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Allarme Coldiretti per il calo del nostro export in Libia e Russia

Creato il 15 marzo 2015 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Allarme Coldiretti per il calo del nostro export in Libia e Russia

Le tensioni che ormai da tempo si perpetuano ai confini dell’Europa gravano come un macigno sulle spalle delle imprese italiane, già alle prese con la crisi interna e la recessione economica che sta interessando il Paese. A tal proposito si pensi a quanto sta accadendo in Libia e in Russia i cui mercati hanno da sempre rappresentato grossi mercati di riferimento per l’Italia e le cui crisi stanno infliggendo bruschi contraccolpi alla nostra economia.

L’interscambio con tali Stati ha, infatti, registrato sempre valori crescenti nonostante le crisi economico-finanziarie degli ultimi periodi. Secondo alcuni dati forniti dal Ministero per lo Sviluppo Economico, nel 2013 l’interscambio con i libici ha toccato complessivamente la quota di 10,942 miliardi di euro, riconfermando il primato italiano di Paese cliente e, al tempo stesso, fornitore della Libia. Tuttavia, tale dato risulta essere pressoché dimezzato rispetto ai livelli toccati nel 2008, nel periodo di massimo splendore dei rapporti tra governo italiano e governo libico, quando la quota di interscambio era di oltre 20,054 miliardi. Così, dopo aver toccato un picco negativo di 4,583 miliardi nel 2011 (l’anno della rivolta contro Gheddafi) registrando un crollo del 69% degli scambi, si è avuto un naturale aumento negli anni seguenti fino toccare i quasi 11 miliardi del 2013 e ciò anche grazie al lavoro compiuto dal personale diplomatico e di sicurezza italiano presente nel Paese che ha saputo recuperare gran parte delle attività che altri competitori europei (Francia e Inghilterra) cercavano di sottrarre all’Italia approfittando della situazione di caos. Tuttavia, i dati più recenti relativi al primo semestre 2014 mostrano una nuova flessione del 49,2% rispetto al 2013, pari a 4,786 miliardi1.

I principali prodotti che l’Italia vende a Tripoli sono quelli derivanti dalla raffinazione del petrolio (56% dell’export totale), ovvero benzina e catrame per il manto stradale, e le macchine per l’agro-industria e generi alimentari, anche se queste ultime due voci hanno una percentuale di vendita nettamente inferiore rispetto ai derivati dalla raffinazione del petrolio. Di contro, l’Italia acquista il 47% del gas naturale e il 42% del petrolio libico.

Anche con la Federazione Russa l’interscambio è aumentato, dal 2008 al 2012, del 45,9% e tale tendenza è proseguita anche nei primi mesi del 2013 con un incremento del 10%2. Se non può negarsi che l’Italia ha verso la Russia un’ampia dipendenza dalle risorse naturali (petrolio e gas), al contempo è altrettanto vero che il prodotto italiano risulta essere molto attraente per ampie fasce della popolazione russa. Ne costituiscono un esempio i prodotti del comparto della moda, della meccanica, dei semilavorati industriali e dell’agroalimentare.
Uno dei comparti più importanti dell’export italiano è proprio quello agroalimentare circa il quale risultano allarmanti i dati forniti dalle associazioni di categoria che denunciano la perdita di grosse fette di mercato sia in Libia, per via della guerra, che in Russia per via delle sanzioni economiche e per l’embargo russo scattato il 7 agosto scorso verso le importazione dall’Unione Europea e da una serie di altri paesi (USA, Canada, Australia, Norvegia).

Con riferimento al mercato libico, nonostante i prodotti del comparto agroalimentare abbiano un peso minore, la situazione attuale di caos in cui versa il Paese ha provocato un taglio del 25% all’export di generi alimentari italiani, una cifra pari a 160 milioni di euro, che rappresenta comunque una componente importante dell’export complessivo.

Da una analisi effettuata della Coldiretti su elaborazioni di dati Istat emerge che ad essere colpita è stata soprattutto la pasta e le conserve di pomodoro che rappresentano un simbolo del Made in Italy a tavola; ma anche l’ortofrutta e, in particolare, le mele (il prodotto alimentare italiano più richiesto), la cui importazione libica nel 2014 ha registrato una valore di circa 50 milioni di euro, già in calo del 22% rispetto all’anno precedente3. Allarmanti le parole della Coldiretti secondo cui nel 2015 la situazione sarebbe precipitata “come conferma anche la cooperativa Fruit Modena Group che ha interrotto le esportazioni di pere in Libia da alcune settimane per i rischi nei pagamenti e l’incertezza che regna sul quel mercato che in passato è stato molto promettente. Preoccupazioni per il futuro riguardano anche le esportazioni di conserve di pomodoro, pari ad oltre 40 milioni di euro e rimaste pressoché stabili nel 2014 (-0,2 per cento). Il Consorzio Casalasco del Pomodoro di Cremona ha spedito nel maggio 2014 l’ultimo carico di Pomì e Gusto d’Oro in Libia, poi l’instabilità del paese ha impedito ulteriori rapporti di scambio commerciale che erano stati avviati nel 2013. Tiene l’export di caffè che è rimasto stabile attorno ai 3 milioni di euro mentre un drammatico calo si è registrato per le spedizioni di pasta Made in Italy che sono crollate dell’84 per cento ed ammontano ad appena 2 milioni di euro nel 20144.

Altro brusco calo delle nostre esportazioni di prodotti agroalimentari si è registrato anche sul fronte russo. Da alcune stime effettuate sempre dalla Coldiretti emerge, infatti, che da agosto a novembre 2014 l’export di prodotti agroalimentari italiani sia passato dagli oltre 19,3 milioni di euro di esportazioni nello stesso periodo del 2013 a 2 milioni di euro, ovviamente per i prodotti interessati dall’embargo (alcuni codici doganali sono interessati solo parzialmente dall’embargo). In particolare, le perdite maggiori ad ottobre sarebbero risultate per i prodotti della zootecnia da carne (oltre 4,6 milioni di euro), per formaggi e latticini (oltre 5 milioni di euro) e per l’ortofrutta (oltre 6 milioni di euro). In soli 4 mesi, quindi, le esportazioni italiane sono calate di oltre 50,7 milioni di euro, di cui oltre 19 milioni di euro di prodotti ortofrutticoli.

Dai dati sopra riportati risulta evidente come la crisi libica e quella russo-ucraina stiano cagionando notevoli danni alle imprese italiane e come le misure adottate dall’Unione siano assolutamente inadeguate. Dal momento che tanto con Tripoli quanto con Mosca l’Italia ha dei forti legami economici, energetici e geopolitici da mantenere e da tutelare, sarebbe opportuno che assumesse delle posizioni forti su entrambi i fronti e provvedesse a mantenere il suo ruolo poiché, ove rinunciasse a farlo, preferendo mettersi a rimorchio di altri soggetti internazionali, dovrà mettere in conto la perdita definitiva di grosse fette di mercato. È cosa nota che in geopolitica i vuoti lasciati vengono immediatamente rioccupati.


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