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Almanacco del giorno prima / Chiara Valerio

Creato il 29 maggio 2014 da Lo Sciame Inquieto
Almanacco del giorno prima / Chiara Valerio Almanacco del giorno prima / Chiara Valerio. Torino: Einaudi, 2014.
Trovo strano leggere e recensire il romanzo scritto da una persona che conosco. Certo, una persona che ho visto una sola volta e che conosco in maniera indiretta, ma che in qualche modo appartiene al mio orizzonte reale. Perché questo significa inevitabilmente riconoscere in quello che si legge delle tracce vere o presunte (forse più le seconde) della vita reale…
Il romanzo di Chiara Valerio, Almanacco del giorno prima, è quanto di più originale io abbia letto da parecchio tempo a questa parte, e lo è da molteplici punti di vista. Innanzitutto dal punto di vista linguistico, per effetto della scelta di una scrittura molto colta, ma a tratti quasi parlata, di una punteggiatura non convenzionale e a volte spiazzante (come si vede dalle citazioni in fondo al post). Lo è poi sicuramente sul piano della struttura che si articola in 5 capitoli, Zero, Infanzia, Presente, Imperfetto e Domani accadrà, nel quale il capitolo centrale, quello dedicato al presente, non ha un andamento narrativo, ma si compone di tanti flash: momenti, sentimenti, situazioni identificati da un titolo e risolti in poche righe, a dire forse quanto il presente sia frammentario e molto meno comprensibile in fondo sia del passato che del futuro.
La storia è narrativamente piuttosto semplice; il protagonista, Alessio Medrano, è uno che per lavoro si occupa di assicurazioni sulla vita, in particolare compra le assicurazioni di chi non ha più i soldi per pagarle per farne prodotti finanziari derivati, basati sull’aspettativa di vita delle persone. Alessio, che è figlio di due matematici, è ossessionato dalla matematica e in particolare dai calcoli probabilistici fin dall’infanzia. I numeri sono il linguaggio con cui è abituato a leggere il mondo e i sentimenti. La variabile indipendente della sua esistenza è Elena, una donna molto più grande di lui, di cui è innamorato ma che non lo ricambia, pur essendo in qualche modo presente quasi come una costante per la sua esistenza (o almeno questo è quello che sembra ad Alessio).
Il romanzo è infarcito di matematica e di sentimenti, un’accoppiata improbabile e capace di produrre effetti imprevedibili. Lo stile di Chiara Valerio è espressione di una mente dalle sinapsi veloci, che talvolta si fa persino fatica a seguire. Certamente è un libro sorprendente, anche quando ci si perde nelle similitudini matematiche e non si sta dietro alla mente scoppiettante dell’autrice.
Almanacco del giorno prima è, alla fine, un libro che parla del tempo, in fondo del bisogno e dell’impossibilità di controllarlo, della costante proiezione verso il futuro e della continua nostalgia del passato. Della difficoltà di riconoscere quel presente schiacciato tra questi due ingombranti vicini.
Ogni pagina di questo libro è una sorpresa e può nascondere riflessioni fulminanti, tali da riempire un intero quaderno di appunti per la vita. Di seguito ne condivido alcune, quelle che ho sentito più mie e che più mi hanno colpito.
Volevo che mi amasse, ho sempre desiderato che le persone mi amassero per quello che ero in grado di fare, non per quello che ero, non mi sono mai fidato una sola volta di ciò che sono. (p. 10)
inversione a U. Da quando m’interrogo sull’opportunità o meno di mandarti un messaggio a una certa ora, mi sono accorto che è finita l’adolescenza del nostro rapporto. Menomale, che età terribile l’adolescenza. (p.168)
amen 1. C’è qualcosa di peggio nella vita che lasciarsi guidare dall’intelligenza, E che cos’è?, Lasciarsi guidare dalla fretta, tu ti lasci guidare in alternativa dall’intelligenza e dalla fretta. (p. 168)
quindi?, Non puoi amare nessuno se nessuno ti ha amato. (p. 172)
amen 4. Discutere è inutile. Dopo dieci minuti di discussione nessuno pensa più quello che sta sostenendo. (p. 178)
mi è già capitato di fare questo discorso tanti anni fa. Ci sono rapporti che non possono essere nominati ma nemmeno possono essere negati. (p. 196)
nel bosco 6. Stanotte riflettevo su quanto è strano che io sia così preso da una donna che pensa tutto il contrario di quello che per me è sensato, Ci pensavo anche io. (p. 204)
solo i sentimenti che non si nominano possono essere vissuti. (p. 209)
sono tuo?, Anche. (p. 210)
la separazione è più durevole esperienza che lo stare insieme, l’ho letto in Brodskij, Sta pure su Wikipedia, e poi è un’ovvietà, l’incontro è un punto, la separazione un intervallo, c’è una infinità continua di differenza, è lo stesso motivo per cui, quando arrivi alla fermata dell’autobus, è più probabile che l’autobus sia già passato, l’incontro tra te e l’autobus è un punto, la tua attesa dell’autobus è un intervallo, anche qui, una infinità continua di differenza, Vedo che oggi, tanto per cambiare sei di umore splendido. (p. 226)
saggezza. È difficile trasformare una storia d’amore in un’amicizia, così come il modo per rovinare le amicizie è il sesso, Invece noi che siamo qui a lasciare le cose coi nomi indefiniti siamo tranquilli perché non cambierà niente. (p. 230)
nel bosco 8. Mentre passeggiamo verso il tramonto, il tuo telefono non fa che emettere suoni e tu non fai che rispondere a quei messaggi. Sto zitto. Una volta lasciavi il telefono a casa, Una volta eri nuovo. (p. 231)
sono debole, perché ti desidero. (p. 258)
ti ho preso la cioccolata da Gay Odin, Grazie, per quando sto bene, Preferisci mangiare sola o con un bel ragazzo molto simpatico?, Sono stanca, preferirei stare sola. La mattina dopo lascio la cioccolata in portineria, mi scrivi Grazie ma come ti ho detto non sto bene e non posso mangiare cioccolata per un bel po’, Era per il biglietto, per farti ridere, Grazie, non ce n’era bisogno, Mi andava, l’ho fatto, So che vuoi fare delle cose carine ma mi fai sentire sotto assedio, Addirittura, scusami, che brutto sms, in ogni modo buona giornata, Non ti rendi conto che da quando ieri ti ho detto che ero stanca e volevo stare da sola non mi hai dato tregua? Io non rispondo. Il giorno dopo mi scrivi Ci vediamo quando torno. Io non rispondo. (p. 259)
Non devi mai più scrivermi una cosa del genere, solo una stronza scrive una cosa del genere, io devo smetterla di pensare che tu sia una faccenda che mi riguarda ma tu non devi scrivermi cose da stronza, E tu non dire che sono una faccenda che non ti riguarda, Possiamo dire che abbiamo esagerato?, Possiamo dirlo, adesso devi annoiarci ancora per molto?, Pensavo di dover mantenere il punto, Perché non pensi invece che stiamo facendo una bella passeggiata e che Roma con questa luce è fantastica? (p. 260)
si era convinto che le imperfezioni tengono il mondo in equilibrio e impediscono che tutto frani. (p. 283)
Forse, invece, bisognerebbe avere il coraggio di non allontanarsi mai dalle cose che rendono felici. Anche se sono scomode. Ma non era coraggioso. (p. 289)
non mi dici di restare ma non vuoi che mi allontani (p. 294)
il mio modello, il modello mio e di Janak, aveva come unica ipotesi l’evidenza che l’amore, in ciascuna delle sue minute declinazioni, allunga la vita. (p. 325)
Mi manchi tu, e mi manca la parte di me che sei tu. (p. 348)
Voto: 3,5/5

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