Qualche mio amico/a in questi giorni vedendomi con la vecchia edizione di “Altri Libertini” (quella non epurata che si trova nelle “Opere” edite da Bompiani ma la vecchia Feltrinelli in cui è conservato il testo originale con tutte le bestemmie e le parole sporche) intento ad assaporarla parola per parola, mi ha chiesto se a trent’anni di distanza dall’uscita è ancora un testo valido che può dirci qualcosa. Intanto diciamo subito che la superficie di “Altri Libertini” è composta da bestemmie, fughe di ventenni verso il nord Europa, il vagare senza una meta nella Bassa Padana, amori di vario genere, tradimenti e straniamenti, separazioni e riconciliazioni ma pure tanta, tanta amicizia vera e solitudine da superare. Questo mix micidiale e fatale allo stesso tempo diventò più che novità letteraria, vero e proprio caso extraletterario con il procuratore generale dell’Aquila, Donato Massimo Bartolomei, che lo accusò di oscenità e turpiloquio per le bestemmie e le scabrosità contenute ma che non valsero il sequestro, se è vero che dopo pochi giorni il libro ricomparve nelle librerie di tutta Italia. A fine anni ’70 inizio anni ’80 giovani come me tra i 16 e i 18 anni, si riconobbero nelle storie senza compromessi proposte dallo scrittore e presero subito ad amarlo senza reticenze; anche perché all’epoca le storie senza inibizioni che raccontavano il sesso erano veramente rare.
Oggi rileggendolo a 50 anni compiuti mi pare che “Altri Libertini” non ha perso la verve del tempo andato e si dimostra come un meraviglioso canto di innocenza e dolore, di tenerezza e violenza; caratteristiche proprie di noi giovani di quegli anni. Certo molto è cambiato in questi 30 anni sia in letteratura che in società: sono comparsi i nuovi narratori, l’impegno politico dello scrittore è completamente scomparso ed è arrivata l’epoca del bestsellers e del megasellers ad episodi. Il mondo è mutato diverse volte da quando “Altri Libertini” e la sua esperienza fu redatta e l’Italia non è più la stessa. Eppure “Altri Libertini” sembra ancora parlare una lingua che si comprende benissimo. Non è invecchiato, non ha perso in freschezza; l’eroina, il sesso, l’alcool, il vagare senza fine non sono inni fuori dalle regole ormai scomparsi al giorno d’oggi, ma devono essere visti come testimonianze di inquietudini, le stesse che attanagliano i giovani di oggi e anzi il libro può essere visto come una semplice idea di ribellione al vuoto di questi anni. Un documento che può essere ben interpretato dai ragazzi poiché al centro della narrazione c’è l’educazione sentimentale con le passioni, i timori, le scoperte, le bizzarrie di un’educazione amorosa che è scoperta di se stessi e del mondo. “Freddato dai lunghi anni della strategia della tensione, il protagonista di “Altri Libertini” è un giovane non più politico, nichilista e solipsista, non più parte di un gruppo: caratteristiche, ancora una volta, che permangono non solo nella letteratura anni ’90, ma anche in quella attuale”.Tant’è che il segretario dei giovani comunisti italiani dell’epoca, Massimo D’Alema, scrive sull’Espresso del 10 febbraio 1980: “Altri Libertini” è un libro politico perché l’esperienza giovanile che racconta svela una mancanza di politica, o se si preferisce, di crisi della politica”. Il bar della stazione di Reggio Emilia è il crocevia cardine di tutte le sei storie che compongono il testo: ricettacolo di eroinomani, piccoli delinquenti, spacciatori, checche e travestiti, giovani abbandonati da tutti e da tutto. Come ha scritto Fulvio Panzeri il romanzo pone al centro della narrazione “un immediato che non sembra avere né passato né futuro”. Anche se i giovani raccontati da Tondelli sono la base di quel movimento del ’77 che vide proprio il suo apice a Bologna città in cui lo scrittore all’epoca portava avanti i suoi studi.““Altri Libertini” diverte, commuove, fa riflettere sul nostro “come eravamo”. Lì ci sono le radici non solo degli anni ’80, decennio del mutamento, regressivo e progressivo insieme, ma anche degli anni ’90, in cui il “riflusso” diventa localismo, il ritorno al privato si esprime negli egoismi di gruppo e la crisi della politica diventa pasto cannibalico di se stessa”.Magazine Cultura
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