L’esecutivo appena fiduciato sembra dare la polvere al web: è difficile che in rete, per quanto si navighi, ci si possa imbattere in un cumulo di sciocchezze pari a quelle che in meno di 24 ore sono riusciti ad accumulare il premier e i suoi ministri o i suoi sostenitori. Si direbbe un governo troll. Berlusconi vuole assolutamente l’eliminazione dell’Imu sulla prima casa, fatto che Letta ieri aveva in qualche modo assicurato, mentre oggi i ministri Franceschini e Del Rio parlano di “attenuazione”. E perché mai, quale difficoltà ci sarebbe nella sua eliminazione se ieri pomeriggio il prode Enrico ha fatto sapere di voler rinunciare anche all’aumento dell’ Iva e al maggior carico che comporta la Tares? Basterebbe questo per capire come le promesse siano state solo un alibi per permettere ai piddini di non perdere del tutto la faccia votando l’esecutivo di marca berlusconiana.
Ma l’insostenibile leggerezza del governo la si può misurare appieno dall’intervista al nuovo titolare del dicastero dello sviluppo economico Zanonato: l’ex sindaco dell’apartheid di sinistra, quello del muro padovano anti immigrati: prima dice che dobbiamo conservare la nostra “reputazione” in Europa per mantenere basso lo spread, ma subito dopo si contraddice sostenendo che bisogna ricontrattare il fiscal compact. A parte che si tratta di un puro ballon d’essai perché riconsiderare il fiscal compact significa rivedere tutta la costruzione monetaria europea e gli errori che l’hanno ispirata, la nostra cosiddetta reputazione di ubbidienti morituri, nasce proprio dal fatto che abbiamo firmato quel delirante patto. Se proprio siamo topini così ciechi da attaccarci allo spread come fosse l’eucarestia del liberismo e se davvero crediamo che esso abbia a che vedere solo con il nostro debito, beh allora dobbiamo sapere che non possiamo ricontrattare un bel nulla senza aspettarci un rialzo di interessi.
Inutile dire però che senza una revisione o meglio abolizione del fiscal compact che nasce da concezioni già falsificate ( ma da interessi tedeschi ben solidi) non ci saranno soldi per nulla di ciò che è stato annunciato o di ciò che gli italiani sperano. Il fatto increscioso e drammatico è che la politica consociativa, inaugurata nella sua forma palese con il governo tecnico, è impotente a risolvere i problemi che ha creato sia perché in radice è priva di obiettivi diversi dal mantenimento del potere, sia perché è priva di idee alternative al pensiero unico, nonostante la dissoluzione di quest’ultimo sotto la caterva di errori concettuali, non sempre innocenti di cui si è reso portatore. Così mentre ci aggrappiamo a Letta nella stessa ingenua maniera con cui ci eravamo attaccati a Monti, ciò che davvero possiamo aspettarci è una nuova drammatica riduzione di welfare, diritti e servizi: è l’unico modo con cui trovare risorse per soddisfare Bruxelles e la Germania e per attuare il suicidio nazionale.
In questo quadro il governo di larghe intese, soluzione fortemente voluta e appoggiata fuori dai confini, nasce proprio per depotenziare al le possibilità di contrattazione del Paese, arroccando il potere ( com’è ben evidente anche dagli altarini che si vanno scoprendo in queste ore) e impedendo che la volontà dei cittadini, espressa nelle elezioni venga rispettata. Perché solo con un’azione decisa che metta in gioco tutto si potrà uscire da un limbo che rischia di marginalizzare e impoverire tutto il continente: sul tappeto c’è l’assurdità di Maastricht e tutto quello che ne è scaturito a catena con l’arrivo della crisi. Non siamo credibili se andiamo al tavolo da gioco senza determinazione, senza una prospettiva politica diversa e senza nemmeno poter tentare un bluff come avrebbe potuto fare un governo politico di altro genere rispetto a quello dell’inciucio. Ecco perché il governo appena formato rischia di affogare nelle sue stesse sciocchezze e nella sua insensatezza di fondo, nel territorio grigio tra specchietto per le allodole e impotenza. Tra le sciocchezze a man bassa e la stessa quantità di obbedienza.