Allegri e quei meriti dimenticati

Creato il 16 luglio 2014 da Aplusk

Non sarà certamente ricordato come il migliore degli allenatori, l’Acciuga. Da una media vittorie iniziale dei primi due anni tra il 51,1 e il 56,6 % si è sprofondati drammaticamente nel 29,6% della stagione “inaccettabile” al Milan; sposo in pieno le parole di Barbara Berlusconi.
Il tecnico toscano è diventato da tempo bersaglio per mille frecce, “l’intempestività nei cambi”, l’”incapacità nella lettura della gara”, l’”aver mandato via Pirlo” e soprattutto “alla Juventus”, l’”aver perso lo scudetto con Ibra in squadra”. Tante critiche a formare una giungla di errori ritenuti imperdonabili, divenuti una fitta rete di liane da cui era impossibile uscirne vivi. Game over al Milan, un periodo di studio anche in Inghilterra e ora la nuova avventura: Massimiliano Allegri è il nuovo allenatore della Juventus. Contratto biennale a 2 milioni a stagione.

Allegri e quei meriti dimenticati: le pagine su Facebook

Ma tornando indietro e analizzando con dovizia di particolari la sua storia in rossonero, vanno sottolineati alcuni particolari degni di nota.

Da tempo era noto il (ri)sentimento trasversale verso un allenatore approdato in una realtà caratterizzata da cordoni della borsa serrati e parametri zero a pioggia. Hanno fatto in tempo a nascere pagine Facebook di colletta destinate all’esonero del tecnico o d’auspicato e sospirato allontanamento. Un tecnico che non fatico a definire odiato dai più, ascoltando l’umore delle persone che l’hanno designato vittima sacrificale per l’espiazione delle colpe (anche) di altri. Era diventato controproducente se non autolesionistico confermarlo ulteriormente sulla panchina del Milan 2013/2014 – è arrivata addirittura la quotazione in serie B - sprofondata a livelli da cabaret. In una situazione tanto difficile, c’è dell’altro. È più facile nascondere la polvere sotto il tappeto ma è meno onesto; io preferisco raccogliere e vedere il contenuto nella paletta.

Allegri e quei meriti dimenticati: nel 2010 la “rivolta”

Innanzitutto vedo il primo anno della gestione Allegri. Abbronzato e sorridente al fianco di Berlusconi, che deciderà di somministrare il Maalox degli acquisti alla Curva in piena protesta. Era il 2010 e proprio in quei giorni si chiedeva la cessione della società in mani più ricche, a poche settimane dal “linciaggio” presidenziale di Leonardo. Allegri sposò il progetto di un difficile rilancio, programmato con scarse risorse. Altrove, Mourinho, Guardiola e lo stesso Antonio Conte hanno sempre ottenuto quello che hanno chiesto: dite che avrebbero accettato, al posto di Allegri, una simile missione? Credo proprio di no. Negli ultimi anni il diktat rossonero è sceso da “puntiamo allo scudetto” ad “almeno il terzo posto”. Per la serie, non occorre vincere per forza; ma se non ci riesci…

Allegri e quei meriti dimenticati: cessioni dolorose

Ciononostante arrivò lo Scudetto degli Ibra e i Thiago e dei Boateng e Robinho, che riportarono l’entusiasmo che serviva. Missione compiuta e pronti a un nuovo ciclo? Mica tanto, perché sono stati (quasi) tutti ceduti e l’addio di Andrea Pirlo che molti attribuiscono unicamente a lui non tiene conto delle dinamiche nebulose dietro una simile vicenda. Pirlo voleva 3 anni di contratto, la società ne proponeva uno soltanto agli over 30. E già nel 2009 Berlusconi si era accorto del “peso” del centrocampista azzurro: “Io sono stato il primo a dire che deve rimanere, ma poi mi hanno fatto vedere i conti… Mi costa 54 miliardi”. Allegri avviò quel rinnovamento richiesto da tempo, perché “la squadra più vecchia d’Europa” (stima del 2007) non riusciva a rinnovarsi. E allora via Seedorf (sempre fischiato), Inzaghi (40 anni), Pirlo (vedi sopra), Ambrosini, Nesta e via dicendo.

Allegri e quei meriti dimenticati: i “sostituti”

Se i sostituti di simili campioni hanno risposto al nome di Nocerino (dopo il lungo inseguimento di Hamsik), Zapata e Mexes e se il sostituto di Ibrahimovic è stato designato Balotelli, le geometrie affidate allo svincolato Montolivo e la fase di contenimento al modesto De Jong, qualcosa non torna. La qualità si abbassa. Gli obiettivi pure. E se nell’impoverimento generale, i meriti del successo contro il Barça “più forte del mondo”  - era il febbraio 2013, non dieci anni fa – diventano del presidente che ti detta la formazione, allora la strada in salita non vale nemmeno la fatica di essere percorsa. Tutti sanno che i progetti che funzionano meglio sono quelli sviluppati nel medio-lungo periodo. Guardate Klopp col Dortmund o Wenger con l’Arsenal. Nel Milan, si sono alternati nomi e figurine difficili da collocare in un progetto giovane annunciato; poi smentito dai Muntari, dai ritorni di Kakà e dalla conferma di Abbiati. Allegri ha tirato a campare nell’ultimo periodo al Milan, accettando con troppa facilità un andazzo non incoraggiante per un giovane allenatore che voglia tutelare la propria carriera e la propria credibilità.

Cosa che non ha accettato di fare Antonio Conte, con le dovute proporzioni.


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