma di affidarci completamente allo stile Ucraino in modo da comprenderne vantaggi e difetti.

Partiti a bordo di un vecchio camion militare, percorriamo lungamente l’interminabile sterrato che attraverso villaggi di pastori risale la valle dell’ Ortobalagan verso la magnifica e selvaggia area carsica di Arabica. Come già Èdouard Martell, pioniere della speleologia, descriveva di questi luoghi, il carsismo superficiale poco sviluppato con enormi doline, anche se dai pochi ingressi accessibili, associato ad un enorme deposito di calcare, rappresenta la migliore condizione per l’esistenza di complessi dall’enorme potenziale.

Il feeling con Yuriy é immediato, c’è intesa e stima reciproca:, già da tempo, infatti, siamo in contatto via web e, quindi, in qualche modo il rapporto è già consolidato. La comunicazione all’inizio, invece, è comica, io parlo in Italiano a Romeo (il mio compagno di avventure) che traduce in Inglese ad Antonio, il quale parla Russo ma traduce come può in Ucraino a Yuriy. La risposta segue la stessa dinamica ed è quindi lecito immaginare quanto, infine, l’informazione potrà essere distorta.

Dopo una giornata trascorsa a trasportare materiale da campo e a montare i tendoni mensa, cucina e attrezzatura, quella successiva è dedicata alla preparazione di “27 sacchi speleo” pieni zeppi di cibo! Essendo una trentina in spedizione e considerando che alcune delle ragazze non scenderanno in profondità, ci domandiamo stupiti a chi diavolo serva tutta quella roba.

Tutti collaborano pienamente, in maniera molto disciplinata, ma non immaginatevi affatto una situazione militaresca:, si avverte sì un concetto di autorità molto forte, ma non imposto; é come se esistesse un ordine naturale delle cose dove “le chiacchiere stanno a zero”, e chi ha prodotto risultati invece ha ragione.

Yuriy è il più esperto e tutti semplicemente lo ascoltano, si avverte chiaramente la sua aria bonaria e il fatto che vuole bene alla gente. Noi non intuiremo subito quanto sia efficace quel genere di organizzazione e il fatto stesso di infilare in ogni sacco una verza intera, carote, cipolle, patate, pesce essiccato, condimenti ed altri alimenti che non ci sogneremmo mai di portare in grotta è inizialmente per noi solo una situazione divertente.

Per darvi qualche base:, ogni sacco contiene cibo e benzina per una squadra di 5 speleologi per due giorni e pesa circa 11/12 kg, poi ci sono le corde, moschettoni, trapano e un numero imprecisato di sacchi con l’equipaggiamento per i due sub.

Nulla è lasciato al caso:, ci sono due briefing (uno alla mattina ed uno alla sera), poiché tutto dovrà filare liscio, e in cui Yuriy spiega alcune cose fondamentali da fare sia in grotta che al di fuori, come, ad esempio, il fatto che:
le lunghe campagne esplorative hanno reso sfortunatamente l’acqua della grotta estremamente inquinata e, quindi, prima di utilizzarla, dovrà essere sempre bollita;
in caso di piena, si dovrà attendere ai campi perché ci saranno sempre cibo, fornello e benzina;
a partire da -1200 metri serve la tuta stagna;
sia alle 08:00 che alle 20:00 di ogni giorno ci sarà un contatto telefonico dal campo base verso i campi avanzati;
soprattutto, non bisogna fare attività per periodi superiori alle dodici ore, poiché da stanchi è più facile commettere errori ed un incidente qui costerebbe semplicemente la vita.

Esposto in tenda mensa inoltre vi è un mega planning in cui verranno appuntati gli spostamenti di ognuno all’interno della grotta, il cibo presente ad ogni campo avanzato, risorse, ecc. Una linea telefonica collegherà il campo base con gli altri 5 interni e per ogni comunicazione c’è un book apposito in cui appuntare ogni genere di informazione.
Durante la fase preparatoria non sapevamo con precisione né quanti giorni saremmo stati dentro, né se avessimo avuto infine la possibilità di scendere al fondo; fu così che mi trovai per caso a chiacchierare con un modestissimo e gentile signore accanto a me di cui avvertii subito la saggezza profonda. In ciabatte preparava con cura il suo sacco, un uomo tranquillo, pacato, ebbene quel signore non era nient’altro che Gennadiy Samokhin!

LA DISCESA

Portare un sacco in grotta è normale, due anche, tre va ancora bene, ma cinque é allucinante! Soprattutto in una grotta come la Krubera, super frazionata, con corde trapassate (e dalla calza raggrumata) e dove le strettoie e i meandri certo non scarseggiano. Ma questo ci dicemmo, è il prezzo da pagare per esplorare con i migliori e alle maggiori profondità; a fare squadra con noi invece due Polacchi.

Ad accogliermi al primo campo a -700 c’è Stas Kuptsov, una vera forza della natura, è lo speleosub che farà coppia con Samokhin al sifone di -1850, e che subito mi da alcune fondamentali informazioni sull’organizzazione del bivacco.

Il giorno dopo accadranno un paio di fortuiti episodi che ci faranno slittare nei giorni a venire da squadra di retrovia direttamente a quella esplorativa con Stas e Samokhin in testa, e con alcuni dei più forti speleo Russi e Ucraini. Uno dei Polacchi in squadra con noi infatti causa il troppo peso aveva abbandonato a -500 un sacco fondamentale con l’ossigeno e Stas nel contempo aveva avuto problemi con il suo discensore. Fu così che la nostra disponibilità nel risolvergli entrambe le situazioni, prestando a Stas il discensore e risalendo a recuperare il sacco ci avvantaggiò non poco nei giorni a seguire, mettendo per inciso la squadra “Italiana” (così ci chiamavano) in ottima luce. L’unico problema era appunto che mentre io scendevo a -1000 portando avanti le attrezzature per poi risalire, Romeo senza discensore era bloccato al campo di -700. Passammo così due notti li, recuperammo l’ossigeno, ma poi arrivato un nuovo discensore avemmo modo di scendere, saltare il campo di -1200 e andare direttamente a quello di -1400 insieme alla squadra di punta.

Mentre i nostri due compagni Polacchi si ritiravano poco oltre i -1000, a preoccuparmi maggiormente era un incidente avvenuto al campo di -700 che mi aveva procurato diverse ustioni di secondo grado ad una gamba e che l’acqua inquinata della grotta rischiava di infettare. Così, un po’ per sfinimento un po’ per l’incidente, quella notte a Sandy Beach la passai rigirandomi nel sacco a pelo. Il giorno seguente invece fu uno dei più avvincenti, non solo perché ora facevamo squadra con i migliori, ma perché ci aspettava il passaggio in apnea del sifone Bermuda (circa 4 metri) ed eravamo in 7 con 26 sacchi!

Quando scendemmo a -1640 il campo era ancora da allestire, ma nel tempo di una partita di football passammo incredibilmente da un luogo freddo e bagnato ad uno caldo e asciutto. In quell’atmosfera ritagliata, larga appena pochi metri quadri ma così accogliente, Gennadiy cucinò per tutti una cena strepitosa e passammo semplicemente una serata straordinaria. In quei momenti in cui ero assolutamente rilassato come il resto della squadra, mi dimenticai addirittura dove diavolo ero e quanto esposti eravamo tutti noi, e mi resi conto di quanto alla fine quel modo di andare in grotta poteva essere efficace. Mi vennero così alla mente le parole di Badino in cui affermava che “il fine ultimo della speleologia è forse quello di riuscire in qualche modo a convivere con questo ambiente ostile”, esattamente quello che questi Ucraini sapevano fare così bene..

Prima di venire qua non avevamo ben inteso i meriti di questa fantastica esplorazione, ma durante gli 8 giorni di permanenza in grotta avemmo modo di confrontarci a fondo con gli esploratori Ucraini e mettere insieme gli ultimi pezzi del grande puzzle della Krubera. Piano piano le cose ci risultarono così sempre più chiare e capimmo che il connubio Yuriy Kasian e Alexander Klimchouk fu la vera chiave di svolta per tutto ciò che ne seguì..
Come descritto ampiamente sul famoso libro di James M. Tabor “La discesa” -Viaggio al centro della terra- poi, “l’invasione di campo da parte del Cavex” che come narra “arrivò a giochi fatti” (e al quale comunque si deve riconoscere alcune esplorazioni congiunte fra cui quella al sifone Bermuda) furono condotte per gentile concessione da parte degli Ucraini.

Ora, non intendo far polemica, anche perché sono cazzi addirittura extra europei, ma vorrei come minimo ridare dignità a uomini valorosi, di cui si sa poco o nulla, e che forse altra colpa non hanno se non quella di non essersi fatti troppa pubblicità, perché non è nel loro stile.

Osservando semplicemente le bandierine nazionali disegnate sulle aree esplorate sopra il rilievo della grotta, infatti, si poteva intuire quanto l’organizzazione di Yuriy e della Speleologica Ucraina avevano portato nel tempo i risultati più ambiti, come la grande via “non-kujbyshevskaja -1697, ma soprattutto il raggiungimento dei fatidici -2000 metri con Game Over e la profondissima esplorazione speleo subacquea di Samokhin a -2196 metri su “dva capitana”.

Trasportato così tutto l’equipaggiamento necessario ai sub, il giorno dopo ci inoltrammo per i fatti nostri sulla via forse meno intuitiva di tutte, “Way to the dream” uno strettissimo meandro che gli Ucraini avevano indovinato, e a seguire “Yellow tube” su cui avevano insistito, e grazie al quale furono raggiunti per la prima volta i -2000 metri di profondità.

Fu una gran giornata, inseguendo il nostro Nirvana superando “Big Junction” poi “Rebus Camp”, e ancora sul p. Millenium e infine Game Over a -2080.

Dopo alcuni minuti che sguazzavamo felici nel lago terminale ci raggiunsero anche gli amici Ucraini e Raffael, un Israeliano con il quale avevamo parecchio legato e a cui portammo addirittura dal campo di -700 al campo di -1640 ”un di libro da leggere”. Diavolo! .. Cose da matti!

Le esplorazioni di Stas e Samokhin si conclusero nel migliore dei modi, con la congiunzione del sifone “Yantarni” a quello terminale di “Big Jiunction”, percorrendo una distanza di 155 metri per 20 di profondità.

UNA SALITA SENZA USCITA

Uscimmo senza fretta, avevamo ginocchia e gomiti ancora martoriati dai pesanti carichi dei giorni precedenti che certo non avremmo potuto correre. Questa volta soli affrontammo nuovamente il gelido sifone Bermuda, il passaggio dei sacchi, e non appena transitammo per il campo di -1400, a sorpresa, da un pertugio della tenda sbucarono due ciotole calde di riso con verdure, e del tè bollente. Katia la ragazza Polacca, avvertita probabilmente via telefono del nostro passaggio ci aveva preparato la cena, non potevamo crederci, l’efficientissima organizzazione Ucraina aveva colpito ancora ..

Non ne conosco il motivo, ma superato il sifone avevo come la sensazione di sentirmi ormai fuori, tanto che dovetti ripetermi più di una volta di essere ancora alla profondità di -1400 e che qualsiasi errore lo avrei pagato caro, dovevo concentrarmi!

Dopo una notte a -1200 così, e la terza a -700, ciò che ammirammo all’uscita fu la perfetta conclusione ad una grande avventura. Ormai al tramonto, infatti, un cielo limpidissimo precipitava in un mare di nebbia schiacciato dall’alta pressione che faceva da cornice alle montagne del Caucaso da una parte, e dall’altra ad un sole morente che vi sprofondava dentro.

I giorni seguenti ci congedammo infine da Yuriy, il quale ci fece promessa di venire presto in Italia, e qualche battuta telefonica con Gennadiy invece, ancora in grotta, ci fece intuire di essere ormai inclusi, il prossimo anno, nel progetto Turchia, dove, fermi a -1400 metri di un nuovo abisso, andranno ad inseguire il sogno dei -3000 metri!

É incredibile come queste persone pur essendo di una modestia disarmante (e dalle quali abbiamo imparato l’enorme umiltà), grazie alle loro visioni, riescano poi a spingere sempre più avanti i limiti umani con esplorazioni del genere.

F. B.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :