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Alla scoperta del Sinis e alla conquista dell’isola di Malu Entu

Creato il 22 agosto 2013 da Yellowflate @yellowflate

Alla scoperta del Sinis e alla conquista dell'isola di Malu EntuDalla “corsa degli scalzi” all’isola di Malu Entu. Fine agosto alla scoperta delle tradizioni e della natura del Sinis, nella meravigliosa Sardegna.

Il Sinis, con le sue ricchezze culturali e naturali, sarà la prossima meta dell’escursione, organizzata da Cral Mereu, ANCOS Confartigianato e Centroovest, che si terrà il 31 agosto.

Durante l’arco di una intera giornata, i partecipanti potranno prima assistere alla famosa e antichissima Corsa degli Scalzi di Cabras poi, successivamente, scoprire le bellezze dell’isoletta di Malu Entu nel golfo di Oristano.

Il programma prevede la partenza l’ultimo giorno di agosto, alle 6.30 da Cagliari, per essere alle 8.00 al villaggio di San Salvatore di Sinis in tempo per ammirare la Corsa degli Scalzi.

Alle 9.00, trasferimento nella spiaggia di Putzu Idu per imbarcarsi sui gommoni verso l’isola di Malu Entu). Qui, i partecipanti sosteranno fino alle 17.00, orario in cui si ripartirà per Cagliari.

Ai partecipanti è consigliato, visto che la giornata sarà trascorsa prevalentemente in spiaggia, di munirsi di ombrellone, costume, asciugamano, creme di protezione solare.

Le iscrizioni scadono improrogabilmente venerdì 30 agosto alle ore 13.00.

Per informazioni e prenotazioni contattare Raffaela Carrus presso Mereu Autoservizi al telefono 070494345 o alla mail [email protected] oppure recarsi in Piazza Giovanni XXIII, 38 09128 Cagliari

 San Salvatore di Sinis è certamente uno fra i più importanti centri di Religiosità temporanea in Sardegna.

Il paese sorge alle pendici delle colline del Sinis, al termine della Pianura del Campidano di Oristano, nella zona centro occidentale della Sardegna, non lontano dalla Penisola del Sinis, dove i resti della città di Tharros, ricordano tempi lontani e la presenza di antiche civiltà.
L’origine  del centro si perde un po’ nella notte dei tempi. La chiesa rurale, costruita intorno al diciassettesimo secolo, e dedicata al Santo Salvatore, è posta sopra un tempio pagano sotterraneo, ipogeo, dedicato in età nuragica al culto delle acque quale principio di vita.
E’ attorno a questa chiesa che sono sorte nel tempo le casette degli agricoltori, abitate solamente nella settimana che precede la prima domenica di settembre, in occasione del novenario che si svolge in onore del Santo.

Storia e leggenda raccontano infatti, che in occasione di una delle frequenti invasioni saracene, gli agricoltori che vivevano a San Salvatore, affidassero alle loro donne la statua del Santo presente nella chiesetta, perché la portassero a Cabras, per sottrarla ad eventuali atti  vandalici da parte degli invasori.
La tradizione vuole che la statua del Salvatore rimanga perciò a Cabras fino al sabato mattina precedente la prima domenica di settembre, quando, di corsa, centinaia di giovani, vestiti con una clamide bianca e scalzi, la portano al villaggio per la celebrazione della festa.
E’ questa, per i giovani di Cabras, la corsa per i faticosi chilometri lungo l’asfalto e la terra battuta, l’atteso momento che dà energia e valore ed un significato spirituale ad un voto fatto al Santo e che si scioglie con la faticosa corsa.

Il pomeriggio della domenica, infatti dopo i festeggiamenti, gli stessi giovani, sempre scalzi e di corsa, riportano la statua del Santo in paese, dove fra tanta gente la festa si conclude.
Il trasporto della statua del Santo Salvatore avviene sempre di corsa, quasi a voler far rivivere i momenti del pericolo durante l’invasione; è come voler ancora fuggire per sottrarre la statua ad eventuali atti vandalici.
Anticamente, con il rientro del Santo a Cabras, tutti i novenanti, la domenica sera chiudevano le case e, raccolte le masserizie, rientravano con le carrette al seguito della statua, mentre un senso di malinconica tristezza invadeva il villaggio che ritornava così, per un altro anno, all’antico silenzio.

L’Isola di Mal di Ventre è l’unico residuo di un esteso affioramento granitico che in tempi remotissimi bordava tutta la costa occidentale della Sardegna. La sua superficie è di circa 80 h e dista circa 5 miglia nautiche dalla costa; la sua altezza massima sul livello del mare è di circa 18 m. Il disfacimento delle sue rocce alimenta le sabbie delle spiagge quarzose del Sinis.

Il paesaggio è quello tipico delle rocce intrusive granitiche le quali assumono caratteristiche forme dovute all’azione erosiva delle spesso eccezionali forze della natura che le “lavorano” e le modellano, talvolta, in forme che la fantasia popolare attribuisce a persone, cose o animali. Sotto il mare, in un fondale quasi completamente roccioso, blocchi e massi arrotondati, singoli o in ammassi, contornano l’isola e nelle piccole cale sabbiose della costa delimitano piccole spiagge sottomarine di sabbie quarzose; uno scenario ideale per gli amanti della fotografia subacquea.

Nei secoli passati fu meta dei popoli dei Nuraghi che si spingevano sino all’isola per l’abbondanza dei pesci. Il passaggio dei popoli antichi, lo testimoniano i ruderi e i resti di muraglie argini e pozzi che venivano utilizzati per la raccolta delle acque. Nel medioevo l’isola fu meta dei pirati saraceni. Qualche decennio addietro veniva utilizzata dai pastori come pascolo per le greggi. Aggredita dal vento di Maestrale, la vegetazione è costituita prevalentemente da lentisco, tamerici, tife e bassa vegetazione erbosa.

Mal di Ventre dal punto di vista naturalistico rappresenta un importante ricovero sia per gli uccelli migratori terrestri come la tortora, sia per la nidificazione degli uccelli marini come il cormorano dal ciuffo, il gabbiano corso e quello reale. Numerosi sono anche i conigli selvatici. Qui possiamo osservare anche numerose testuggini che vanno a spasso indisturbate.

 


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