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Altro che Sneijder: Ichi the Killer (di T. Miike, 2001)

Creato il 10 luglio 2012 da Frank_romantico @Combinazione_C
Altro che Sneijder: Ichi the Killer (di T. Miike, 2001)
Takashi Miike è un genio. No, non mi interessa se avete da ridire a tale affermazione: Takashi Miike è un genio, punto. Un giapponese di 52 anni che ha all'attivo 70 film e che non sembra avere nessuna intenzione di fermarsi. Avete presente il tanto osannato 13 Assassini? Ecco, è suo. Ebbene, questo folle che raramente ha tirato fuori dal proprio cilindro un prodotto mediocre e diventato una sorta di regista cult nel 2001, quando venne fuori con Ichi the Killer (Koroshiya Ichi), yakuza movie/horror/splatter/melò e chi più ne ha più ne metta, perchè Miike non è classificabile, Miike è un genio, fa il cazzo che gli pare e il popolo cinefilo non deve far altro che ringraziare e guardare i suoi film.
Il boss yakuza Anjo scompare con 300 milioni di yen. Il suo braccio destro Kakihara inizia a cercarlo sollevando polvere e sangue al suo passaggio. Alla fine scopre che il responsabile è un certo Ichi, un killer psicopatico manovrato da un oscuro individuo.
Tratto dall'omonimo manga che di certo non elemosina in violenza (tanto da essere stato censurato persino in patria), Ichi the Killer è uno dei film più sanguinosi della storia, a confronto del quale opere come Kill Bill o Machete (per citarne due di due registi che a Miike si ispirano, Tarantino e Rodriguez) sembrano film per educande. E non c'è da stupirsi, perchè si tratta di una scelta poetica ben precisa, quella che mira al più totale voyerismo come scopo primordiale della settima arte secondo Miike. Mostrare tutto, eliminare i filtri, penetrare la cane dei personaggi per permettere allo spettatore di entrare in contatto con la parte più intima del film stesso e di scoprirne il senso, al di là della stessa estetica cinematografica.
Altro che Sneijder: Ichi the Killer (di T. Miike, 2001)
Di cosa parla il film? Di una ricerca, di un viaggio che ha come unico scopo il completamento di se stessi, l'autoaffermazione. Perchè? Perchè lo status sociale, l'appartenenza e persino le relazioni sentimentali non possono riempire quel vuoto interiore che comunemente viene chiamato infelicità. Ecco, Ichi the Killer è un film sulla ricerca della felicità intesa come appagamento personale. I protagonisti di questo viaggio sono egoisti, pronti solo a colmare loro stessi. Per questo vedono il prossimo come uno strumento, oggetti che Miike fa a pezzi per rivelarne il valore organico.
I due protagonisti, Ichi e Kakihara, incarnano il senso della pellicola. Sono parti complementari ma opposte che si cercano senza mai trovarsi (fino alla fine del film) con il solo scopo di completarsi a vicenda. Sono rispettivamente sadismo e masochismo al cento per cento, infelici perchè destinati a causa della loro natura ad essere soli.
Ichi (Nao Omori) è un bambino troppo cresciuto che confonde l'amore - che non ha mai avuto - col dolore - l'unica cosa che ha conosciuto. L'unico modo che conosce per amare è quindi provocare dolore (agli altri e, di conseguenza, a se stesso) ma il dolore è anche l'unico struimento che ha per punire "i bulli". Ichi, psicopatico assassino, è nel suo mondo distorto un supereroe che combatte contro il male non per altruismo ma per affermare se stesso nel piacere sessuale che prova facendo del male.
Kakihara (un meraviglioso Tadanobu Asano) dall'altra parte è un nichilista che trova nell'annullamento del corpo l'unico scopo dell'esistenza (sua e di tutti), perchè la carne si rigenera nel dolore elevandosi. L'ultimo gradino di tale elevazione è la morte. L'amore quindi è completamento egoistico che si realizza solo nella sofferenza intesa come cammino verso l'assoluto. Per questo il rapporto tra lui e Ichi sarebbe perfetto, poichè Ichi è l'unica persona al mondo in grado di dargli quello che ha sempre cercato. Peccato che proprio con il loro incontro si realizzi l'inattuabilità dei loro propositi, infranti contro la loro incapacità di accettare la natura intima dell'individuo: l'indeterminatezza.
Altro che Sneijder: Ichi the Killer (di T. Miike, 2001)
L'uomo è destinato ad essere solo e incompleto, la carne a disgregarsi e a perire senza uno scopo ultimo. Il sentimento, anche lui, è visto solo in chiave materialista. Tutti gli altri personaggi vagano nel vuoto, vittime di loro stessi, tanto Jijii (il regista Shinya Tsukamoto) burattinaio/demiurgo che esaurisce il proprio ruolo e il proprio scopo dopo aver compiuto la sua misteriosa vendetta, quanto Karen (la bellissima Paulyn Sun) bambola oggetto priva di scopo che perisce vittima di se stessa. Non c'è vittoria per nessuno perchè nessuno ha scopo se non la ricerca stessa. Terminata questa non rimane altro, come non rimane niente della carne dopo che questa muore. Infondo il film stesso nasce in una goccia di sperma ma non è altro che un gioco organizzato dal sommo burattinaio/demiurgo che è il regista.
Ichi the Killer è un film estremo, cattivo, splatter. Ma è anche intelligente perchè non si prende sul serio, cartoonesco, un gioco che in se racchiude il senso dell'esistenza secondo Miike. La fotografia sul rosso fa da padrona assieme alla scenografia sporca e malsana di un Giappone sub metropolitano. Non solo la trasposizione di un fumetto ma un'operazione personale e con un'identià ben precisa (altro che Sneijder). Certo imperfetto, perchè la perfezione stilistica è la ricerca di Miike che, a giudicare dal grand numero di film girati, si fonde con il piacere più intimo di fare cinema.
Altro che Sneijder: Ichi the Killer (di T. Miike, 2001)

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