Leggere dopo Cecilia, or Memoirs of an heiress (Memorie di un'ereditiera), Evelina significa trovarsi improvvisamente sul lato non illuminato della luna.
La luce calda e l'aria frizzante del primo romanzo di Fanny Burney si spengono e la prosa scoppiettante, i personaggi originali, le tracce di ironia spariscono. Del tutto. Un altro pianeta.
Devo chiedere perdono all'autrice, Fanny Burney, donna notevole ed arguta, che in Evelina ha senza dubbio dimostrato il suo grande valore e di suoi tanti talenti, raccogliendone ottimi frutti.
Ma in questo caso, con mio grande dispiacere, devo dire che mi sono ritrovata tra le mani un romanzo troppo lungo, con sorprendenti tirate melodrammatiche degne di un libretto d'opera settecentesco (e una sovrabbondanza quasi snervante di punti esclamativi), e persino con inaspettate tirate moraliste a cui difetta del tutto l'ironia per poterle considerare uno sberleffo.
Perché mai mi sono imbarcata nell'impresa di leggere un tomo simile?...
Non solo perché è uno dei romanzi di una tra gli autori più amati da Jane Austen, persino citato in Northanger Abbey, ma anche perché pare (non è cosa certa) che il nuovo titolo per First Impressions, cioè Pride and Prejudice, sia stato ispirato proprio dalle ultime pagine di Cecilia.
Non potevo esimermi dall'affrontare questa impresa, per quanto evidentemente faticosa, nell'anno del Bicentenario!
(link al tè delle cinque dedicato a Evelina in fondo al post)
Cecilia, or Memoirs of an heiress (Memorie di un'ereditiera), viene pubblicato nel 1782, nuovamente anonimo ( By the author of Evelina) e replica il successo duraturo del precedente romanzo.
Non sono solita raccontare la trama di un libro perché preferisco sempre lasciare il piacere di scoprirla durante la lettura. Tuttavia, qui la storia è molto semplice e facilmente intuibile fin dalle prime battute, nonché opportunamente riportata sulla scheda del libro nelle varie risorse in rete.
L'eroina, orfana bellissima e innocentissima ma anche intelligente e altruista, è ereditiera di una fortuna grazie allo zio tutore, ma deve aspettare di diventare maggiorenne per poterne entrare in possesso. Nei mesi precedenti questo fatidico compleanno, la vediamo assediata da una serie di pretendenti di ogni risma, coinvolta in equivoci fastidiosi, ma anche innamorata di un giovane la cui famiglia, di altissimo lignaggio, si oppone strenuamente alla loro unione. L'inghippo, infatti, sta nel fatto che lo zio, nel testamento, ha imposto a Cecilia, ultima rappresentante della propria famiglia, di conservare il proprio nome in caso di matrimonio, pena la perdita di qualunque diritto sull'eredità.
Inutile dirvi che, dopo le molte peripezie di prassi, i due vivranno felici e contenti (forse...) ma senza l'eredità di Cecilia che, per amore del suo nobilissimo innamorato, rinuncerà ad imporre il proprio nome al futuro marito, perdendo l'eredità.
Non abbiamo prove certe del fatto che Jane Austen abbia trovato in queste pagine l'ispirazione decisiva per ribattezzare il suo First Impressions con il titolo Pride and Prejudice.
Ma è certo che in questa storia troviamo una quantità abbondante di orgoglio e di pregiudizio, e spesso ci si trova davanti a situazioni e dialoghi che fanno pensare, molto lontanamente, alle vicende dell'amato capolavoro di Jane Austen.
L'orgoglio è senza ombra di dubbio presente in persona, nelle fattezze dell'altezzoso Mr Delvile (senior), divorato dall'ossessione per il proprio nome, di altissimo lignaggio, e padre del tormentato innamorato di Cecilia, Mortimer Delvile, l'eroe del romanzo.
Questo "eroe" è, semmai, un perfetto anti-eroe: inetto, leggero, irresponsabile, umorale, impulsivo, capace solo di dare libero sfogo alla sua sensibility (nel senso che aveva all'epoca, e che poi Jane Austen tanto stigmatizzerà con la sua sagace ironia), un perfetto "Marianne al maschile" (ma del tutto privo della profondità d'animo e della complessità caratteriale di questa splendida creatura austeniana).
Per tutte le tante pagine del libro, egli non fa altro che assillare Cecilia con continue richieste di conferma del suo amore, della sua innocenza, del suo sostegno, demandando a lei qualunque decisione e, di conseguenza, affidando a lei la responsabilità di usare quel sense di cui lui sembra totalmente incapace.
Mi sorge il dubbio che qui risieda l'ironia che pare quasi assente da tutto il romanzo: forse Fanny Burney ha voluto farsi beffe degli uomini di tal fatta per dimostrare che la vulnerabile fanciulla alla fine dei conti è l'unica ad avere testa, cuore, coraggio, segnando ancora una volta un punto a favore dello sguardo femminile, autonomo e reale, sul mondo dominato dagli uomini.
...Anche se alla fine è proprio alla volontà di questi uomini che Cecilia deve piegarsi, rinunciando a qualcosa che le spetta di diritto, l'eredità (forse metafora del matrimonio come sacrificio delle donne?).
E' ad un altro personaggio, meno raffinato nei modi ma di evidente intelligenza e buon cuore, che Fanny Burney affida il compito di sintetizzare, nell'epilogo, i guai causati dall'orgoglio e dal pregiudizio dei Delvile e di tutti coloro che hanno solcato il palcoscenico di questo lungo e travagliato romanzo.
Si tratta del Dr Lyster, provvidenziale solutore delle conseguenze che questi guai hanno provocato e valido alleato di Cecilia - nonché unico personaggio maschile pienamente positivo di tutto il romanzo. E sì che ce ne sono tanti...
La sua frase è, appunto, quella che avrebbe ispirato a Jane Austen il nuovo titolo per First Impressions:
"The whole of this unfortunate business," said Dr Lyster, "has been the result of PRIDE and PREJUDICE. [...]"
"Tutta questa sfortunata faccenda", disse il Dott. Lyster, "è stato il risultato di ORGOGLIO e PREGIUDIZIO[...]."
che del resto appaiono così, accoppiati e scritti in maiuscolo, per ben tre volte.
Ricordo che nel 1801, infatti, la scrittrice Margaret Holford jr aveva pubblicato un romanzo proprio con quel titolo, First Impressions (il titolo completo era: First Impressions or the Portrait) e Jane si ritrovò nella necessità di scegliere un altro titolo per il suo manoscritto - e fu Pride and Pregiudice.
In conclusione, Cecilia può essere una lettura interessante se si vuole conoscere meglio la sua autrice nonché il tipo di letture che Jane Austen amava e che hanno influenzato la sua sensibilità di narratrice.
L'interesse può essere aumentato dalla curiosità di leggere ciò che probabilmente le ha ispirato il titolo di Pride and Prejudice. Di certo, è innegabile che quella frase nell'ultimo capitolo e i temi che danno il via all'azione riportino al capolavoro di Jane Austen.
Ma è altrettanto innegabile che l'intreccio si fermi qui. E che l'allieva Jane abbia superato di molte lunghezze la maestra Fanny.