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Alta fedeltà - Recensione

Creato il 03 febbraio 2016 da Lightman

Stephen Frears adatta il romanzo Alta fedeltà di Nick Hornby realizzando una commedia romantica, ispirata sia musicalmente che attorialmente, tra le più riuscite del nuovo millennio.

Alta fedeltà - Recensione

Rob Gordon, proprietario del negozio di dischi Championship Vinyl, viene lasciato dalla fidanzata Laura, con la quale conviveva ormai da anni. Proprio per cercare di comprendere il motivo dei suoi fallimenti di coppia, l'uomo ripercorre con la memoria tutte le storie d'amore che lo hanno fatto più soffrire in passato, portandolo alla sua situazione attuale. Nel frattempo le sue giornate continuano come sempre al record store, gestito con gli storici amici Dick e Barry, e al disco-pub di quartiere, dove si invaghisce della bella cantautrice Marie De Salle. Infine Rob, ancora incapace di trovare la propria vita nella vita e dopo aver scoperto che la sua ultima compagna l'ha tradito con un vicino da casa, decide di mettersi in contatto con cinque delle sue ex-fidanzate, covando sempre la speranza che Laura si rimetta con lui.

Questione di classifiche

Alta fedeltà - Recensione

L'impresa complicata non era certo quella di trasportare su grande schermo il bellissimo e omonimo romanzo di Nick Hornby, pubblicato cinque anni prima, dato il sapore universale della storia raccontata dallo scrittore inglese. Il difficile era riuscire a ricreare in Alta fedeltà una parabola romantica mai banale e genuina, tale da non far pesare il cambio di location (dalla Londra del libro ad una metropoli americana come Chicago) e capace di rendere i personaggi vivi e credibili. Stephen Frears, il talentuoso cineasta britannico autore di classici moderni come Le relazioni pericolose (1988) ed Eroe per caso (1992) ha però ampiamente vinto la sfida, donandoci una delle migliori commedie sentimentali dell'allora appena nato nuovo millennio. Con un ruolo fondamentale giocato dal protagonista John Cusack, anche co-sceneggiatore e produttore, e un cast di figure, secondarie o meno, interpretate da attori di assoluto livello ( Jack Black, la sorella Joan Cusack, Tim Robbins, Catherine Zeta-Jones. Lili Taylor e Lisa Bonet tra gli altri), il sapore leggero e malinconico della vicenda assume una freschezza invidiabile, in grado di far trascorrere in un lampo le due ore di visione. Il piglio tragicomico spruzzato di malinconia che circonda il percorso sentimentale di Rob sfrutta con magnificenza il trucco dei monologhi recitati da un Cusack rivolto verso lo schermo dialogando con il pubblico, sullo stile del Michael Caine di Alfie (1966), grazie ai quali i risvolti empatici si fanno immediati e scattanti, rendendo più armoniosi anche i diversi flashback che caratterizzano la prima mezzora. Una libertà registica che concede i giusti spazi e tempi ai suoi interpreti, con una cura meticolosa per i dettagli che ci trasporta con una forza prorompente in questa Chicago avvolgente, che si tratti del negozio di dischi o delle serate trascorse al pub. Il romanticismo puro che modifica alcuni tratti della fonte originaria acquista maggior dirompenza grazie alla musa femminile, con il volto della splendida biondina danese Iben Hjejle, voluta fortemente dal regista che l'aveva ammirata l'anno prima nell'eccentrico Mifune (1999) di Søren Kragh-Jacobsen. A completare magnificamente la riuscita di questa commedia garbata e armoniosamente terrena nel suo romanticismo credibile e mai smielato vi pensa la splendida ed ispirata colonna sonora, che conta la presenza di quasi sessanta pezzi pop / rock che hanno fatto la storia della musica, includendo pure un rapido cameo "onirico" di una leggenda come Bruce Springsteen.

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