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Allacciate le Cinture: il nuovo film di Ozpetek al cinema

Creato il 06 marzo 2014 da Masedomani @ma_se_domani

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Esiste l’amore puro e intenso che ti rapisce l’anima? E può essere eterno? Può un simile incantevole sentimento tramutarsi nel collante che tiene unita una intera famiglia durante le prove più dure della vita? Sarà vero il detto che gli opposti si attraggono e quando s’incontrano, formano un equilibrio solido e indistruttibile? Queste le domande a cui pare ispirarsi la favola narrata da Ferzan Ozpetek in “Allacciate le Cinture” in arrivo oggi nei cinema. Un melodramma, una storia di attrazione che a suo tempo ha unito due persone, in barba a raziocinio e ai luoghi comuni, che ancora oggi non si spezza.

Il regista ci porta a Lecce, calda città del Sud, dove lavorano Elena (Kasia Smutniak) e Fabio (Filippo Scicchitano), due amici per la pelle che hanno un sogno: aprire un locale tutto loro che diventi luogo di riferimento e d’incontro per i giovani. Prima di farcela però Elena proverà una irrazionale e travolgente attrazione fatale verso un uomo tanto ottuso quanto affascinante: Antonio, il compagno dell’amica Silvia (Carolina Crescentini). Una serie di fatalità, infatti, avvicinerà i due giovani sino a unirli.

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Francesco Arca e Kasia Smutniak – foto di Romolo Eucalitto

L’idea del regista deve essere stata di regalarci un melò come non capitava da lungo tempo; una di quelle opere che ci fanno vibrare e s’insinuano sotto pelle; un film carico di vita e sofferenza, insomma di quotidianità; una storia d’amore appassionato, appassionante, struggente, e con quel malessere interiore che quando affiora sconvolge. E portarci nelle assolate terre pugliesi avrebbe dovuto amplificare la tensione e il dramma vissuto dai protagonisti. Immergere nelle cristalline acque di una caletta paradisiaca Kasia (Smutniak) e lo statuario e tenebroso Francesco (Arca), avvinghiarli  e far loro fissare l’orizzonte, però, non è stato sufficiente a risvegliarci vecchie memorie e farci soffrire con loro.

La famiglia che seguiamo è comune, anche se con battibecchi spumeggianti superiori alla media, ma è ben lontana dal ricordarci “Le Mine Vaganti”. Ozpetek ama, infatti, portarci dentro le mura domestiche e con grazia mostrarci i drammi più intimi (e normali), ma a questo giro non pare essere accompagnato da una buona stella. Il film ci ha frastornato: tocca temi importanti e dolorosi con leggerezza, inducendoci a credere che il fulcro sia altro, ossia quel sentimento irrazionale e fisico che legale tempo i nostri moderni eroi.

Carla Signoris, Kasia Smutniak e Elena Sofia Ricci - foto di Romolo Eucalitto

Carla Signoris, Kasia Smutniak e Elena Sofia Ricci – foto di Romolo Eucalitto

Il messaggio però non passa: alla proiezione la platea era disorientata, non comprendeva cosa avesse appena visto. Molti erano provati dalla lunghezza di quel racconto trascinato, con dialoghi non sempre originali e briosi, e con due protagonisti non particolarmente comunicativi e/o espressivi. Alcuni, senza remore, hanno chiesto ad alta voce numi su come interpretare il finale, su cosa fosse accaduto e perché, segno inequivocabile che qualcosa nella comunicazione non sia andato per il verso giusto.

“Allacciate le Cinture” non difetta per la coralità ma probabilmente per la scelta degli interpreti e per il copione ondivago. Dopo una serie di opere riuscite, anzi adorabili, questa ci sembra debole e non all’altezza delle abilità dell’uomo dietro la macchina da presa, confidiamo quindi sia solo un incidente di percorso.

Vissia Menza


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