Cercate nell'occhio del ciclone, lei sarà lì. Bellissima, elegante, sicura di sé. Sempre al centro, sempre sotto i riflettori. Ammirata e odiata. L'avvocato Amal Alamuddin, incidentalmente divenuta, il 27 settembre scorso a Venezia, signora Clooney, è molto più che l'affascinante moglie di uno degli attori più pagati e ricercati di Hollywood. Amal Alamuddin è, soprattutto, uno dei principi del Foro più stimati a livello internazionale. Una di quegli avvocati che nelle aule di tribunale fanno tremare i polsi agli avversari. Talmente famosa, ricercata e stimata, da far ironicamente titolare al giornale online americano Businesswoman "L'avvocato Amal Alamuddin ha sposato un attore". Un'esagerazione? Forse. Ma provate a pensare a vicende giudiziarie internazionali spinose e delicate, dal caso Assange alla prigionia di Yulia Tymoshenko: lei sarà lì, a difendere cause spesso impossibili. E pericolose.
Scordatevi insomma l'immagine di invidiata moglie dell'uomo che tutte le donne desiderano. Cancellate i vestiti meravigliosi, l'anello da 600 mila euro, regalo del devoto George, dimenticate il matrimonio più glamour dell'anno. O almeno, a quelle immagini sovrapponete quella di una donna decisa e speciale. Una di quelle che rischiano la vita perché il loro nome rimbalza da Mosca a New York, dal Cairo a Beirut. Tanti nemici tanto onore. Ma anche tanto pericolo. L'ultimo scontro, e non da poco, l'avvocato Amal Alamuddin l'ha avuto con il governo egiziano del generale Abdel Fattah al-Sisi. La signora Clooney fa infatti parte del collegio difensivo di Mohamed Fahmmy, Peter Greste e Baher Mohamed, i tre giornalisti di Al Jazeera accusati dal governo del Cairo di aver fiancheggiato l'attività dei Fratelli Musulmani, organizzazione ora dichiarata fuorilegge. I tre sono stati condannati nei mesi scorsi a pene tra i sette e i dieci anni. Ora è stata decisa una revisione del processo.
La notizia non ha però entusiasmato Amal, il cui commento ("Se i giudici saranno ancora scelti dal governo, la revisione non servirà a nulla") non è andato giù ai militari che, più o meno velatamente," hanno fatto sapere che la presenza della signora avvocatessa non sarebbe stata gradita in Egitto: "Mi è stato impedito di fare il mio appello al Cairo", ha poi spigato Amal. "Mi hanno chiesto: "Il suo rapporto critica l'operato dell'esercito, del potere giudiziario, del governo"? Io ho riposto sì. E loro: "Bene, così rischia l'arresto"". Sottinteso: "Io comunque continuerò a fare ciò che ho sempre fatto". Risultato: marcia indietro immediata del governo egiziano. "Non abbiamo mai detto nulla contro l'avvocato Alamuddin", si è affrettato a far sapere il governo del Cairo. Amal è una che difficilmente arretra, lo testimonia la sua storia professionale. Laureata in Giurisprudenza a Oxford, in Inghilterra, dove la sua famiglia si era trasferita dalla patria d'origine, il Libano, si è poi specializzata alla New York University.
Da qui, il primo stage, certamente non alla portata di tutti, negli uffici di Sonia Sotomayor, oggi uno dei nove giudici della Corte suprema americana. Nel 2002 arrivò l'assunzione nello studio-colosso Sullivan&Cronwell. Uno dei primi casi che Amai venne chiamata a seguire fu il crollo della Enron, una delle più grandi multinazionali statunitensi nel campo dell'energia. Da lì in poi è stato un crescendo: Amai ha iniziato a collaborare con lo studio inglese Doughty Street Chambers, specializzato in Diritti umani, seguendo in prima persona vicende delicatissime, dai crimini di guerra commessi in Sierra Leone alle accuse contro il dittatore cileno Augusto Pinochet, fino ad alcune denunce contro alti membri vaticani per casi di pedofilia. E dopo ogni caso il nome di Amai diventava sempre più famoso: "Era chiaro a tutti noi, nello studio", ha poi raccontato Goffrey Robertson, fondatore di Doughty Street Chambers, "che Amai stesse diventando un avvocato eccezionale. Aveva scelto la legge perché voleva lavorare per un mondo migliore".
È proprio come esperta in Diritti umani che Amai ha assunto la difesa dell'ex primo ministro ucraino, Yulia Tymoshenko, arrestata e incarcerata con l'accusa di malversazione di fondi pubblici, ma che gli oppositori dell'ex governo filorusso di Kiev hanno sempre difeso, considerandola vittima di persecuzione politica. Nella lista dei suoi clienti è poi entrato Abd Allah al Sanussi, ex dirigente libico legato al dittatore Gheddafi. Ma l'incarico più prestigioso è arrivato con la nomina nel collegio difensivo di Julian Assange, il fondatore del sito Web Wikileaks dove sono stati pubblicati documenti statunitensi classificati come "confidenziali" e "segreti". Dal giugno del 2012 Assange è rifugiato nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra: su di lui pesa un mandato di estradizione svedese per un'accusa di stupro basata sulle testimonianze di due sue ex amanti.
Assange denuncia pubblicamente però che le accuse sono del tutto infondate e che dietro il mandato di estradizione svedese ci sarebbero in realtà gli Stati Uniti che vorrebbero processarlo per spionaggio. Di Amal, Assange dice: "È un piacere lavorare con lei, il suo buonumore è sempre d'aiuto anche nelle situazioni più difficili". E così da Assange sappiamo che Amai è sempre serena, allegra. Così come dall'ex segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che l'ha nominata suo consigliere, abbiamo saputo che è anche un'instancabile mediatrice, impegnata con tutta se stessa nel tentativo di pacificazione durante la guerra civile siriana. Amai Alamuddin ha solo 36 anni, è già uno degli avvocati più famosi del mondo. Di lei conoscevamo l'aspetto pubblico e mondano, l'immagine della signora Clooney. Ma c'è un mondo fatto di scontri legali e trattative segrete, di ambasciate, spie, colpi bassi. Uno mondo dove Amai è regina e dove George Clooney diventa semplicemente il signor Alamuddin.