Poco fa alla stazione mi sentivo particolarmente malinconico. Immagini di un passato recente che affioravano come cocci levigati nella memoria. Immagini, non ricordi, e la vaga sensazione di aver lasciato qualcosa in sospeso che, come una melodia, si prolungava nel mio petto. Ero sulla via del ritorno e la mezzanotte incombeva sull’ultimo autobus che mi avrebbe portato a casa. Nel timore di non farcela, avevo affrettato il passo, tanto che finalmente salito sulla vettura mi ero come accasciato sul sedile. Il caldo umido della città mi opprimeva e m’inchiodava ancor più penosamente a quella malinconia. Mancavano pochi minuti alla partenza; due autisti a terra parlavano di ferie: faceva davvero molto caldo e la gente non vedeva l’ora di fuggire da quell’afa opprimente. Alle mie spalle una coppietta discuteva animatamente ma sottovoce: erano i miei unici compagni di viaggio. Nella stazione semibuia cominciava a raccogliersi un’aria fetida, che rendeva l’attesa snervante. Quei pochi minuti, nel caldo afoso, sembravano aver rallentato il ritmo del tempo, e scorrevano lentamente: non che avessi fretta di arrivare a casa, ma soltanto desiderio di fuggire dal quel luogo. Guardavo l’orologio: mancava ancora un minuto alla mezzanotte. Gli autisti avevano smesso di parlare e si stavano dirigendo verso le vetture. L’autista aveva avviato il motore e chiuso le portiere.
La stazione, prima addormentata nel suo silenzio, al rombo dei motori pronti per l’ultima partenza, s’era all’improvviso destata: un fumo nero e ronfante esalava dalle ciminiere e copriva i fiochi bagliori delle luci. Una cappa di fuliggine l’aveva avvolta. L’autista pigiava sull’acceleratore per liberare il motore dalle incrostazioni della giornata. D’improvviso s’era avviato e, precedendo le altre vetture, aveva cominciato, adagio, a lasciar la stazione: procedevano in fila e formavano una lunga carovana. La stazione si vedeva sfilare nella notte ad una ad una quelle vetture arancioni, fino a quando, deserta, ripiombava nel silenzio. Sul punto più alto della strada mi colpisce quel senso di abbandono e di desolazione. Sulla sopraelevata vedevo quella fila ansare e poi svanire nel vuoto. Guardai in alto: la luce dei lampioni copriva quella delle stelle.
Eppure io questa notte mi sento vicino a loro.