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“Amadeus” e Mozart

Creato il 27 gennaio 2014 da Rita Charbonnier @ritacharbonnier

Oltre a essere il Giorno della Memoria, alle cui cerimonie e iniziative correlate è ovviamente opportuno partecipare, il 27 gennaio è anche il giorno nel quale, la bellezza di 258 anni fa, nacque Wolfgang Amadeus Mozart. Da molto tempo non dedicavo articoli alla musica, e alla sua. Di recente mi sono accorta che un saggio che avevo letto tempo fa, e trovato interessante, è sparito dalla rete. E’ del musicologo americano A. Peter Brown, professore presso l’Università dell’Indiana, e analizza un classico cinematografico dedicato a Mozart, Amadeus, alla luce del rapporto tra verità e finzione. La questione mi sembra rilevante anche a prescindere dal film, che appartiene al secolo scorso – fermo restando che è tuttora una visione caldamente consigliabile. In lingua inglese il saggio era accessibile dal sito The Mozart Project, ma è stato rimosso (creandovi un account, potete ancora leggerlo da qui); in lingua italiana da WikiMozart, che proprio non esiste più. Io per fortuna me l’ero scaricato e posso quindi riproporvelo – in due parti: oggi la prima. Le immagini che seguono sono tratte da questa pagina.

Amadeus


Amadeus e Mozart

di A. Peter Brown

Per il rispetto che i musicisti nutrono per le sue opere, e per la popolarità della quale esse godono presso il grande pubblico, egli è probabilmente il compositore più ammirato nella storia della musica occidentale.

Con questa affermazione inizia la voce, magistrale, che il New Grove Dictionary of Music and Musicians – pubblicato nel 1980 – dedica a Ludwig van Beethoven. Un decennio dopo questa frase sarebbe stata più adatta al Davide austriaco che non al Golia tedesco. L’immagine elegante e classica di Mozart ha finito infatti per prevalere universalmente su quella, più potente, di Beethoven.

Accendete la televisione e vedrete Hugh Downs o Peter Ustinov raccontare uno speciale su Mozart. Passate su un canale commerciale: un concerto per pianoforte (KV 466) e la “piccola” Sinfonia in sol minore (KV 183) promuovono la vendita dei computer Macintosh, il Don Giovanni (KV 527) nobilita un detersivo per lavatrice, Le nozze di Figaro (KV 492) vendono un’automobile, il Lacrymosa dal Requiem (KV 626) santifica i Lee Jeans e un altro Concerto per pianoforte (KV 482) macina il caffè Maxwell House. Il ritrovamento di una sinfonia di Mozart, anche se appartenente al periodo giovanile, finisce in prima pagina sul New York Times. I collezionisti farebbero qualunque cosa pur di avere un pezzetto di spartito mozartiano; i suoi autografi si vendono agli stessi prezzi dei quadri più preziosi; un antiquario, addirittura, ha smembrato la partitura della Serenata Andretter-Musik (KV 185) e ha venduto i fogli separatamente al fine di aumentare il proprio guadagno; gli incassi de Le nozze di Figaro e del Don Giovanni ora rivaleggiano con quelli de La Bohème e della Butterfly

Questa popolarizzazione di Mozart non nasce nei teatri o nelle sale da concerto, ma proviene dai palcoscenici e dagli schermi cinematografici. La “Mozart mania” ha infatti preso origine dal testo teatrale, di Peter Shaffer, Amadeus: questo, e il successivo film diretto da Milos Forman, propugnarono la causa del compositore con straordinaria efficacia. La pièce Amadeus è stata rappresentata a Londra, Washington e New York ed è stata tradotta, tra l’altro, in tedesco e in ungherese, entrando nel repertorio del Burgtheater di Vienna e del Nemzeti Szinhaz di Budapest.

Nello scrivere la sceneggiatura, Peter Shaffer ha profondamente rielaborato il testo teatrale che aveva scritto in precedenza. Egli era, secondo le sue parole:

alla ricerca quasi ossessiva della chiarezza, dell’ordine strutturale, del dramma. [...] Uno dei difetti che io stesso trovo nella versione londinese della pièce sta nel fatto che Salieri ha troppo poco a che fare con la rovina di Mozart.

Shaffer ha quindi modificato la storia e ha dovuto tener conto non solo della diversa forma espressiva, ma anche del pubblico al quale ora si rivolgeva, più ampio e meno sofisticato. Era ben consapevole che non stava scrivendo una “Vita di Mozart” in senso obiettivo: sul palcoscenico, infatti, Amadeus non fu mai inteso come una biografia del compositore, e questo non doveva avvenire neppure per il film.

Io e Forman rivendichiamo la licenza del cantastorie, che può abbellire la storia con ornamenti romanzeschi e con una tensione narrativa che ha lo scopo di avvincere il pubblico e rendere avvincente il racconto.
Peter Shaffer

Ancor più di quanto avesse fatto la pièce, il film ha creato una sovrapposizione tra la finzione drammaturgica e la realtà storica: per molti spettatori, Wolfgang Amadeus Mozart fu davvero l’uomo che vedevano agitarsi sullo schermo. Quando la pièce era stata pubblicata, era corredata di uno scritto che tracciava con chiarezza il confine tra finzione e realtà; questo non avvenne per il film, riducendo la distanza tra verità e invenzione.

Amadeus s’incentra sulla profonda invidia che il compositore della corte imperiale, Antonio Salieri, prova nei confronti dei doni che Mozart ha ricevuto da Dio stesso. Nonostante la sua immaturità e la sua natura grossolana, Mozart produce infatti, una dopo l’altra, opere divine. Egli è amato da Dio, meritandosi davvero il nome di “Amadeus”.

Sia la pièce che il film si concentrano sul decennio più significativo della vita di Mozart, a partire dal licenziamento dal servizio presso l’arcivescovo di Salisburgo, avvenuto nel 1781, e concludendosi con la sua morte, dieci anni più tardi. In quel periodo Mozart abitava a Vienna ed era un compositore libero dai quotidiani obblighi di corte, ma perennemente alla ricerca di una stabilità economica che non aveva; e scrisse un grandissimo numero di opere, che non possono non lasciare stupefatti per la loro sublime qualità. Amadeus è prevalentemente ambientato presso la corte di Vienna, al fine di concentrare l’attenzione sul rapporto tra Salieri e Mozart; e sebbene alcune situazioni siano plausibili, la maggior parte di esse costituisce una distorsione, per così dire, surrealistica della vita di corte e della vita dello stesso Mozart.

Amadeus-2Ancor oggi si chiede ai musicologi e agli storici se Wolfgang, Constanze e Leopold Mozart, se l’imperatore Giuseppe II e Antonio Salieri, fossero davvero così come sono rappresentati nel film. Forse è ora di fare, quindi, un po’ di chiarezza.

Le esigenze drammaturgiche spiegano e motivano il divario esistente tra l’invenzione e la verità storica. Non c’è alcun dubbio che Shaffer e Forman conoscessero i fatti documentati della biografia mozartiana e gli avvenimenti di quel periodo. La loro elaborazione della vita di Mozart è analoga a quella compiuta da Lorenzo Da Ponte per trarre dalla commedia di Beaumarchais il libretto de Le nozze di Figaro (KV 492): l’arco temporale della storia fu adattato alle esigenze della nuova forma narrativa, il numero dei personaggi fu ridotto e le situazioni semplificate e ricombinate.

Inoltre, i sentimenti e le aspirazioni dei personaggi di Amadeus avrebbero potuto riprodurre, volendo, quelli che uomini e donne avevano nel Settecento europeo, e che erano molto diversi dai nostri. Ma se Shaffer e Forman avessero perseguito questo obiettivo, avrebbero rischiato di allontanare il film dal loro pubblico, o di renderlo persino incomprensibile. Un esempio: Wolfgang e Constanze Mozart ebbero sei figli, solo due dei quali sopravvissero fino all’età adulta – cosa allora del tutto normale. Se la loro reazione alla morte di ogni bambino fosse stata analoga a quella che si avrebbe oggi, durante i dieci anni del loro matrimonio avrebbero vissuto in un lutto perenne.

Una personalità ossessivamente invidiosa

Malgrado il titolo, il protagonista dell’opera di Shaffer è Salieri. Antonio Salieri (1750-1825) fu ai vertici della corte di Vienna, come musicista, dal 1774 fino al 1824. Nel suo ultimo anno di vita soffrì di demenza senile: a Vienna, nel 1824, circolava una voce secondo la quale egli farneticava di aver avvelenato Mozart; la diceria giunse a Beethoven e all’orecchio di molti altri personaggi noti. Nel 1825, però, due servitori di Salieri affermarono di non averlo mai udito dire nulla di simile, e un conoscente del medico personale di Mozart riferì che questi era morto, senza alcun dubbio, di una febbre epidemica. Sulla base di una premessa non dimostrata, dunque, Shaffer ha creato il personaggio centrale della sua opera: una persona ossessionata dal genio di Mozart e invidiosa a livelli quasi criminali.

SalieriConstanze, la vedova di Mozart, soffiò sulla fiamma della diceria: anche lei affermava che Salieri aveva tramato contro suo marito. Ma pur ammettendo che sia esistita una qualche ostilità tra i due compositori, è più probabile supporre che Salieri volesse solo proteggere la propria posizione presso la corte imperiale. In ogni caso, se Salieri fosse stato così ostile a Mozart da volerne ostacolare la carriera, né Die Entführung aus dem Serail (KV 384), né Le nozze di Figaro (KV 492), né Così fan tutte (KV 588) sarebbero state rappresentate nei teatri di corte. Inoltre, se tra i due ci fosse stato un astio così grande, Salieri non avrebbe accettato di collaborare con Mozart nell’allestimento di uno spettacolo musicale a Schönbrunn nel febbraio del 1786. Come se non bastasse, nel dicembre del 1787 Mozart fu nominato Kammermusikus e quando morì stava per essere nominato Kapellmeister presso la cattedrale di Santo Stefano. Salieri, inoltre, fu presente alla rappresentazione de Die Zauberflöte (KV 620) del 13 ottobre 1791; fece visita a Mozart, o almeno così sembra, il giorno prima della sua morte, e partecipò vestito a lutto al funerale del 6 dicembre.

Se Salieri avesse avuto davvero una personalità ossessivamente invidiosa, come narrato in Amadeus, dovremmo pur averne qualche prova. Come compositore di corte e successivamente come Kapellmeister imperiale, invece, egli fu il maestro di molti allievi dotati di un talento straordinario. Beethoven studiò con lui l’Opera italiana e fu proprio Salieri a riconoscere le doti eccezionali di Franz Schubert: “Egli sa far tutto: compone opere, arie, quartetti, sinfonie e qualunque cosa vogliate”. Nel giugno del 1816 l’onorato Kapellmeister celebrò i cinquant’anni di servizio presso l’imperatore, e ciò spinse Schubert ad annotare un piccolo tributo privato nel suo diario personale:

Dev’essere bello per un musicista avere tutti i suoi allievi radunati intorno a lui, vedere come ognuno cerchi di dare il meglio di sé per fare festa al maestro, e sentire in tutte le loro composizioni le semplici espressioni della Natura, libere da tutta quella eccentricità che tende a governare la maggior parte dei compositori di oggi, e della quale noi siamo debitori verso uno dei più grandi compositori tedeschi [Beethoven]. Tale eccentricità confonde e disorienta; non distingue tra loro il tragico e il comico, il sacro e il profano, il bello e il brutto, il suono eroico e il rumore; fa nascere negli uomini non l’amore, ma la pazzia; li spinge alla risata sdegnosa, invece di alzare i loro pensieri a Dio. Aver bandito queste stravaganze dal circolo dei suoi allievi e averli tenuti invece presso la pura fonte della Natura, dev’essere la soddisfazione più grande per un musicista che, seguendo i passi di Gluck, cerca la sua ispirazione soltanto nella Natura, nonostante le influenze innaturali di oggigiorno.

Il compositore Anselm Huttenbrenner riferì che Salieri parlava sempre di Mozart “con profondo rispetto” e che i due erano in rapporti così amichevoli che Salieri avrebbe prestato a Mozart le partiture conservate nella biblioteca di corte. Oltre all’affermazione di Constanze, quindi, non esiste prova per concludere che Salieri e Mozart fossero nemici. Al contrario, la loro sembra qualificarsi come una sana relazione professionale.

Salieri-2Secondo il film, la gelosia di Salieri si basava sul desiderio, nato quand’egli era ancora un ragazzo in Italia, di diventare “un grande compositore”. E in una sequenza il vecchio Salieri mette in dubbio l’aforisma del suo confessore, secondo il quale “tutti gli uomini sono uguali agli occhi di Dio”: si guardi il divario che è sempre esistito tra lui e Mozart. Si tratta senza dubbio di un eccellente momento drammaturgico; ma il desiderio, che un ragazzo italiano avrebbe formulato attorno al 1760, di diventare “un grande compositore”, rappresenta l’anticipazione di un concetto prettamente ottocentesco. In Amadeus tutto ciò che resta del vero Salieri sono i suoi ruoli di compositore di corte e di Kapellmeister imperiale e la sua golosità per i dolcetti viennesi…

Inoltre, anche se Salieri non raggiunse mai una vera grandezza storica, egli fu un compositore giustamente onorato, la cui abilità nel creare opere per la corte e nell’amministrare il proprio ruolo di musicista non può essere messa in dubbio nel modo più assoluto. Se non è immortale, la sua musica è sempre corretta, elegante, adeguata; e invece la musica di Salieri che si ascolta in Amadeus è semplicistica e del tutto indegna delle sue reali qualità. È indiscutibile che le capacità di improvvisazione e di esecuzione di Mozart fossero assolutamente eccezionali; di quelle di Salieri non sappiamo molto. Mostrare Salieri come un musicista appena competente non è che un espediente drammaturgicamente efficace, poiché accentua il divario tra il suo personaggio e quello di Mozart.

I personaggi minori

Anche il datore di lavoro di Salieri, l’imperatore Giuseppe II, riceve un trattamento che non collima con quanto effettivamente si sa di lui. Shaffer e Forman lo dipingono come un ingenuo e come un musicista maldestro: lo evidenzia la sua affannosa esecuzione della piccola e semplice marcia composta da Salieri.

CorteAl contrario, Giuseppe II era un esperto di musica e un esecutore di un certo livello; frequentava i suoi teatri e prendeva parte alla loro gestione, e quasi tutte le sere riservava un po’ di tempo alla musica da camera, alla quale prendeva spesso parte attiva suonando il violoncello o il pianoforte. Nei suoi anni giovanili, Giuseppe II fu allievo di Wenzel Raimund Birck (1718-1763) e nel 1762 suonò all’organo una litania di Johann Adolf Hasse, composta espressamente per la famiglia imperiale. La reazione di Giuseppe a Die Entführung aus dem Serail (KV 384) di Mozart fu, notoriamente, “troppe note”: oggi consideriamo assurda questa opinione, ma nel diciottesimo secolo era largamente condivisa da esperti e amanti della musica. I sei quartetti di Mozart dedicati a Haydn erano considerati da molti come impenetrabili e ineseguibili, perché c’erano “troppe note sbagliate”! Alcuni acquirenti insoddisfatti restituirono le partiture all’editore Artaria.

L’arcivescovo di Salisburgo, Hieronymus Colloredo, rappresenta nel film l’esatto contrario politico e filosofico di Giuseppe II e i suoi rapporti con l’imperatore non sono buoni. In effetti Colloredo era meno vicino alla famiglia imperiale di quanto non lo fosse stato il suo predecessore, Sigismund Christoph Schrattenbach. La reputazione di Schrattenbach come uomo benevolo e quella di Colloredo come uomo imperioso e difficile derivano soprattutto dalla corrispondenza della famiglia Mozart; ma giudicare l’arcivescovo, o chiunque altro, solo sulla base delle opinioni della famiglia Mozart, significa esprimere un giudizio fondato su una fonte parziale, il cui interesse principale era avere lavoro sicuro e libertà di viaggiare. Colloredo, peraltro, durante il suo periodo di permanenza a Salisburgo come arcivescovo, mise in atto azioni di governo ispirate agli ideali illuministi. È vero che Schrattenbach aveva mostrato maggior benevolenza verso i Mozart; egli fu però descritto da Volkmar Braunbehrens come un “fanatico acido e capriccioso che professava grande devozione e sarebbe stato migliore come prete di bambini che come vescovo”.

La madre di Mozart morì a Parigi nel 1778, il suocero di Mozart a Vienna nel 1779. Shaffer e Forman mettono abilmente a fuoco le personalità dei due genitori viventi della coppia mediante dei paralleli con il Don Giovanni (KV 527) e Die Zauberflöte (KV 620): Leopold Mozart diventa il Commendatore, accompagnato dalle cupe armonie di questa figura, e Maria Caecilie Weber la Regina della Notte. Mozart descrisse Frau Weber a suo padre come una persona molto difficile; l’analogia con la Regina della Notte è quindi una caratterizzazione azzeccata, oltre che davvero suggestiva. Amadeus, perciò, presenta la madre di Constanze, almeno per quanto ne sappiamo, in maniera veritiera.

Una relazione ambivalente

Leopold Mozart completa – con Salieri, Wolfgang e Constanze – il quartetto dei personaggi principali di Shaffer. Nel film l’uomo arriva inaspettatamente a Vienna e lì ha il primo incontro con la nuora. Nella realtà le cose andarono diversamente. Wolfgang e Constanze, infatti, si erano recati a Salisburgo verso la fine del 1783 per una riunione di famiglia, che molti ritengono non sia stata tra le più piacevoli. In effetti, la sequenza di Amadeus combina lo spirito dell’incontro salisburghese del 1783 con la visita di Leopold a Vienna del 1785 e con le difficoltà economiche che Mozart ebbe alla fine degli anni Ottanta.

L’ingresso di Leopold nell’appartamento viennese, il suo sguardo sui bicchieri di vino e i piatti della sera precedente, la sua scoperta di Constanze ancora a letto e le sue domande accusatorie (“non hai una domestica?”, “com’è la tua situazione finanziaria?”, “dicono che tu abbia dei debiti”, “hai degli allievi?” e, a Constanze, “sei in attesa?”) sono tipici dell’odierna visione del vivere onesto; nessuno avrebbe posto domande del genere a un musicista di successo nella Vienna del diciottesimo secolo. D’altra parte, se le domande non sono adeguate per l’epoca, il messaggio che inviano agli uomini e alle donne di oggi riguardo a Leopold è ben chiaro. Probabilmente la principale fonte degli autori per creare il personaggio è stata una lettera indirizzata da Leopold alla baronessa von Waldstädten a Vienna, nella quale il padre di Mozart descrive sé stesso:

Da giovane ero solito pensare che i filosofi sono persone che parlano poco, ridono raramente e girano tutto il mondo con una faccia imbronciata. Le mie esperienze personali mi hanno persuaso che senza saperlo io debbo essere un filosofo.

risataQuando Leopold fece davvero visita a suo figlio, dall’11 febbraio al 25 aprile 1785, Wolfgang era nel pieno della popolarità e aveva ottime entrate. In quel periodo diede sei concerti a sottoscrizione (l’11, il 18 e il 25 febbraio, il 4, l’11 e il 18 marzo); Franz Joseph Haydn fece visita a Leopold il 12 febbraio, in occasione dell’esecuzione dei primi tre dei sei concerti che Wolfgang gli aveva dedicato, e gli disse che suo figlio era “il più grande compositore che egli conoscesse, di persona o di nome”. Il 13 febbraio Mozart suonò il suo concerto per pianoforte KV 456 al Burgtheater; due giorni dopo, nel medesimo teatro, eseguì il concerto per pianoforte KV 466; il 21 febbraio suonò per il conte Zichy; il 10 marzo diede un altro concerto al Burgtheater; il 13 e il 15 marzo la Società dei Musicisti (Tonkünstler Societät) eseguì l’oratorio Davide penitente (KV 469) sempre presso il Burgtheater; il 20 marzo Mozart venne probabilmente prenotato per il concerto di Anna Storace; il 2 aprile suonò i sei quartetti dedicati ad Haydn presso la residenza del barone Wetzlar von Plankenstern; il 24 aprile la cantata massonica (KV 471) venne ascoltata alla loggia “Zur Eintracht”. La sua attività apparve a suo padre frenetica: neppure i viaggi che la famiglia aveva compiuto durante gli anni Sessanta e Settanta potevano essere messi a confronto con tale attività, e il denaro guadagnato da Mozart in questo periodo corrispondeva a parecchi salari annuali di Leopold.

La reazione di Leopold fu, per un impresario par suo, abbastanza insolita. Così scrisse in una lettera alla figlia Nannerl:

Non andiamo mai a letto prima dell’una e non mi alzo mai prima delle nove. Pranziamo alle due e mezza passate. Il tempo è orribile. Ogni giorno ci sono concerti e tutto il tempo viene trascorso a insegnare musica, comporre e così via. Tutto questo mi fa quasi impazzire. Se solo i concerti fossero terminati! Mi è impossibile descrivere il trambusto e la confusione. Da quando sono arrivato, il fortepiano di tuo fratello è stato portato almeno una dozzina di volte in teatro o in qualche altra casa. Egli si è preso un grande pedaliera per il fortepiano, che si colloca sotto lo strumento ed è circa mezzo metro più lunga ed estremamente pesante. Essa viene portata tutti i venerdì al Mehlgrube ed è stata portata anche a casa del conte Zichy e del principe Kaunitz.

Dopo che Leopold ebbe lasciato Vienna, non rivide mai più suo figlio.

Il rapporto di Mozart con suo padre era più ambivalente di quanto Amadeus lasci intendere. L’idea che Mozart aveva del genitore era molteplice, segnata da sentimenti diversi e contraddittori. C’era il padre della sua infanzia, che considerava il figlio come un “miracolo divino” e si dedicò alla sua educazione nel campo musicale (violino, pianoforte e composizione) e in altre branche del sapere. Leopold non solo lo generò, ma lo allevò nel senso più ampio del termine. Gli anni dell’infanzia devono aver prodotto in Wolfgang i sentimenti più affettuosi verso il padre: ma il piccolo Wolfgang aveva una personalità complessa e Leopold esercitava pur sempre una forma di comando e di controllo, guidando i viaggi a Parigi, a Londra, due volte a Vienna e tre in Italia.

Amadeus2Quando Wolfgang raggiunse i vent’anni, il rapporto con il padre venne intaccato sotto un duplice aspetto: da un lato, Leopold non avrebbe più potuto lasciare Salisburgo per accompagnare il figlio in lunghi viaggi; dall’altro Wolfgang cominciò a perdere la condiscendenza giovanile per acquistare la caparbietà della vita adulta. Leopold si fidava poco di suo figlio: quando Wolfgang era a Parigi, si faceva riferire quel che faceva da alcune spie. Lo scopo del viaggio parigino era quello di trovare un posto di lavoro per Wolfgang, posto che non sarebbe mai stato trovato: il viaggio rivelò invece il debole che Wolfgang aveva per le donne e la sua incapacità di amministrare il denaro. Il colpo finale fu la morte della madre, dopo la quale il rapporto padre-figlio non fu più lo stesso: Leopold ritenne Wolfgang responsabile della morte di Anna Maria.

Dopo questo assaggio di libertà dal padre e da Salisburgo, per Wolfgang divenne irresistibile il desiderio di allontanarsi dalla città natale. Il licenziamento dall’impiego presso l’arcivescovo liberò il figlio ma al tempo stesso isolò il padre, il quale voleva che Wolfgang rimanesse a Salisburgo, giacché non lo riteneva capace di gestire la propria vita in maniera indipendente. Leopold considerava il fatto che Wolfgang non avesse alcun incarico a corte come la chiave del disastro, poiché sentiva che il pubblico viennese si sarebbe stancato di lui e che Wolfgang non sarebbe riuscito a farcela.

Più di Leopold, comunque, furono l’arcivescovo e gli altri musicisti locali ad allontanare Mozart da Salisburgo; peraltro, la città natale non era adatta a ospitare un compositore incline a scrivere opere liriche. Infine, c’è da considerare il “fattore Wunderkind”, dal quale Wolfgang non sarebbe mai potuto sfuggire finché fosse rimasto a  Salisburgo: lì ognuno lo conosceva come “il piccolo miracolo” e non come quel giovane di talento che egli era verso la metà degli anni Settanta. Anche se “dopo Dio c’è papà”, come usava dire da bambino, in seguito al trasferimento a Vienna e al matrimonio con Constanze la sua lotta per l’indipendenza era essenzialmente vinta.

Wolfgang non era certamente abile quanto suo padre nel controllare gli altri per i propri scopi; era anzi abituato a essere controllato, guidato, assecondato. Già nel 1769, Johann Adolf Hasse aveva scritto:

[Leopold] Mozart è un uomo molto educato e cortese, e i bambini sono ben allevati. Il maschietto, inoltre, è bello, vivace, aggraziato e pieno di buone maniere: conoscendolo, è difficile evitare di amarlo. Sono sicuro che se il suo sviluppo terrà il passo con i suoi anni, egli diventerà un prodigio, purché suo padre non lo vizi troppo o lo guasti con eccessivi elogi: questa è l’unica cosa che temo.

E ancora, nel 1771:

Il giovane Mozart è certamente meraviglioso per la sua età e mi piace infinitamente. Il padre, per quanto posso vedere, è scontento ovunque vada, visto che anche qui si è profuso nelle solite lamentele. Egli adora suo figlio un po’ troppo e perciò fa tutto ciò che può viziarlo. Ma io ho una tale opinione del buon senso naturale del ragazzo che spero che non diventerà viziato, a dispetto dell’adulazione del padre, ma che crescerà come un uomo onesto.

Nel dicembre dello stesso anno, invece, l’imperatrice Maria Teresa scrisse a suo figlio Ferdinando, governatore di Milano, una lettera nella quale esprimeva alcune riserve sulla famiglia Mozart:

Mi chiedete di prendere al vostro servizio il giovane salisburghese. Non ne comprendo la ragione, giacché non credo abbiate bisogno di un compositore o di altre persone inutili. Se comunque è vostro piacere, non voglio impedirvelo. Ciò che dico vuole soltanto premunirvi dal farvi carico di persone inutili e dal concedere a persone di tal genere riconoscimenti che attestino il loro servizio presso di voi. Altrimenti, quel servizio ne può risultare degradato quando poi queste persone, vantandosene, vanno in giro per il mondo come dei mendicanti.

Aver attribuito la nera maschera bifronte indossata da Leopold sia al Commendatore che al messaggero che commissiona il Requiem (KV 626) è un altro esempio dell’intelligenza teatrale di Shaffer. Non c’è nulla, tuttavia, che ci induca a ritenere che Mozart pensasse a scrivere questa composizione in memoria di suo padre. Il Requiem fu commissionato dal conte Walsegg-Stuppach per sua moglie e la sua intenzione era quella di attribuirsi la paternità della composizione, cosa che faceva spesso.


Fine della prima parte dell’articolo. Nell’attesa della seconda, a proposito di Leopold Mozart, vi invito a visitare questa pagina. Buon compleanno, Wolfgang!


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