- Pubblicato Giovedì, 04 Dicembre 2014 06:57
- Scritto da Elisabetta Bonora
Ok, forse l'atterraggio del coraggioso lander Philae sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko non è andato proprio come previsto quel 12 novembre ma alcuni avvenimenti fuori programma, potrebbero considerarsi addirittura una fortuna.
Ad esempio, come ha dichiarato il Project Scientist di Rosetta Matt Taylor, a Forbes, gli arpioni bloccati potrebbero aver salvato il lander da un sicuro rimbalzo nello spazio profondo, vista la consistenza del suolo di 67P più duro di quanto ci si aspettasse. Inoltre, se gli arpioni non fossero riusciti a penetrare in profondità ma l'ADS (Active Descent System), ossia il jet che avrebbe dovuto spingere il lander verso la superficie, avesse funzionato, in combinazione con un sottosuolo impenetrabile, sarebbe aumentato il rimbalzo, forse, irrecuperabilmente.
Invece, anche se Philae è finito in un agolo un po' troppo buio, i tre rimbalzi sono stati una grande occasione per tutti gli strumenti che hanno costantemente lavorato a partire dalla fase di discesa: in un certo senso, hanno consentito varie misurazioni in diversi punti, anziché in uno solo.
Uno di questi è Ptolemy (Tolomeo), uno strumento grande come una scatole per le scarpe che usa gascromatografia e spettrometria di massa (GC-MS) per misurare la composizione dei materiali della cometa, con particolare attenzione alle molecole organiche ed ai componenti minerali.
Prende il nome da uno dei faraoni d'Egitto (Tolomeo V) e dalla sua iscrizione sulla Stele di Rosetta, dalla quale, a sua volta, la missione prende il nome.
Ptolemy era già stato attivato a distanze di 15.000, 13.000, 30, 20, e 10 km da 67P, quando Philae era ancora sulle spalle di Rosetta.
Ma dal 12 al 14 novembre, ha avuto la possibilità di operare direttamente dalla superficie.
Ha sniffato per la prima volta la composizione subito dopo il primo touchdown, quasi nello stesso istante in cui la fotocamera OSIRIS ha immortalato nuovamente Philae sorvolare la cometa (riquadro di destra nell'immagine qui a fianco, 15:43 GMT); mentre il 13 e il 14 novembre ha fiutato nuovamente per sei volte dal luogo di atterraggio finale.
Infine, sempre il 14 novembre, il team ha velocemente riconfigurato le procedure di analisi per tentare alcune misure isotopiche.
Ptolemy ha utilizzato un forno speciale, chiamato "CASE", per determinare la composizione dei composti volatili (e forse, di tutte le particelle) che si erano accumulate al suo interno, riuscendo a completare la procedura appena 45 minuti prima che Philae entrasse in letargo.
Table courtesy of the Ptolemy team.
A causa del consumo di energia relativamente elevato dello strumento, è stata una vera corsa contro il tempo.
La batteria ha dovuto tener duro, sia per eseguire le misure che per trasmettere i dati a Rosetta, in modo che arrivassero sulla Terra. Ma Ptolemy ce l'ha fatta e il team ora ha molte informazioni complesse su cui lavorare.
Per le analisi ci vorrà del tempo e l'ultimo esperimento condotto, e non programmato, richiederà di tornare in laboratorio con nuove simulazioni per una corretta interpretazione dei dati ottenuti.
Per il team sarà sicuramente interessante concentrarsi sulle misurazioni acquisite subito dopo il primo touchdown, comparandole con quelle di COSAC di circa 14 minuti più tardi.
"Il team è impaziente di fare queste analisi nei prossimi mesi e di condividere i risultati con voi", conclude l'articolo sul blog di missione, per cui, come sempre... stay tuned!