Alla scoperta delle nuove panchine di A: il Napoli di Rafa Benitez
La smania di tecnologia che ha rapito il presidente De Laurentiis negli ultimi tempi ha tenuto tantissimi tifosi incollati al computer, al tablet e allo smartphone per settimane intere. “Annuncerò il nome del nuovo allenatore via Twitter”, aveva detto il patron azzurro all’indomani della separazione da Mazzarri. De Laurentiis, che è uomo di spettacolo, ma soprattutto conosce la passione che hanno i tifosi nei confronti della squadra, ha creato intorno al misterioso nuovo tecnico un vero e proprio evento mediatico.
Sullo sfondo, nei cari e vecchi rapporti umani, il presidente si è mosso in uno scenario a metà tra Napoli e Londra. Un Vesuvio affacciato sul Tamigi, Buckingham Palace che si staglia lungo piazza del Plebiscito, una pizza con la bufala mangiata a due passi da Harrod’s, dreams and reality per dirla a modo loro, suonno e vverità ribattono da questa parte.
“Il nuovo allenatore ha il cognome che inizia per M”, avrebbe confidato a qualcuno il presidente. “No, ma che state a ddì, mo’ ve denuncio!” minacciò a chi gli chiese conferme. “Sto per vendere Cavani al City, ma in cambio voglio Dzeko”, il depistaggio più efficace che ha distolto l’attenzione dei giornalisti di mercato dalla trattativa più importante. Ed eccolo il tweet, corredato da tanto di foto con stretta di mano tra i due: “Benitez è il nuovo allenatore del Napoli” ne è la didascalia. E il cognome, uno dei due a ben vedere, inizia proprio per M: Rafael Benitez Maudes recita la carta d’identità del nuovo tecnico azzurro.
La scelta del nuovo allenatore, tuttavia, non è stata facile. Una volta incassato l’addio di Mazzarri, De Laurentiis s’è guardato intorno. Meglio un allenatore italiano o straniero? Meglio giovane e ambizioso o maturo e affermato? E con il budget, come la mettiamo? I parametri, il fair play finanziario, il tetto ingaggi e la gestione dei diritti d’immagine, come faccio a spiegarglielo che a Napoli abbiamo intenzione di operare in un certo modo? Evidentemente a Rafa saranno bastate poche parole per lasciarsi convincere, visto che per firmare i contratti sono state sufficienti due sole riunioni, una in Inghilterra con lui presente, l’altra a Roma, negli studi della Filmauro, alla sola presenza del procuratore Quillon.
Scegliere Benitez per il Napoli significa attuare una vera e propria rivoluzione. Nel gioco, innanzitutto, perché Rafa fa giocare le sue squadre in modo decisamente diverso rispetto a Mazzarri: difesa e tre o a quattro, mezz’ali d’inserimento o trequartisti a ridosso del centravanti, la differenza sostanziale tra i due sta nel modo di giocare a calcio. Se con il tecnico toscano i tifosi erano ormai abituati al contropiede, ai tagli sulle fasce, alle sovrapposizioni e al movimento senza palla di Cavani, con lo spagnolo ci si abituerà presto ad osservare maggiore circolazione del pallone, scambi alla trequarti ai limiti del tiqui taqua e continue verticalizzazioni. Benitez, a differenza di Mazzarri, non premia il centravanti costruendogli addosso l’intero impianto offensivo. Prova ne sia che difficilmente le punte da lui allenate abbiano superato i venti gol in stagione. Più di tutto, la squadra si limita a difendere la propria porta tenendo il pallone lontano da essa per il maggior tempo possibile, mentre in avanti, banalmente, segna chi sa farlo, indistintamente.
Rivoluzione significa anche cambiare il modo di ragionare sul mercato. Arrivando da anni intensi vissuti in Inghilterra, Benitez è calato ormai in quel ruolo di allenatore-manager, che sceglie chi comprare conoscendo il budget a disposizione della società. Non è aziendalista, altrimenti l’anno scorso avrebbe provato l’ebbrezza di salvarsi con la Sampdoria. Piuttosto, lui è uno che vuol vincere e che sul mercato va a prendere giocatori in grado di farlo. A differenza di Mazzarri, che ha per ogni giocatore un doppione da usare solo in caso di estrema necessità, Rafa è uno di quelli che fa del turnover la sua arma vincente. Ecco perché è stato chiaro, fin dalle prime battute, che verrà allestita una squadra titolare di altissima qualità guidata da uomini di esperienza internazionale, con giovani in rampa di lancio pronti a subentrare.
Avesse allenato il Napoli nel campionato appena trascorso, il 4-2-3-1 a marchio Benitez avrebbe visto, davanti a De Sanctis, una linea di difesa composta con tutta probabilità da Maggio e Zuniga terzini, con Cannavaro e Britos centrali. A centrocampo avrebbero trovato posto Inler in impostazione e uno tra Dzemaili e Behrami in copertura. Dietro Cavani, indiscutibile centravanti, ci sarebbe stato un trittico di trequartisti dalle caratteristiche diverse composto da Hamsik, Pandev e Insigne.
Paolo Esposito