Spending review. Doveva sanare i conti pubblici italiani, eliminare gli sprechi, ridurre le spese sostenute dallo Stato per il funzionamento dei suoi uffici e per la fornitura di servizi ai cittadini, ma di fatto è stato tutto un bluff, dal momento che le nostre finanze sono perennemente in deficit. Insomma, come sta succedendo al jobs act, anche la spending review ha perso per strada gran parte del suo british aplomb. Di spending review se n'è parlato talmente tanto e se n'è fatta talmente poca che oggi non ci crede più nessuno. Alla resa dei conti, infatti, e con buona pace di Cottarelli messo da parte dal governo proprio quando si trattava di tradurre in pratica i suoi studi di settore, nessuno ha avuto il coraggio di prendere la forbice in mano e di tagliare finalmente sprechi, privilegi, rendite di posizione, regalie e ruberie che continuano a far lievitare oltremisura la nostra spesa pubblica senza peraltro rendere nulla in cambio, in termini di servizi ed efficienza delle pubbliche amministrazioni, ai cittadini onesti e per bene di un Paese sbracato, dove a crescere sono soltanto tasse e malcontento! Il “premier senza voto” parla in termini propagandistici di ripresa, di svolta buona, ma invece di cambiare verso all’Italia dei furbi, dei ladri, degli evasori e dei super burocrati pagati a peso d’oro, tira in ballo i soliti 'gufi', allorquando qualcuno gli presenta il conto circa il non operato del suo governo. Ma carta canta, come documenta una relazione della Corte dei Conti secondo cui la famigerata “spesa” nel settore pubblico negli ultimi tre anni è cresciuta per l'acquisto di carta (e la digitalizzazione?), benzina (e l’asta su ebay delle auto blu?) e bollette (e le energie rinnovabili?) passando da 121,1 miliardi del 2011 a 135,3 miliardi del 2014. Si parla quindi di 14,2 miliardi (+11,7%).
A lievitare sono state soprattutto le spese di beni e servizi delle aziende sanitarie, arrivate a 78,5 miliardi (+17,3%) e degli enti locali, che hanno raggiunto i 33,9 miliardi (+11,5%). Anche la spesa per beni e servizi ha registrato un costante incremento (+5,7% nel 2012, +4,2% nel 2013 e +1,5% nel 2014), con delle differenze tra le varie amministrazioni. Gli enti locali hanno visto aumentare le proprie spese ogni anno, anche se con percentuali molto differenti: +1,4% nel 2012, +9,5% l’anno successivo e +0,4% nel 2014. Per le aziende sanitarie si è poi registrata una crescita del +6,2% del 2012, del +6,3% nel 2013 e infine del 3,9%. Le Regioni hanno invece alternato una riduzione del 12,5% nel 2012, a un aumento del 16,9% per poi scendere di nuovo del 13,9% lo scorso anno, fermandosi a 2,7 miliardi. "Virtuosi", invece gli enti previdenziali che, dopo un anno di incremento della spesa (+4,6% nel 2012) e uno di variazione minima (+0,2% nel 2013), nel 2014 hanno ridotto i pagamenti del 4,5% fermandosi a 2 miliardi. Il settore statale, infine, nel 2012 aveva registrato un incremento della spesa del 19,7%, che negli anni successivi si è ridotta del 17,5% e del 4,1%, fermandosi a 13,3 miliardi.