Subito dopo la paura a Genova arriva la rabbia, perché l’alluvione di ieri non è altro che l’ennesima tragedia che poteva essere evitata. Dopo l’esondazione del torrente Bisagno, che ha causato un morto e trascinato con se persone e cose, in molti si domandano per quale motivo la Protezione civile e l’Arpal non abbiano segnalato per tempo l’allerta meteo. L’assessore regionale alla protezione civile Raffaella Paita così si è allontanato da qualsiasi colresponsabilità: “L’allerta meteo per l’alluvione di Genova non è stata data perché le valutazioni dell’Arpal basate su modelli matematici non hanno segnalato l’allarme”.
Il punto non è forse a chi addossare la colpa. La previsione di questi fenomeni si basa su delle analisi probabilistiche, su modelli previsionali che a volte falliscono. Ieri c’era una perturbazione che si stava spostando da Genova dirigendosi verso levante, salvo poi tornare improvvisamente indietro, come ha fatto notare il sindaco Marco Doria. Le previsioni sono un rischio.
Se fosse stata emanato lo stato di allerta i comuni avrebbero potuto prendere gli opportuni provvedimenti: ma l’allerta non è stata emanata.
Arpal e Protezione Civile ora tengono a precisare che non si è trattato di un errore di valutazione, ma, semplicemente, le macchine preposte a segnalare tali pericoli non hanno dato alcun cenno di quello che stava per accadere. Per questo l’Arpal ha provato a smussare i toni, calmando le polemiche: “Non è questo il momento delle polemiche. La situazione è critica e tale rimarrà fino alle prime ore di domani. Quindi nessuna polemica ma massima operatività”.
La procura di Genova intanto ha aperto un fascicolo ipotizzando il reato di omicidio colposo per la morte di Antonio Campanella, il cinquantasettenne ucciso dal esondazione.
Ciò che tutti si chiedono è però come sia possibile che in un territorio ad alto rischio idrogeologico non vengano presi le cautele per evitare che simili tragedie si ripetano. Solo tre anni fa Genova era stata dilaniata dalla furia del torrente Fereggiano che uccise sei persone.
Non che a nessuno sia venuto in mente di mettere in sicurezza questi corsi d’acqua, ma purtroppo tali lavori di messa in sicurezza sono stati frenati dalla valanga di problemi burocratici che bloccano chiunque abbia in mente di cominciare qualcosa in questo Paese. Gli interventi sul torrente sono fermi da anni a causa di un ricorso al Tar da parte dell’impresa arrivata seconda nella gara d’appalto.
Ci sono 35 milioni di euro già stanziati per quest’opera ma bloccati da un procedimento in corso davanti alla giustizia amministrativa.
È l’immagine di un paese atrofico, incapace di muoversi in qualsivoglia direzione.