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Allievi e maestri: la Fiat 1300.

Creato il 02 gennaio 2013 da Enricobo2

Temere i cattivi maestri è una cosa saggia, ma credo che guardarsi anche e soprattutto da quelli buoni sia un imperativo categorico. Colui il quale ti da la massima fiducia, infatti ti può ingannare meglio, blandendo le tue debolezze ed il tuo lato oscuro. L'ho imparato fin da ragazzino e credo faccia ormai parte del mio modo di vivere in cui cerco di essere attento a non lasciarmi incantare dalla via più apparentemente chiara ed evidente. Bisogna cercare di prestare attenzione ai particolari per riuscire a capire il generale, che non è necessariamente la cosa più evidente. Come vi ho già raccontato, passavo le mie estati in un piccolo paese vicino alla mia città. Qui con un gruppo di altri ragazzotti quasi tutti più grandi di me, trascorrevo il tempo dell'afa estiva con le consuetudini semplici ed a costo zero del passato. Innumerevoli le ore lente dei pomeriggi sulle panchine della piazza, in cui prevalentemente ascoltavo le esperienze dei più grandicelli, una sorta di apprendimento per sentito dire, potrei definirlo. Tra gli altri, uno in particolare appena più grande di me, era il più sveglio e somministrava i suoi insegnamenti di vita, inclusi soprattutto i misteri coinvolgenti l'altra metà del cielo, di cui era gran conoscitore grazie alla sua abilità di ballerino di rock, vera calamita per le ragazzine dell'epoca, come una sorta di Socrate nel simposio. 

Allievi e maestri: la Fiat 1300.

Fiat 1300


Tuttavia erano molteplici gli argomenti in cui si dichiarava esperto e per me rimaneva un vero e proprio faro di conoscenza da cui suggevo informazioni che, allora, mi sembravano vitali. Le auto, a quel tempo sogno impossibile per tutti, oltre che per l'età anche per il censo, erano, dopo quello a cui vi ho accennato, era il secondo dei suoi cavalli di battaglia. Conosceva tutte le marche ed i modelli con assoluta precisione e ne faceva continuo sfoggio, ammirato da tutti noi, aggiungendo questo skill agli altri che contribuivano a renderlo membro chiave e maschio alfa della compagnia. Quell'estate, settimana dopo settimana, imparai con cura le differenze tra i vari modelli che passavano rombando sulla piazza, comparendo dalla curva della strada della Falamera. sentivi dapprima il rumore che si avvicinava, poi c'era tutto il tempo per osservarle con attenzione mentre attraversavano la piazza prima di scomparire lungo la discesa della Cerca. Alla fine dell'estate riconoscevo quasi a colpo sicuro le auto, appena superavano la curva davanti all'entrata della SOMS. Solo un mistero permaneva irrisolto e l'infame non me lo voleva rivelare, insistendo sul fatto che dovevo avvertirlo da solo e che era tutta questione di sensibilità. 
Era stato quello l'anno del grande successo della berlina media della Fiat, la 1300, che era uscita anche in versione 1500. Assolutamente identiche. Impossibile distinguerle nemmeno da ferme. Eppure il mio mentore, non appena l'auto sfrecciava davanti a noi, individuava immediatamente la cilindrata del caso, cosa che poi era verificabile quando l'auto era passata e le aguzze viste giovanili permettevano di vedere il numero distintivo posteriore oppure meglio, se la macchina stessa si fermava davanti al tabaccaio del paese e noi di corsa si andava a constatare l'esattezza predittiva. Lui, sornione, neanche veniva, lasciandoci attraversare la piazza assolata per controllare il numero della placchetta posta sul retro del bagagliaio che sapeva sicuramente giusta. Inutile chiedere spiegazioni, diceva che era un certo rumore del motore che faceva la vettura durante l'accelerazione, appena superata la curva, un sound particolare che bisognava allenarsi ad ascoltare. "Senti? Il rumore è un po' più sordo, è una 1500. Ecco, questo è più metallico, è una 1300" e implacabilmente le opinioni venivano confermate dai fatti. Il tormentone andò avanti per tutta l'estate.

Allievi e maestri: la Fiat 1300.

Fiat 1500


Io allenavo l'orecchio e mi sembrava a poco a poco di avvertire quella differenza, ma a volte sbagliavo, a volte ci prendevo, sempre deriso e sbeffeggiato ai miei insuccessi che venivano attribuiti alla mia incompetenza ed alla giovane età.  Alla fine di settembre eravamo rimasti gli ultimi del gruppo a non essere ancora ritornati in città e pochi giorni dopo ricominciava la scuola. Era la fine della vacanze e dopo il mio ennesimo errore, il malefico confessò. In effetti si era fatto beffe di me per tutta l'estate, perché una differenza c'era tra i due modelli, una profilatura metallizzata attorno ai finestrini non presente nella cilindrata inferiore che poteva saltare all'occhio solo se le due macchine erano vicine. Eccole lì evidenti come un pugno in un occhio, me le mostrò mentre le due auto erano ferme davanti alla fonte dell'acqua salata e curativa, in mezzo alla piazza, che già allora era ridotta ad un rivolo e che oggi non scorre più. Dicono che faceva tanto bene, ma forse era anche quella un inganno che non ha resistito al trascorrere del tempo e all'esperienza. L'ultimo sberleffo del maestro all'allievo, forse la lezione più formativa e interessante.  
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