Seconda parte dell’articolo (qui la prima) dedicato all’intento di stabilire una verità storica rispetto a quella drammaturgico-filmica del classico Amadeus, scritto per il teatro e poi per il cinema da Peter Shaffer e portato sul grande schermo da Milos Forman.
Amadeus e Mozart
di A. Peter Brown. Seconda parte
Purtroppo per Constanze (la moglie di Mozart, interpretata nel film da Elizabeth Berridge), Amadeus enfatizza gli aspetti negativi del suo carattere. Se Leopold, nel mondo di Wolfgang, veniva subito “dopo Dio”, Constanze doveva trovarsi da qualche parte nella medesima costellazione: solo attraverso il rapporto con lei Wolfgang poté manifestare e rafforzare la propria indipendenza. Questo è stato ben evidenziato in Amadeus. Al contrario, sembra del tutto privo di fondamento il ritratto di lei come quello di una giovinetta sventata che partecipa ai puerili giochi verbali di Wolfgang (i quali coinvolgono coprolalia, coprofilia e allusioni sessuali) nella residenza viennese dell’arcivescovo di Salisburgo, prima di un ricevimento e di una accademia musicale. Ancora una volta, la cronologia e la credibilità storiche sono state modificate per ragioni drammaturgiche: Wolfgang di certo non faceva le capriole con Costanze prima della sua rottura con l’arcivescovo e, nel modo più assoluto, non lo fece sotto lo sguardo (esterrefatto) di Salieri. In una lettera al padre, Mozart peraltro riferisce come la sua relazione con la figlia di Fridolin e Maria Caecilie Weber fosse iniziata solo in seguito.
Ancora una cosa devo dirle: quando mi dimisi dal servizio presso l’arcivescovo, il nostro amore non era ancora cominciato. Esso nacque grazie alle tenere cure e attenzioni che Constanze mi prestò quando abitai presso di Weber.
Comunque, alla fine dei conti, di Constanze Mozart née Weber sappiamo poco. Sappiamo di certo che non era apprezzata né da Leopold, né dalla sorella di Wolfgang, Nannerl. In base al comportamento che tenne quando rimase vedova, possiamo affermare che Constanze ebbe un considerevole acume sia per la musica, sia per gli affari: fece molto per favorire la reputazione del marito defunto, e quella di sé stessa. L’accusa rivoltale dalla letteratura pre-femminista, secondo la quale Constanze era indegna del genio di suo marito e non lo comprese, è palesemente ingiusta: questa accusa si sarebbe potuta rivolgere contro chiunque Wolfgang avesse sposato. Arthur Schurig, in un libro a lei dedicato, affermò che era “gretta, meschina, vanitosa, avida, superstiziosa e pettegola”. Chiunque abbia letto la corrispondenza della famiglia Mozart sa che tutti questi aggettivi si possono tranquillamente applicare anche ai Mozart, i suoi parenti acquisiti.
La descrizione più dettagliata di Constanze ci viene da una fonte non imparziale: Wolfgang stesso. Prima del matrimonio, infatti, egli tentava di convincere Leopold delle qualità della donna che amava:
Ma prima che io smetta di infastidirla con le mie chiacchiere, devo informarla meglio sul carattere di Constanze. Ella non è brutta, ma al tempo stesso è lontana dall’essere bella. Tutta la sua bellezza consiste in un paio di piccoli occhi neri e in un aspetto grazioso. Non ha intelligenza, ma ha abbastanza buon senso da permetterle di adempiere ai suoi doveri di moglie e di madre. Dire che tende ad essere stravagante è una bugia bella e buona. Al contrario, è abituata ad essere vestita modestamente: quel poco che sua madre ha potuto fare per le sue figlie, l’ha fatto per le altre due e mai per Constanze. È vero, le piacerebbe vestirsi più elegantemente, ma senza ostentazione. La maggior parte di ciò che serve ad una donna, lei è capace di farselo da sola ed è lei stessa che si acconcia i capelli ogni giorno. Inoltre, se ne intende di economia domestica e ha il cuore più gentile del mondo. Io amo lei e lei ama me con tutto il cuore. Mi dica se potrei augurarmi una moglie migliore!
Infine, Shaffer e Forman insinuano il sospetto che Constanze avrebbe potuto essere infedele al marito quando fece le cure termali a Baden. Si era già avanzata l’ipotesi che avesse avuto una relazione con l’allievo e copista di Mozart, Franz Xaver Süssmayr, il quale pure si trovava a Baden negli stessi periodi. Come ulteriore indizio, alcuni autori hanno osservato che dopo la morte di Mozart la salute di Constanze sembrò ritornare definitivamente buona. Ma si deve anche notare che Constanze non rimase più incinta. È stato persino suggerito che l’ultimo figlio, nato il 26 luglio 1791 e chiamato Franz Xaver Wolfgang, fosse di Süssmayr. Questa ipotesi è del tutto insostenibile, poiché Franz Xaver Wolfgang portava il marchio genetico più evidente di suo padre: l’orecchio sinistro deforme.
Tutto sommato, dunque, non si può sensatamente affermare che Constanze fosse una donna di poco conto. A criticarla è soprattutto una comunità di musicologi maschilista. Possiamo supporre che l’alterazione della corrispondenza di famiglia, che Constanze mise in atto senza dubbio, abbia irritato gli studiosi e abbia permesso di avanzare sospetti sulle sue buone intenzioni; ma ciò significa applicare i principi della scienza biografica odierna a comportamenti risalenti a due secoli fa. Forse si può paragonare Constanze a un’altra donna della vita di Mozart: sua madre, Anna Maria Pertl. Sappiamo pochissimo di lei, ma quel poco che sappiamo, riguardo al suo ingegno e alle sue inclinazioni, ci fa credere che un accostamento tra le figure di queste due donne offra spunti interessanti. Entrambe furono capaci di adattare il proprio comportamento alle circostanze esterne, mantenendo un notevole grado di anonimato.
Una mente mediocre e scherzi infantili
Amadeus ritrae Mozart (Tom Hulce), secondo le parole di Salieri, come “una sciocca creatura oscena”. Nell’opera, il ritratto più controverso è proprio quello di Wolfgang Amadeus Mozart.
Come si può caratterizzare un fenomeno inspiegabile? Su molti compositori minori del periodo di Haydn e Mozart il problema che abbiamo è la mancanza di documentazione; su Mozart e sulla sua famiglia abbiamo, invece, una pletora di documenti: diari, lettere, annotazioni, recensioni, memorie, cataloghi e gli stessi autografi della sua musica. Eppure, in un acuto scritto, Alan Tyson si domanda: “Cosa sappiamo veramente di Mozart, e cosa possiamo veramente sapere di lui?” Questa abbondante documentazione ci apre davvero la mente di un genio musicale? La biografia dell’uomo si integra con la musica dell’artista oppure non c’è alcuna relazione tra l’uomo e l’arte? A quest’ultima domanda Shaffer risponderebbe chiaramente di no. Il Wolfgang di Shaffer, nelle parole del suo Salieri, era “una sciocca creatura oscena”. E quando il Salieri di Shaffer si meraviglia della natura “miracolosa” e della “sublimità” della musica mozartiana, la dicotomia tra l’uomo e la musica si evidenzia con estrema chiarezza. Perciò, una domanda implicita ma fondamentale in Amadeus è: esiste una relazione tra la personalità di Mozart e la sua produzione artistica?
Una domanda di questo genere potrà essere posta a partire dal diciannovesimo secolo, non nel diciottesimo. Al tempo di Mozart i requisiti indispensabili per un compositore non erano né la genialità né l’affermazione di una forte personalità artistica; piuttosto, era essenziale essere in grado di scrivere una musica appropriata per una qualche occasione. Fu creato, disegnato e accettato un lessico di idee musicali adatte ad ogni genere: un compositore poteva attingere da questo serbatoio e creare un prodotto musicale del tutto comprensibile per il suo pubblico. Mozart, però, era capace di manipolare questo vocabolario sia dal punto di vista tecnico che da quello affettivo, creando così profondità di espressione del tutto nuove. È all’interno dello stile “perfetto” degli ultimi decenni del diciottesimo secolo che lui operò. Perciò non ci si deve stupire più di tanto se l’uomo e la musica che quell’uomo creava erano molto divergenti. Karoline Pichler, una donna di lettere del tempo, osservò:
Mozart e Haydn, che io conobbi bene, erano uomini i cui rapporti sociali non erano contraddistinti da alcun sintomo di insolita potenza intellettuale o culturale, né di erudizione o altri interessi di alto livello. Un’attitudine mentale piuttosto ordinaria, scherzi infantili e, nel caso del primo, un modo di vita irresponsabile erano tutto ciò che li distinguevano in società. Ciononostante, quali profondità, quali mondi di fantasia, armonia, melodia e sentimento si celavano dietro questa esteriorità poco promettente!
Quando il Salieri di Amadeus esamina gli autografi di Mozart, si meraviglia di non vedere alcuna correzione sulla partitura: “È un miracolo!” dice a Constanze. Neppure tale osservazione è del tutto corretta. È vero che Mozart, come qualsiasi compositore del suo tempo, era in grado di lavorare a gran velocità, ma ci furono molte false partenze e parecchie composizioni lasciate in sospeso per uno o due anni; di alcune composizioni ci sono rimasti solo gli abbozzi. Riguardo ai sei Quartetti dedicati a Haydn, Mozart affermò nella lettera che costituì la prefazione alla loro pubblicazione: “Essi sono, invero, il frutto di uno studio lungo e laborioso”. Quando il Wolfgang di Shaffer dice a Schikaneder che Die Zauberflöte (KV 620) è tutto nella sua “zucca” e ha soltanto bisogno di essere scritto, dice meno di una mezza verità. Certamente, la concezione di molta parte della composizione poteva essere già stata formulata nella mente del genio. Ma la scrittura delle note sulla carta richiedeva con altrettanta certezza diversi cambiamenti e diverse rielaborazioni: anche una volta che le prove dell’opera erano cominciate, si era sempre pronti a cambiare qualcosa, per sistemare la trama o i personaggi.
Il mondo dell’opera lirica del diciottesimo secolo, così come Shaffer lo raffigura in Amadeus, in alcuni casi risponde alla realtà storica, in altri molto meno. Per esempio, la creazione di un’opera cominciava con la scelta di un soggetto; in seguito veniva commissionata a un poeta la scrittura del libretto; infine, veniva dato l’incarico di creare la musica a un compositore, dal quale ci si aspettava che avrebbe adattato le arie alle caratteristiche vocali dei cantanti già ingaggiati. Presentare alla corte un’opera già completa non era pensabile. Perciò, in Amadeus il direttore dell’Opera imperiale, il conte Franz Xaver Orsini-Rosenberg, segue solo la normale procedura quando si meraviglia della presunzione di Mozart nello scegliere un libretto, considerato soprattutto che in questo caso si tratta di Figaro, già colpito dal divieto di apparire sulle scene.
Amadeus in qualche modo insinua che Die Entführung aus dem Serail (KV 384) sia un’opera particolare, poiché è ambientata in Turchia e si svolge in un harem. Ma non si trattava di un fatto insolito: Mozart aveva già lavorato su un frammento che ci è giunto con il titolo di Zaide (KV 344), che aveva un’ambientazione analoga. Quando Mozart tenta di perorare la causa di Die Entführung aus dem Serail come opera, sostiene il genere dell’opera buffa contrapponendolo all’opera seria, come se l’opera buffa fosse qualcosa del tutto ignoto a Giuseppe II e a Vienna; questo è falso. L’opera buffa era rappresentata nei teatri viennesi con grande successo. Quando Mozart mette a confronto la freddezza di un Ercole (ovvero di un personaggio tipico dell’opera seria) con la vitalità di un Barbiere (cioè di Figaro), dice di trovare il Barbiere molto più divertente. Questo era già stato riconosciuto dal pubblico viennese che aveva tributato grande successo a Il barbiere di Siviglia di Paisiello, del quale Le nozze di Figaro costituiscono il seguito. L’opera seria è raffigurata come un genere ormai morto negli anni Ottanta del diciottesimo secolo: secondo le parole messe in bocca a Mozart, essa “caca marmo”.
Tale idea fu formulata da alcuni musicologi tedeschi, nel vano tentativo di attribuire a Mozart il ruolo di fondatore di un nuovo genere, l’opera buffa appunto. Al contrario, si può affermare che l’opera seria fosse un genere ancora vitale: l’ultima opera di Mozart, La clemenza di Tito (KV 621), è un’opera seria; il genere, inoltre, continuerà a prosperare nel corso del diciannovesimo secolo, come testimonia non solo la popolarità goduta da La clemenza di Tito, ma anche il successo di compositori italiani quali Rossini, Donizetti, Bellini e Verdi. In Amadeus il discorso che Mozart fa all’imperatore sul gran finale de Le nozze di Figaro (KV 492), sottolineandone la lunghezza, la mancanza di recitativi e l’accumulazione dei personaggi dal duetto all’intero complesso di cantanti, lo fa apparire come portatore di un’idea nuova. Ma per la verità è del suo librettista, Lorenzo da Ponte. Anche il modo in cui fuorno accolte Le nozze di Figaro è falsato per ragioni rappresentative: Amadeus lo dipinge come un fallimento, ma nella realtà l’imperatore fu costretto a impedire che venisse chiesto il bis, altrimenti l’esecuzione di un’opera già di per sé lunga sarebbe continuata all’infinito.
Infine, bisogna affrontare la questione della direzione delle opere liriche. In Amadeus, sia Salieri che Mozart dirigono le loro opere come dei direttori d’orchestra del giorno d’oggi. Ma nel diciottesimo secolo le cose andavano molto diversamente: le responsabilità della direzione erano divise tra il primo violino, che guidava l’orchestra, e il suonatore dello strumento a tastiera, che era responsabile delle voci e aveva un ruolo di assistente all’orchestra. Per le prime esecuzioni di un’opera, il compositore suonava il clavicembalo o il fortepiano e dirigeva i cantanti con pochi cenni essenziali.
“Un giovane e onesto Mozart”
Un aspetto importante che emerge sia dalla versione teatrale che da quella cinematografica di Amadeus è il comportamento di Mozart: fa le capriole con Constanze nella sala di una residenza nobiliare, usa un liguaggio sconveniente, fa pubblicamente la parodia di Salieri, ha una grande opinione di sé, è un inguaribile spendaccione e soprattutto manca di rispetto all’imperatore e all’arcivescovo. Per un comportamento del genere, come minimo, l’arcivescovo di Salisburgo e l’Imperatore avrebbero dovuto bandirlo dalla corte. Sebbene il protocollo fosse stato allentato durante il regno dell’imperatore “del popolo”, è inimmaginabile che qualcuno potesse dire a Giuseppe II che una sua affermazione era “assurda”. La conseguenza sarebbe stata che nessuna opera, mai più, sarebbe stata commissionata a Mozart e che nessun teatro sarebbe stato mai più disposto ad accoglierle. Senza dubbio, nella realtà, Mozart deve aver trattato l’imperatore e il suo seguito con grande rispetto.
Il vizio di bere di Mozart è una tematica secondaria che percorre la trama di Amadeus. In verità sembra che molto raramente egli bevesse all’eccesso, se non negli ultimi due anni della sua vita. Durante l’estate del 1791, quando Constanze era a Baden, egli “era solito bere champagne con Schikaneder per tutta la mattina e punch tutta la notte”. Ma questa testimonianza è di Ignaz Ernst Ferdinand Karl Arnold, che non aveva conoscenza diretta dei fatti. Mentre gli scrittori alcolizzati sono una legione, il vizio del bere sembra piuttosto raro tra i compositori.
Amadeus affronta anche il tema della condotta extraconiugale di Mozart. La scena in questione è quella successiva alla prima rappresentazione de Die Entführung aus dem Serail (KV 384): Constanze viene presentata all’imperatore come la fidanzata di Mozart; di conseguenza Caterina Cavalieri, primadonna e di fatto amante di Salieri, dà un ceffone a Mozart. Salieri osserva con il fiato corto che “Mozart l’aveva avuta”. Riguardo alle avventure sessuali di Mozart all’infuori di Constanze, si possono fare soltanto delle supposizioni. Alcuni biografi hanno scritto che Mozart era innamorato di quasi tutte le sue allieve di pianoforte, delle prime donne e di sua cugina Maria Anna Thekla Mozart (“Bäsle”), alla quale scrisse numerose lettere traboccanti di infatuazione. D’altra parte non si può stabilire con certezza se Mozart sia stato realmente innamorato di tutte queste donne, o abbia avuto rapporti sessuali con loro; se l’avesse fatto, il suo “catalogo” potrebbe rivaleggiare con quello di Don Giovanni. Occorrerebbe prendere in considerazione soprattutto due lettere, che suggeriscono una maggior prudenza nelle valutazioni. La prima riguarda la sifilide del compositore boemo Joseph Mysliwecek: il suo naso era diventato tutto pieno di pustole e l’uomo aveva rischiato di morire. Mozart lo vide di persona ed era ben consapevole della causa di tale malattia, per cui scrisse a suo padre:
Ci sono persone le quali pensano che nessuno possa amare una povera ragazza senza avere scopi ignobili: e la parola “maitresse” è davvero molto affascinante, benché significhi put…a nella nostra lingua. Ma io non sono Brunetti! Non sono Mysliwecek! Sono un Mozart, un giovane e onesto Mozart.
Nel dicembre 1781, scrisse di nuovo:
Mi permetta, perciò, di esporle le mie ragioni, che dopo tutto sono molto ben fondate. La voce della natura parla in me tanto forte quanto negli altri, un po’ più forte, forse, di quanto faccia negli individui rozzi e zotici. Ma semplicemente io non posso vivere come fa la maggior parte dei giovani d’oggi. In primo luogo, io sono troppo religioso; in secondo luogo, amo troppo il mio prossimo e ho troppo senso dell’onore per sedurre una ragazza innocente; in terzo luogo, ho troppo orrore e disgusto, troppo timore e troppa paura delle malattie, troppa cura della mia salute per scherzare con le prositute.
È certamente possibile che Mozart stesse mentendo a suo padre, come fece spesso durante e dopo il suo viaggio a Parigi nel 1777-1778. Ma l’incontro con Mysliwecek deve aver prodotto su di lui una forte impressione riguardo ai pericoli del vivere licenzioso, specialmente per un giovane uomo così attento al proprio aspetto esteriore.
Non apprezzato e non compreso
Alcuni autori ci inducono a credere che la prematura morte di Mozart fu causata dallo stile di vita dei suoi ultimi anni: questa idea sembra aleggiare anche nelle ultime scene di Amadeus. Altri autori sostennero la tesi dell’avvelenamento. Numerosi medici e storici della medicina hanno tentato di fare una sorta di tardiva autopsia, sulla base dei meri resoconti del tempo: la causa della morte sarebbe stata, secondo le ipotesi più accreditate, il tifo o una febbre reumatica. L’indagine più completa, tuttavia, condotta dal dottor Peter J. Davies, giunge alla conclusione che Mozart morì per via della sindrome di Schonlein-Henoch, causata da un’infezione da streptococco contratta il 18 novembre durante il raduno di una loggia massonica. Nessuna delle diagnosi avanzate nel corso degli ultimi duecento anni, in ogni modo, ha risolto definitivamente la questione. Bisogna dire, peraltro, che non si sarebbe versato così tanto inchiostro sulla questione della morte di Mozart se non ci fosse stata la diceria dell’avvelenamento.
Dal punto di vista medico, più interessante ci sembra la possibilità di analizzare la sua attività creativa sulla scorta delle scienze psicologiche. Come mai Mozart produsse così tanta musica in certi periodi e così poca in altri? Il dottor Davies ritiene che Mozart soffrisse di una malattia ciclica, che gli provocava momenti di buon umore alternati a momenti depressivi, senza peraltro avere conseguenze sul piano psichico. Davies sottolinea che “gli artisti sono capaci di avere scoppi stupefacenti di attività creativa… e Mozart ne è l’esempio estremo”. Cominciando dalla fine degli anni Settanta, Davies individua cinque di questi “scoppi”: (1) Mannheim, 1777-78; (2) Monaco di Baviera, 1780-81; (3) Vienna, prima metà del 1786; (4) Vienna, estate 1788; (5) Vienna, primi mesi del 1791. Per esempio, nel terzo periodo, Mozart terminò Le nozze di Figaro (KV 492), Der Schauspieldirektor (KV 486), i due Concerti per pianoforte KV 488 e KV 491, il Quartetto per pianoforte e archi KV 493, il Concerto per corno KV 495 e alcuni altri lavori. C’è da dire che i periodi di produttività evidente e provata (come quando un’opera veniva completata e andava in scena) potrebbero affondare le radici in periodi precedenti di preparazione. Ma con l’eccitazione provocata da una prima esecuzione come quella de Le nozze di Figaro, il comportamento di Mozart, secondo Davies, potrebbe essere uscito dai normali binari. Davis ritiene anche possibile che Mozart soffrisse di una dipendenza narcisistica, che richiederebbe “un regolare apporto di amore da un oggetto molto amato”. Con questa combinazione di fattori psicologici e dei problemi normalmente incontrati da un musicista indipendente, non c’è da stupirsi se in certi periodi Mozart ha avuto difficoltà nel terminare i propri lavori.
Amadeus ritrae Mozart secondo l’immagine che di lui si creò nel diciannovesimo secolo: un genio non apprezzato e non compreso, la cui situazione finanziaria era sempre precaria, con pochi spiccioli da parte; inoltre, dopo il 1781 Mozart vi viene collocato in un grande appartamento nel centro di Vienna. Nella realtà, Mozart cambiò spesso la propria residenza e il suo reddito, secondo recenti studi, era insolitamente alto per un musicista, e lo inseriva, almeno in alcuni anni, nel novero degli abitanti più ricchi di Vienna. Mozart, insomma, non fu mai povero secondo gli standard del suo tempo. L’idea di un compositore impoverito viene da una serie di lettere che egli scrisse fra il 1788 e il 1791 a un suo fratello massonico, Michael Puchberg, chiedendo denaro in prestito. Ad esempio, il 12 luglio 1789 Mozart scrive:
CARISSIMO, AMATISSIMO E STIMATISSIMO FRATELLO!
Gran Dio! Non augurerei al mio peggior nemico di trovarsi nella mia attuale situazione. E se voi, amatissimo amico e fratello, mi abbandonate, siamo tutti perduti, sia io, sfortunato e meschino, che la mia povera moglie ammalata e il mio bambino. Soltanto l’altro giorno, quando ero con voi, stavo bramando di aprirvi il mio cuore, ma non ho avuto il coraggio – e invero non ce l’avrei neppure ora, e perciò ho paura di scrivere e tremo mentre lo faccio. Non oserei neppure scrivervi, se non fossi certo che voi mi conoscete e sapete qual è la mia situazione e di conseguenza siete assolutamente persuaso della mia innocenza per quel che riguarda la mia sfortunata e dolorosa condizione. Buon Dio! Vengo da voi non già con ringraziamenti, ma con nuove richieste! Invece di pagare i miei debiti, chiedo altro denaro!
Da lettere come questa e dalla mancanza di altre notizie, si è concluso che Mozart fu poco apprezzato dal pubblico viennese.
Diversi fattori minarono la situazione finanziaria di Mozart. Il suo reddito veniva essenzialmente da cinque fonti: apparizioni pubbliche e private come pianista, concerti a sottoscrizione, lezioni, commissioni e pubblicazioni. Tali fonti di reddito erano condizionate, come lo sono oggi, dalle condizioni economiche generali del paese. Alla fine degli anni Ottanta, l’Austria fu coinvolta nella guerra turca e molti mecenati di Mozart erano nell’esercito o comunque non si trovavano nelle loro residenze viennesi; l’imperatore stesso andò in guerra nel corso del 1788. Inoltre, Constanze si era ammalata e aveva bisogno di andare a Baden per curarsi: la sua caviglia ulcerata poteva essere pericolosa. Le cure ai bagni termali, usati solo dai ricchi, devono essere state molto costose. Nel corso degli ultimi anni Ottanta, sembra che Mozart abbia tentato di concentrare le sue attività alla sola composizione. Malgrado la situazione economica generale e la loro personale, i Mozart continuarono a vivere secondo il solito stile, dovendo perciò affrontare temporanee mancanze di contanti. La situazione fu aggravata da un lato dalla loro incapacità di conservare almeno una parte dei guadagni fatti nel corso dei primi sei o sette anni Ottanta, e dall’altro da una causa intentata contro Mozart dal principe Karl Lichnowsky, il quale chiedeva la restituzione di una cospicua somma di denaro. Ciononostante, se Mozart fosse vissuto più a lungo, avrebbe probabilmente eguagliato o addirittura superato i considerevoli guadagni fatti da Haydn nel corso degli anni Novanta.
La notevole disparità tra le notevoli entrate e le scarse uscite dei primi anni Ottanta ha indotto la studiosa mozartiana Uwe Kramer a chiedersi cosa accadesse ai soldi di Mozart. Kramer è giunta alla conclusione che buona parte del denaro veniva giocato a biliardo e a carte. Sebbene ciò non possa essere provato né smentito, alcune asserzioni circa lo stile di vita di Mozart possono essere interpretate come velati riferimenti al gioco d’azzardo. Peter J. Davies ritiene che le caratteristiche della personalità di Mozart, combinate con il suo ambiente, potrebbero averlo indotto a tale comportamento.
Il racconto che Amadeus fa degli ultimi giorni di vita di Mozart e del suo seppellimento è un misto di invenzione e diceria tramandata. La presenza di Salieri alla rappresentazione de Die Zauberflöte (KV 620) del 13 ottobre 1791 è messa a poca distanza dalla morte di Mozart, che nella realtà avvenne il 5 dicembre. Secondo il racconto di Shaffer, Salieri assiste Mozart mentre questi compone il Requiem (KV 626) durante una breve malattia che lo condurrà alla morte. In verità, la vedova di Mozart chiese ad almeno tre compositori di completare l’ultima opera del marito, compito che infine fu affidato a Franz Xaver Süssmayr, e inoltre la malattia finale durò per tre settimane, non poche ore.
Furono Constanze e la sua famiglia a prendersi amorevolmente cura di Wolfgang. Il funerale e la sepoltura furono disposti dal barone Gottfried van Swieten, che aderì alle direttive giuseppine in tema di sepolture ed era altresì a conoscenza della situazione finanziaria del defunto. Amadeus rappresenta una modalità probabilmente accurata della sepoltura del morto: agli occhi degli uomini di oggi, il buttare il corpo avvolto dentro un sacco in una fossa comune deve sembrare il peggiore degli insulti, ma bisogna evidenziare che questa, nel 1791, era la sepoltura tipica per almeno l’ottantacinque per cento della popolazione di Vienna. Era la norma, non una procedura riservata solo ai poveri.
Interpretazioni errate
Amadeus è solo uno tra i tanti tentativi di sfruttare il fascino di Mozart, che perdura ormai da oltre due secoli. Due libri assai diffusi, inoltre, interpretano liberamente la biografia e il carattere del Maestro: Mozart di Wolfgang Hildesheimer e Mozart e Constanze di Francis Carr. Hildesheimer fornisce diverse informazioni grazie ad ampi stralci delle lettere, ma le sue speculazioni circa la vita amorosa di Mozart e il distacco emotivo che l’avrebbe tenuto alla larga dal mondo circostante hanno poco fondamento. Egli considera Mozart come un uomo dalla personalità artificiosa e fondamentalmente privo di sensibilità, misurandolo erroneamente con il metro dei comportamenti del nostro tempo. Poco avvezzo ai metodi dell’attuale ricerca storica, Hildesheimer sostiene alcune delle vecchie dicerie senza fondamento e ne aggiunge di nuove. Come quello di Amadeus, il suo Mozart è un personaggio affascinante: il libro contiene acute osservazioni mescolate a interpretazioni errate.
Un altro biografo dall’approccio non del tutto scientifico, Francis Carr, dà l’impressione di voler ricercare la verità storica nei documenti del tempo, e nel libro peraltro ringrazia gli studiosi del Mozarteum di Salisburgo per il loro aiuto. Carr fa rivivere l’ipotesi dell’avvelenamento, non accusando Salieri, ma Franz Hofdemel, a causa di una relazione (inventata da Carr) che Mozart avrebbe avuto con la moglie di Hofdemel, Magdalena, che era sua allieva di pianoforte. Hofdemel, alcuni giorni dopo la morte di Mozart, sfigurò sua moglie e poi si suicidò. Mentre il triste destino di Hofdemel è vero, l’unico collegamento esistente con Mozart sta nel fatto che egli era un fratello massonico e creditore del compositore. Altrimenti, solo una mera coincidenza di tempo e di luogo può essere vista tra la morte di Mozart e il suicidio di Hofdemel. Il libro di Carr non è altro che una biografia “scandalistica” mascherata sotto la parvenza della documentazione.
La commedia e il film Amadeus, così come i libri di Hildesheimer e Carr, hanno tratto il loro successo dall’indubitabile fascino che Mozart ha per noi oggi. Senza il nome di Mozart, il profondo interesse per questi prodotti della nostra cultura non esisterebbe. Per quelli che vogliono lettere, memorie e altre fonti di prima mano, al fine di formare la loro propria interpretazione, questi documenti sono facilmente disponibili: essi, comunque, non vanno presi “come fatti”, poiché quasi tutti gli autori di lettere e memorie, così come gli inventori di dicerie, avevano le loro convinzioni personali. È proprio da tali documenti e dalla loro interpretazione che sono fiorite le mitologie mozartiane.
In conclusione, perché Mozart suscita tanta attenzione? Forse perché si vuole tentare di capire l’uomo che sta dietro la musica. Sebbene la musica di Mozart sia riconosciuta come universale, ha ricevuto varie interpretazioni del suo significato profondo. Per esempio, l’opinione critica della Sinfonia n. 40 in sol minore (KV 550) è unanimemente ammirata, ma il suo carattere rimane elusivo. Robert Schumann la trovava classica nel senso proprio del termine, piena di “leggerezza e grazia greca”. Alfred Einstein la giudicava un “pezzo fatalistico di musica da camera”. Jens Peter Larsen riteneva che non fosse espressione di uno stato d’animo personale. Robbins Landon affermava che essa appartiene a una serie di lavori che rivelano il lato nascosto delle tendenze maniache di Mozart. Jack Westrup vi trovava lo spirito dell’opera buffa. Probabilmente non esiste un altro lavoro sinfonico che abbia suscitato una tale varietà di reazioni da parte dei critici; ma forse è proprio questa varietà di reazioni di fronte alla sua musica che spiega le diverse interpretazioni della persona. Forse è solo in questo senso che le biografie, con le loro spiegazioni dell’uomo, sono parallele all’interpretazione della musica. Se dal punto di vista storico qui si è cercato di fare chiarezza, dobbiamo comunque riconoscere che il personaggio di Salieri del film Amadeus ha ragione su un punto fondamentale: il “fenomeno Mozart” trascende ogni spiegazione.
Saggio di A. Peter Brown pubblicato su “The American Scholar”, Volume 61, Numero 1, Inverno 1992. Originale in lingua inglese qui.