In quel quadrilatero attorno cui si assediano oltre diciassettemila nazifascisti armati fino ai denti, ci sono «i falchi della Val Grande, gli audaci della Marona e della Zeda di cui i presidi tedeschi e fascisti della sponda piemontese del Lago Maggiore hanno già provato il mordente»
Le imprese di questi uomini hanno assunto nella fantasia collettiva, dimensioni titaniche arrivando a ritenere con certezza che siano almeno cinquemila, nascosti fra le impervie vallate della Val Grande. In realtà sono poco meno di 400 e scarsamente armati.Un vero esercito contro pochi uomini; la data dell'11 giugno da inizio al rastrellamento!
Tuttavia i partigiani lottano con audacia e senza sosta fino alla morte.I fascisti raggiungono la Val Pogallo nella notte del 14 giugno.
Si combatte ininterrottamente; 2 partigiani vengono catturati nei pressi di Ponte Casletto (poco prima di Cicogna) torturati ed in seguito fucilati a Rovegro. Il 17 giugno altri 7 partigiani saranno fucilati in Valle Intrasca, nei pressi di Aurano.Ad altri 4, in Valle Cannobin,a toccherà la medesima triste fine.La sorte più tragica è riservata ai “18 partigiani di Pogallo”, tutti giovanissimi.Uno di loro ricorda che, durante il cammino verso Pogallo, un soldato tedesco scivola tra le acque del fiume; quattro di loro tentano di salvargli la vita; pare che il nemico voglia essere clemente, rassicurandoli sulla loro sorte e fornendogli del cibo.Una flebile luce di speranza si fa largo nel gruppo.
Nelle parole di Nino Chiovini (partigiano, storico e scrittore italiano, studioso della Resistenza e della cultura contadina di montagna del VCO) i fatti narrati hanno però tutt'altra forma e sostanza; qualcosa di terribile sta per accadere: «Presto ci si impratichisce e si perde minor tempo; il tedesco legge durante la svestizione, cosicché il condannato, appena spogliato, trova il posto libero sull'orlo della fossa senza dovere attendere che finiscano con quello che precede. Così muoiono i diciotto partigiani di Pogallo».
Filippo Spadoni.
Foto di Elena e Filippo