Alla sua donna di Giacomo Leopardi

Creato il 21 aprile 2015 da Ivanalessia
Cara beltà che amoreLunge m'inspiri o nascondendo il viso,Fuor se nel sonno il coreOmbra diva mi scuoti,O ne' campi ove splendaPiù vago il giorno e di natura il riso;Forse tu l'innocenteSecol beasti che dall'oro ha nome,Or leve intra la genteAnima voli? o te la sorte avaraCh'a noi t'asconde, agli avvenir prepara?
Viva mirarti omaiNulla speme m'avanza;S'allor non fosse, allor che ignudo e soloPer novo calle a peregrina stanzaVerrà lo spirto mio. Già sul novelloAprir di mia giornata incerta e bruna,Te viatrice in questo arido suoloIo mi pensai. Ma non è cosa in terraChe ti somigli; e s'anco pari alcunaTi fosse al volto, agli atti, alla favella,Saria, così conforme, assai men bella.
Fra cotanto doloreQuanto all'umana età propose il fato,Se vera e quale il mio pensier ti pinge,Alcun t'amasse in terra, a lui pur foraQuesto viver beato:E ben chiaro vegg'io siccome ancoraSeguir loda e virtù qual ne' prim'anniL'amor tuo mi farebbe. Or non aggiunseIl ciel nullo conforto ai nostri affanni;E teco la mortal vita sariaSimile a quella che nel cielo india.
Per le valli, ove suonaDel faticoso agricoltore il canto,Ed io seggo e mi lagnoDel giovanile error che m'abbandona;E per li poggi, ov'io rimembro e piagnoI perduti desiri, e la perdutaSpeme de' giorni miei; di te pensando,A palpitar mi sveglio. E potess'io,Nel secol tetro e in questo aer nefando,L'alta specie serbar; che dell'imago,Poi che del ver m'è tolto, assai m'appago.
Se dell'eterne ideeL'una sei tu, cui di sensibil formaSdegni l'eterno senno esser vestita,E fra caduche spoglieProvar gli affanni di funerea vita;O s'altra terra ne' superni giriFra' mondi innumerabili t'accoglie,E più vaga del Sol prossima stellaT'irraggia, e più benigno etere spiri;Di qua dove son gli anni infausti e brevi,Questo d'ignoto amante inno ricevi. 
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