Neanderthal: è grazie al suo sistema immunitario se il sapiens colonizzò il mondo (Cortesia: Ryan Somma)
Neanderthal e Denisoviani ci hanno dato una mano.
(Roberto Insolia – Quarantadue)
E’ importante prepararsi al meglio per un viaggio, soprattutto se a piedi e lungo, molto lungo. Al giorno d’oggi penseremmo certamente alla giusta attrezzatura per affrontare qualunque imprevisto, alle mappe dettagliate per capire dove dirigersi e a una buona condizione fisica per non fermarsi alla comparsa dei primi acciacchi. Tuttavia molto diverse erano le cose circa 120 mila anni fa, quando il nostro più vicino antenato Homo sapiens ha lasciato l’Africa e, muovendosi attraverso laPenisola Araba, è poi approdato in Eurasia. Sicuramente l’africano sapiens non sarà stato equipaggiato al meglio con attrezzature e mappe, ma per quanto riguarda la salute possiamo dire che, anche se non era inizialmente nelle condizioni migliori per affrontare quel viaggio, si è organizzato strada facendo.
Proprio a questo punto ci porta la ricerca recentemente presentata dal biologoPeter Parham, della Stanford University, durante il congresso “Human evolution, migration and history revealed by genetics, immunity and infection” che si è tenuto presso la Royal Society di Londra. Perchè circa 60 mila anni fa, il nostro antenato sapiens ha avuto i primi contatti con le popolazioni indigene europee e asiatiche della specie Homo neanderthalensis e del recentemente identificato Homo di Denisova. Il fatto è che quando H. sapiens ha lasciato l’Africa non era ben equipaggiato, dal punto di vista immunitario, per fronteggiare gli agenti patogeni presenti nei territori che andava attraversando per la prima volta. Al contrario i Neanderthal e i Denisoviani, da tempo localizzati in quelle regioni, avevano un sistema immunitario certamente più adattato a quei climi e alle malattie locali. Sembra poi che i contatti dei sapiens con i Neanderthal e anche con i Denisoviani siano stati molto intimi. E non si tratta di dicerie paleontologiche di poco conto dato che tutto è stato documentato a livello del DNA. Secondo Parham questo ha avuto dei risvolti positivi in termini evoluzionistici, in quanto come una sorta di alleanza genetica ha reso più forte il genoma dei sapiens. Il che, alla fine, ha probabilmente permesso loro di colonizzare tutto il pianeta.
Parham, da buon immunologo, ha focalizzato l’attenzione sul sistema HLA, una famiglia di circa 200 geni localizzati sul cromosoma 6, essenziale nella risposta immunitaria agli agenti infettivi. Ciò che rende il sistema HLA utile per gli studi sulle interazioni fra popolazioni diverse è il suo spiccato polimorfismo genetico. Questo significa che i suoi geni, oltre a essere tanti, sono presenti in molteplici varianti, dette alleli. Tutta questa variabilità genetica consente una più precisa risposta immunitaria e una maggiore capacità di adattamento da parte dell’organismo. Il sistema HLA come una sorta di passaporto genetico altamente polimorfico, può quindi dirci se due popolazioni sono venute in contatto fra loro. L’iniziale corredo allelico HLA di H. sapiens era certamente adatto per la sopravvivenza in Africa, ma probabilmente non avrebbe difeso a sufficienza il nostro antenato durante il viaggio al di fuori di quel continente. Il provvidenziale incontro, dal punto di vista evolutivo, con i Neanderthal e i Denisoviani ha permesso invece un arricchimento in alleli, non africani, estremamente utile per andare alla conquista di tutto il pianeta.
Infine, valutando il DNA delle popolazioni attuali, è risultato come il sistema HLA si arricchisca dal punto di vista allelico con il progressivo avvicinarsi al continente asiatico, fino alla Papua Nuova Guinea. Come se, fa notare il paleontologo Chris Stringer, del Natural History Museum di Londra, ci sia stata la necessità di un sistema HLA più forte e reattivo muovendosi verso est, rispetto a quanto richiesto per la colonizzazione verso il nord dell’Europa. Come dire, immunologicamente parlando, che la sopravvivenza già allora fosse un po’ più facile in Europa rispetto che in Asia.
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