Per il comparto tecnico Chapero-Jackson manifesta capacità di buon livello impreziosite da un cast decisamente professionale (sono tutti attori dal corposo curriculum) e da almeno due piccolissime trovate che il sottoscritto ha apprezzato (il cellulare che squilla nel buio all’inizio e il breve pianosequenza a ritroso che chiude il film). Dove il regista ispanoamericano persuade molto meno a confronto del lavoro precedente è sul piano contenutistico, l’intenzione parrebbe essere quella di inscenare l’annosa questione del vuoto che intercorre tra l’accanimento terapeutico e la morte assistita, inseguendo questa meta si dimentica però di fornire spessore, di concatenare cause ed effetti, di legittimare il comportamento della nuora che inspiegabilmente allevia di sua sponte i patimenti della suocera assumendo dunque i connotati della pietà o qualcosa di simile contrapposti al criterio scientifico del figlio-dottore che tenta di iniettare qualsiasi tipo di medicinale nel corpo di sua mamma, ricreando allora su pellicola un vespiano dibattito etico poco stringente, disossato dalla sua stessa natura elementare che si concentra esclusivamente sull’esposizione del tema, un trattatello sull’eutanasia di cui si può prescindere.
Per il comparto tecnico Chapero-Jackson manifesta capacità di buon livello impreziosite da un cast decisamente professionale (sono tutti attori dal corposo curriculum) e da almeno due piccolissime trovate che il sottoscritto ha apprezzato (il cellulare che squilla nel buio all’inizio e il breve pianosequenza a ritroso che chiude il film). Dove il regista ispanoamericano persuade molto meno a confronto del lavoro precedente è sul piano contenutistico, l’intenzione parrebbe essere quella di inscenare l’annosa questione del vuoto che intercorre tra l’accanimento terapeutico e la morte assistita, inseguendo questa meta si dimentica però di fornire spessore, di concatenare cause ed effetti, di legittimare il comportamento della nuora che inspiegabilmente allevia di sua sponte i patimenti della suocera assumendo dunque i connotati della pietà o qualcosa di simile contrapposti al criterio scientifico del figlio-dottore che tenta di iniettare qualsiasi tipo di medicinale nel corpo di sua mamma, ricreando allora su pellicola un vespiano dibattito etico poco stringente, disossato dalla sua stessa natura elementare che si concentra esclusivamente sull’esposizione del tema, un trattatello sull’eutanasia di cui si può prescindere.
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