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Altre fermate

Creato il 06 ottobre 2013 da Violentafiducia0

In via VI Aprile alle otto e mezza
una puttana contro il forte buio
dell’autunno, dietro un cespuglio nero
sta seduta curva in attesa.

Ci guardiamo tristi per un istante, poi lei torna
a fissare la strada e io proseguo
per la giusta direzione avendo già
sbagliato due volte la fermata.

La prima alle due e mezza sotto il sole
invece di arrivare al Boggio Lera
arrivo col ventotto ad Acquicella
dove i cartelli indicano soltanto
la direzione verso i morti, il cimitero,
il fiorire infinito delle bancarelle
colme di rose di plastica, di gigli,
di crisantemi usati di seconda mano
ma tenuti bene. Ad Acquicella
le fermate hanno i nomi cancellati,
strappati, caduti chissà dove,
poiché non serve sapere la fermata.
Il cimitero corre lunghissimo e sembra
una galera eterna e gialla a cui accanto
cammino sicura, sicura che prima o dopo
allungando il passo, arriverò in piazza Palestro,
vedrò il Fortino, un’altra sparatoria in Corso
Indipendenza, così proseguo ferma
nella direzione sbagliata finché non incrocio
una signora coi capelli biondi tinti male,
lunga un metro e mezzo larga quattro, le chiedo
“per piazza Palestro dove devo andare”
e mi indica un punto nel cielo alle mie spalle
spalle di un piccolo disastro sotto il sole
che gli ultimi quattro anni li hai passati
a memorizzare i numeri sbagliati degli urbani
che spiovono rossi dalla Tiburtina.

La seconda alle otto venti sotto il cielo
nero smorzato dalle luci dei negozi.
Salgo decisa sul 2-5 dicendomi
che anche se non fermasse alla stazione
almeno mi avvicinerei alle rotaie
ai vagoni ai capitreno agli zingari ai paninari
ai senegalesi ai romeni agli ultimi rimasti
agli inservienti della mensa dell’ospedale
ai turisti ai superstiti della giornata ai barboni
della sala d’attesa al beone che si è pisciato nei pantaloni
a nessuno che scenda dove scendo
a nessuno che mi aspetti dove scendo
ai controllori alle strisce pedonali all’adrenalina
alla speranza che frenino in tempo all’encierro
di piazza Papa Giovanni XXIII alla prostituta bionda
al transessuale in attesa alle parole di mio nonno
quando mi diceva
che non si corre mentre si attraversa la strada
all’inutile stanchezza del momento,
tutto raccolto, tutto costretto nelle tempie,
almeno mi avvicino alla stazione
prima che si faccia troppo tardi
per l’ultima corsa del mio treno.


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