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Alla fine spiega l’inspiegabile: l’amore.

Creato il 12 gennaio 2013 da Annovigiulia @AnnoviGiulia

di Giulia AnnoviImmagine

E’ composto da piccole parti meccaniche: ingranaggi, giunti, valvole e pistoni. Il protagonista del film ne va in cerca e sono disseminati lungo tutta la trama. Come tutti gli oggetti in ferro, metallo resistente ma corruttibile, possono formare ruggine e creare attriti. Essi vanno ripuliti, accarezzati con abbondante olio, montati con cura e precisione e periodicamente ricontrollati. Il lavoro di montaggio è faticoso. Si possono fare errori nel legare i pezzi fra loro e qualcosa si può rompere per poi essere aggiustato nuovamente. Il risultato finale è una macchina perfettamente orchestrata, autonoma nei suoi movimenti, dotata di un’anima propria.  Praticamente una nuova persona, quasi perfetta. Sì, sto parlando di un automa, il precursore dei nostri robot.

L’ultimo film di Giuseppe Tornatore, “La miglior offerta”, ruota tutto intorno ad un congegno meccanico: l’automa di Jacques de Vaucanson. Ma la ricostruzione dell’omino di ferro non è soltanto il pretesto per creare suspance nella trama: esso diventa la metafora dell’amore.

Il protagonista del film, il sessantenne battitore d’aste, che quasi non riesce ad avere rapporti decenti con il resto dell’umanità e tanto più con le donne, alla fine riesce a mettere insieme tutti i pezzi. Ne risulta anche una bella macchina. E alla fine il protagonista rimane perfettamente intrappolato negli ingranaggi.

Il film in realtà è molto più che questo e le interpretazioni possono essere altre. Ciò che mi ha affascinato è proprio la metafora un po’ stridente che unisce la macchina, fredda e rigida all’amore spiegandone perfettamente tutti i risvolti. E’ come se la meccanica desse un senso a ciò che il protagonista proprio non è in grado di spiegare. Siete pronti a cercare i piccoli pezzi che compongono una macchina meravigliosa?


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