“ALTRI” MAESTRI! Ricordando Bonhoeffer…

Creato il 02 novembre 2010 da Pinomario
Chi sono i nostri maestri? Ne abbiamo ancora bisogno? Anche in questi tempi in cui il rifiuto dei maestri sembra giustificato dal fatto che troppi si propongono come tali, avendo da offrire solo goffaggine e cinismo a poveri uomini in stato di allucinazione?E tuttavia proprio oggi è il tempo di cercare maestri! Per disattivare quelli che ci assediano! Magari evocando dal nostro passato quelli che hanno accompagnato, con leggerezza, i nostri percorsi, rassicurandoci quando abbiamo dovuto avventurarci su sentieri impervi e, talora, interrotti! Se…abbiamo avuto la fortuna di incontrarli!C’è un altro modo infatti di compilare la propria carta di identità. Segnando non date di nascita: semplici tentativi di ipotecare il tempo per dare effimero fondamento a gocce di rugiadagocciata nella notte/ e al sorgere dell’alba svanita” (Khayyam). E neppure indicando luoghi di origine: troppo ingenua pretesa di riempire, con la violenza del “sangue” o con il mito della terra e di una “natura vergine”, il vuoto di tante esistenze e la menzogna di tante “identità”! “Io sono un’antologia..”, scriveva Pessoa: se la propria identità, sempre provvisoria e plurale, non è altro che la propria storia, allora un “altro” modo per compilare la propria “carta” può essere quello di ricordare e di indicare i propri maestri. Un ricordare che non sia tanto nostalgia ma quasi un “memoriale”, cioè un rivivere e un riappropriarsi delle tappe della propria esperienza di identificazione. Un ricostruire un rapporto con i nostri maestri autentici. Se…abbiamo avuto la fortuna di averli e di averli incontrati, direttamente o indirettamente, attraverso i loro scritti e la loro storia. Se la loro storia e le loro idee hanno consentito la nostra crescita. Se il rapporto con loro ci ha permesso di “scoprirequello che eravamo, quello che potevamo e quello che siamo! Questo è accaduto se abbiamo incontrato maestri che non hanno avuto la pretesa di “raccontare”, loro, la “nostra” storia, di dare, loro, un nome alla “nostra” storia. Se ci hanno consentito di scrivere, noi, la “nostra” storia. Questo è accaduto se abbiamo incontrato maestri che non hanno spento la “nostra stella”. Se abbiamo incontrato maestriviandanti”, testimoni di “esodo”, che ci hanno aiutato a “scompattare” la nostra libertà, accettando di depotenziarsi, di decostruirsi!E allora raccontiamola, la storia dei nostri maestri! Compiliamo e mostriamo questa provvisoriacarta di identità”. Almeno a noi stessi, per ritrovare un filo nella nostra vita, per raccontare una storia della nostra esistenza! Costruiamo questo mosaico “antico”! Ritroviamo le “tessere” importanti! Forse saremo, così, capaci di attraversare anche il momento presente della nostra incerta storia comune! Io sto compilando e vi sto raccontando – su Incrocivie - questa personale carta di identità, a partire dal post del 16 luglio 2009: lì era indicata la “tessera” Wittgenstein. Oggi voglio presentarvi e proporvi un altro dei miei maestri. Si, voglio ricordare, ora, per me e per voi, Dietrich Bonhoeffer. Era un teologo luterano tedesco, protagonista della resistenza al nazismo, impiccato nel campo di concentramento di Flossenburg, nel 1945. La sua storia e le sue riflessioni – dall’interno della “catastrofe antropologica” del ‘900 – hanno tracciato percorsi di ricerca molto fecondi e tuttora aperti. Percorsi che hanno ancora molto da dire non solo a teologi o filosofi ma anche a chiunque sia interessato a decifrare i “segni dei tempi”, come lo era lui. In realtà, il suo è un originale tentativo di dare un senso alla complessa autocomprensione dell’uomo contemporaneo.Se dovessimo sintetizzare la sua prospettiva e il suo pensiero potremmo dire che Bonhoeffer si è chiesto innanzitutto come, in un modo totalmente secolarizzato, dove occorre accettare sino in fondo l'autonomia dell'umano e la sua "maggiore età", possa essere possibile ripensare il cristianesimo e il modo di essere credenti. La questione intorno a cui gira la sua ricerca riguarda la possibilità di un cristianesimo "non religioso". Interessanti, per questo, soprattutto, le sue lettere dal carcere (pubblicate con il titolo Resistenza e resa, ediz. Queriniana).
“Wer bin ich? Der oder jener?
Bin ich denn heute dieser und morgen ein anderer?
Bin ich beides zugleich?...”Ecco, rappresentati in questi versi, il suo stile di maestro viandante e nomade, e la sua ricerca sempre consapevole della propria costitutiva debolezza: c’è qui una “lezione” per ogni maestro dei nostri tempi.Infine, altrettanto illuminante credo, per tutti, lo “stile” che, secondo lui, dovrebbe caratterizzare l’essere dei cristiani, come di ogni essere umano, in un mondo adulto e plurale. La pagina in cui affronta questo tema mi è sempre rimasta nella memoria. Eccola: il primo servizio che si deve rendere al prossimo è quello di ascoltarlo…. I cristiani…credono molto spesso di dover sempre “offrire” qualcosa agli altri con cui si incontrano, e ritengono che questo sia il loro unico compito. Dimenticano che l’ascoltare potrebbe essere un servizio più importante del parlare. Molti cercano un orecchio disposto ad ascoltarli, e non lo trovano tra i cristiani, che parlano sempre, anche quando sarebbe il caso di ascoltare. Ma chi non sa più ascoltare il fratello, prima o poi non sarà più nemmeno capace di ascoltare Dio, e anche al cospetto di Dio sarà sempre lui a parlare…chi non sa ascoltare a lungo e con pazienza, non sarà neppure capace di rivolgere veramente all’altro il proprio discorso, e alla fine non si accorgerà più nemmeno di lui…C’è anche un modo di ascoltare distrattamente, nella convinzione di sapere già ciò che l’altro vuol dire: è un modo di ascoltare impaziente, disattento, che disprezza il fratello e aspetta solo il momento di prendere la parola per liberarsi di lui”.(da La vita comune)


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