Interessante death metal quello offerto dagli Alterbeast: veloce, tecnico, ricco di preziosismi strumentali e di cambi di tempo, ma particolare per quanto riguarda il cantato, che viene equamente diviso tra parti gutturali e vocalizzi in screaming. Il ricorso a questo espediente, lungi dal rivelarsi indigesto, rende l’ascolto molto fluido e aiuta a focalizzare l’attenzione sulle partiture impazzite, che variano senza sosta tra momenti tirati e rallentamenti di pesantezza rara. Lo stile chitarristico è di pura estrazione “neoclassica”: pulito, preciso e distinguibile nota per nota, con Andrew Lamb e Rusty Cornell a inseguirsi a velocità parossistiche anche nel dettato ritmico, contraddistinto da riff concentrici e ipnotici.
Dopo l’introduttiva e atmosferica “Flesh Bound”, Immortal si apre con un trittico ad alto potenziale energetico con la brutale “Of Decimus Divine”, la violentissima “Vile Remnants” e l’anthemica Ancient’s Retribution. Difficile indicare un titolo a dispetto di un altro, tutto l’album vive infatti di episodi ispirati e suonati in maniera egregia, complice anche un eccellente lavoro in sede di produzione. Le tematiche trattate variano da uccisioni brutali a incubi soffocanti, dalla necrofilia all’ecatombe del genere umano, da perversioni estreme a scenari apocalittici. Il gruppo di Sacramento, fresco di cambio di nome (una volta si chiamavano Gary Busey Amber Alert…) e influenzato fortemente da Morbid Angel (era Covenant/Domination), Spawn Of Possession e Black Dahlia Murder, esordisce dunque – dopo solo un demo (Winter del 2011) – con un album di tutto rispetto.
Unico neo la breve durata (solo otto tracce per circa mezz’ora), ma se la qualità compositiva raggiunge questi livelli, il compromesso è del tutto accettabile. Promettenti.
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