Titolo: Alzati e cammina.Autrice: Germana Nillson.Genere: contemporaneo.Editore: self-publishing.Pagine: 190.Prezzo: euro 2,99 (e-book); euro 6,76 (copertina flessibile).La mia valutazione: cinque stelline.
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Germana il diritto di scegliere non l’ha mai avuto. Lei nel mondo degli adulti ci si è trovata catapultata dalla porta di servizio, destinata d’ufficio alla classe dei perdenti, dei precari, delle agenzie di lavoro temporaneo, di famiglie disagiate o assenti, degli affitti troppo alti, del cibo in scatola. Una generazione di giovani cinici, indifferenti nei confronti della società in cui vivono, disillusi, costretti a chinare il capo e dire sempre sì nella speranza di mantenere un lavoro insoddisfacente e malpagato, che vive in un mondo di egoismo, una cultura dello spettacolo fatta di apparenze da mantenere ad ogni costo. Una realtà nella quale è il consumismo a dare la misura ai valori, i pubblicitari i nuovi profeti, fatta di ipocrisie politiche, sociali e religiose con la forbice tra ricchi e poveri che si allarga sempre più. Increduli e incapaci di lottare per un futuro che vedono irraggiungibile già dalla linea di partenza. E la rabbia, la disillusione, le preoccupazioni economiche generano frustrazioni e paura. L’ansia costante si trasforma in paranoia, in fobia, la depressione è dietro l’angolo, aspetta, nel buio, in silenzio di poterti divorare, di accoglierti tra le sue spire velenose. Springsteen cantava “Alcuni ragazzi smettono semplicemente di vivere e cominciano a morire, poco a poco, pezzo a pezzo. Altri tornano a casa dal lavoro, si lavano e vanno a gareggiare in strada” Riuscirà Germana a tirarsene fuori, a trovare la luce in fondo al tunnel, forse non proprio a correre ma almeno a rialzarsi e cominciare a camminare?
Germana ha attraversato l’inferno, passo dopo passo, caduta dopo caduta. Rialzarsi è stato, ogni volta, più doloroso. Finché ha temuto di non riuscire più a rimettersi in piedi. Con una storia simile da raccontare, ci saremmo aspettate un tono triste, lamentoso. Un pianto e un singhiozzo. Non una prosa asettica, un linguaggio chirurgico. Ironia e sdrammatizzazione.Finire questo romanzo è stato come concludere un ciclo di sedute dallo psichiatra. Non sei guarita, non lo sarai mai. Però hai imparato a vivere con te stessa, quasi a volerti bene. Insomma, con qualche cerotto e molta colla, ti sei rimessa a posto e sembri intera. Giusto quello che serve per funzionare nella vita di tutti i giorni. Finché ci credi anche tu e, a quel punto, i cerotti e la colla possono anche staccarsi, perché tu sei –finalmente- tu. E ti va bene così.
Allo stesso modo, arrivati all’ultima pagina, troviamo Germana, così com’è. Senza orpelli, nuda e bella. Pronta a vivere. Di nuovo. E di nuovo ancora, se necessario. Un lieto fine senza compiacimenti, sobrio eppure dolcissimo.