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ALLEN GINSBERG #beatgeneration #controcultura #poesia

Creato il 18 settembre 2013 da Albertomax @albertomassazza

allen ginsbergSe essere poeti significa interpretare e testimoniare lo spirito del tempo, Allen Ginsberg lo è stato come pochi altri, nel panorama mondiale del secondo novecento letterario. Interpretazione e testimonianza, sia ben chiaro, da un’ottica di parte, di una partigianeria dell’antimilitarismo, dell’anticolonialismo, dei diritti civili, della lotta alle diseguaglianze e alla tirannia del mercato. Ginsberg ha strappato la maschera dell’ottimismo del Sogno americano che perseguita i folli visionari, i tossicomani, gli omosessuali e santifica il Moloch, l’anticristo, i mascelluti e cannibalici pazzoidi della provvidenza. Dalla San Francisco Renaissance al Movimento di Seattle, passando per il Power Flower e il No-nukes, Ginsberg ha dato continuità e sostanza alla Controcultura americana. Poeta d’avanguardia, ma con i piedi ben piantati nella tradizione angloamericana: la visionarietà di  William Blake, l’organicità di Walt Whitman, il sincretismo di Ezra Pound, la frammentazione di W.C. Williams e il flusso vitale di Dylan Thomas. Profetismo mistico (Blake) e civico (Whitman) si ergono come serpenti incantati dalla fluidità musicale (Dylan Thomas, ma senza metafisica!) di un fachiro free jazz; nella danza caotica e archetipale, accompagnata dal ritmo del respiro (Williams), si distingue un gusto cronachista e cataloghista di matrice poundiana.

Santo e Satiro, perennemente alla ricerca di un’armonia spirituale e cosmica capace di comprendere luce e oscurità, spirito e carne. L’ha cercata nei paradisi artificiali, nel nomadismo perpetuo, nella sregolatezza dei sensi rimbaudiana, nell’allucinata ritualità magica precolombiana, sulle tracce di Artaud. L’ha cercata nella liturgia mantrica e nella disciplina tantrica, in un sincretismo religioso universale, in cui in un tabernacolo giudaico-cristiano trovavano posto l’itifallico Chango, il Re di Maggio, un giardino zen fitto di Lingam, la serafica pinguedine di Buddha. L’ha cercata nell’oralità poetica condivisa, fin dal giorno della rivelazione alla Galleria six di San Francisco nell’ottobre del 1955, con quell’Urlo che si riallacciava a un topos del contemporaneo, ma senza più avere il tono cassandrico di Munch e Artaud per un’Apocalisse imminente: l’Apocalisse era già avvenuta e Ginsberg non poteva che constatarlo.

poesie di  Allen Ginsberg

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