Alla ricerca di Nemo di Andrew Stanton e Lee Unkrich

Creato il 07 luglio 2014 da Spaceoddity
C'è un intero universo sotto l'oceano, fatto di piccole e grandi cose, di esseri che si amano e si odiano, di creature buffe e creature bellissime. È un mondo solidale e infido, dove tutto va avanti come può, con le sue difficoltà. Immerso in questo scenario c'è Nemo, un coloratissimo pesce pagliaccio con una pinna atrofica, il solo nato della sua covata e già orfano di madre, con un padre - Marlin - molto apprensivo e il mare da scoprire. A un certo punto, però, il piccolo vuole sfidare l'idea che ci si è fatta di lui e nuota lontano dagli altri pesci: così, il piccolo viene catturato dagli umani e portato lontano su un motoscafo, lasciando il padre nella disperazione.


Alla ricerca di Nemo (2003, tit. or. Finding Nemo) di Andrew Stanton e Lee Unkrich è, dunque, una sorta di road movie sottomarino, un inseguimento attraverso i fondali più affascinanti e quelli più tenebrosi. Il sistema dei personaggi è organizzato in forma allegorica e molto ironica come un qualsiasi universo umano, con tutte le sue idiosincrasie e le sue stranezze: da Dory, il pesce blu femmina, affetta da deficit di memoria a breve termine, fino agli squali impegnati in un rigoroso e grottesco esercizio di volontà per diventare vegetariani (all'insegna del mantra I pesci sono amici, non cibo). C'è posto per tutto, sott'acqua, e i pericoli non mancano, come non mancano le possibilità di imparare e rimanere incantati, nonostante le devastanti tracce della presenza umana perfino in quell'universo silenzioso.
Soprattutto, trattandosi di un film d'animazione della Disney Pixar destinato ai più piccoli, quest'oceano trabocca di tenerezza, d'affetto e di coraggio (oltre che di professionalità, se si ricordano almeno le voci originali di Willem Dafoe e Geoffrey Rush). C'è poco da domandarsi quanto siano compatibili valori così buonisti con il cinismo attuale, la linea produttiva è quella e i messaggi che passano sono almeno chiari e positivi, cosa che io apprezzo molto. D'altronde, non sono del tutto convinto che una simile impostazione sia davvero un bene per i più giovani: sembra che l'universo Disney operi per riduzione del creato all'universo affettivo dei piccoli, ottenendo il risultato di non farli crescere mai, pur stimolando emozioni e talvolta anche sentimenti tutt'altro che spregevoli.
Un dubbio più sostanziale, sulla scarsa originalità narrativa dell'immagine cinematografica, risiede nell'insistenza sul "repertorio" dei fondali, dove i colori e le singole scene alludono a un patrimonio che il cineamatore adulto ha già visto e rivisto. Non posso negare, comunque, che ci sono passi toccanti, come quando la smemorata Dory dice a un riottoso Marlin di non lasciarla sola, perché con lui ha imparato a ricordare (Non voglio dimenticare!), così come ci sono ventate di euforia, come la corsa delle tartarughe lungo le volute della corrente. Con Alla ricerca di Nemo, la Pixar ha confezionato un prodotto che, nel bene e nel male, e nonostante un'animazione ormai datata, ancor oggi mantiene intatto il suo fascino e il suo valore.

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