Lo so, l'avrò scritto tra le 1000 e le 10mila volte, ma ricordare le 9 estati gloriose trascorse in Alto Adige all'epoca in cui leggevo Topolino ed ero alta un metro e 20, è forse l'unico modo per spiegare una frase che ripeto in loop da 20 anni: "in estate abbandonatemi in una baita tra i monti e sarò felice." Frase normalissima se a pronunciarla non fosse una trentenne pugliese che da giugno ad agosto dovrebbe desiderare solo una palafitta sul mare e un piatto di frise. Ovviamente i colpevoli di questo "stravagante" desiderio - ultima definizione in ordine di tempo - sono i miei cari genitori.
È colpa loro se voglio vivere in una baita e non in un loft.
È colpa loro se voglio adottare tutti i conigli del mondo.
È colpa loro se mi esalto davanti ai ruscelli.
È colpa loro se amo gli spätzle più della pasta al forno.
È colpa loro se quando vedo una pannocchia arrosto devo averla, a costo di strapparla dalle mani di un bambino. I bambini possono avere i giocattoli, io deve avere le pannocchie.
È colpa loro se ancora oggi vivo nel trip delle sagre in cui si mangia carne e si beve vino.
È colpa loro se quando sono sull'orlo di una scoppiatura sogno di rinchiudermi in una baita con un coniglio e una pannocchia.
È colpa loro - e dei complici altotesini - se per anni ho creduto che le cime delle Dolomiti fossero abitate da centinaia di gnomi governati da tale Re Laurino, il nanetto dalla cintura magica follemente innamorato della principessa Similda. Quello che con un incantesimo ha pietrificato l'intero Regno "sia durante il giorno, sia durante la notte", dimenticandosi però dell'alba e del tramonto, momenti in cui le vette prendono il colore delle rose del suo giardino infuocandosi letteralmente. Il famoso color "enrosadira". Leggenda o meno, è proprio così.
È colpa loro e degli gnomi, quindi, se amo i tramonti rosa.
Le vette in questione sono quelle del Catinaccio, massiccio dolomitico situato tra la valle di Tires, la val d'Ega e la val di Fassa nel Parco naturale dello Sciliar. Se dovessi pensare ai motivi di una fuga in Alto Adige partirei da questo.
Due: io e l'auto siamo due cose opposte, punto. È per questo semplice motivo che le mie scelte ricadono sempre su quei posti in cui tutto è raggiungibile con le gambe o con i trasporti pubblici. Le isole, le città miracolate dalla metropolitana, le valli.
La val d'Ega è una di queste: eccellenti collegamenti bus, impianti di risalita, noleggio di biciclette elettriche e km di sentieripermettono di raggiungere qualsiasi cosa si voglia e camminare all'infinito sposandosi letteralmente con la natura. Sostenibilità: che incanto quando si materializza in carne ed ossa davanti ai tuoi occhi.
Tre: il Lago Carezza. Vince in partenza per il nome. A questo si aggiunge il suo colore, un incredibile verde smeraldo legato, peraltro, alla leggenda della mitica serena che lo abita. Vince, stop.
Quattro: il giro dei masi, una passeggiata che arriva fino alla "fossa del lupo", punto da cui si può ammirare il bellissimo paesaggio della valle di Tires, dello Sciliar e del Catinaccio.
Cinque: ammirare le stelle dall'unico osservatorio astronomico dell'Alto Adige, proprio in Val d'Ega.
Sei: camminare, pedalare ma anche vegetare, per poi godersi in una malga la "brettljause", ovvero, la sacra merenda altoatesina in cui la trinità fa sfoggio in tutto il suo splendore: speck, pane casereccio e vino.
Sei motivi di cuore e di pancia, come al solito.
Dopo la sacra merenda manca solo la sacra ospitalità: qui arriva la famiglia Auer Eisath. Hotel Moseralm, Val d'Ega, proprio ai piedi del Catinaccio e a pochissimi minuti dal Lago Carezza. Fossi in voi andrei a trovarli anche solo per farvi raccontare la love story tra l'avo Siegfried Auer e la bella Filomena.
E per i bagni di fieno nell'area wellness.
E per i pranzi nel ristorante panoramico. E per le cene nella stube.
E per la "stanza del raccoglimento".
E per le passeggiate "in famiglia".
E, e, e... insomma, direi che i motivi sono abbastanza.
Bene, abbandonatemi in una baita tra i monti e sarò felice. Lo ripeterò sempre e per sempre, punto.
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