Non è come pensate, non è una puntata de #GliAgentiRaccontano, in realtà è semplicemente una riflessione su come sia cambiato il Giuoco del Calcio nell’ultimo mezzo secolo. Riavvolgiamo il nastro della storia ad oggi, 5 Febbraio, ma di 66 anni fa. Campionato di calcio 1949-50, il più triste dopo la tragedia di Superga che aveva cancellato il Grande Torino. Ma è anche il campionato che sancisce l’inizio di un processo, lento ed inesorabile, che porterà la tecnologia, con tutte le sue evoluzioni, dentro il calcio per arrivare addirittura a plasmarlo e a comandarlo. Ma andiamo per gradi.
L’abitudine per gli spettatori, fino agli anni ’50, era la radiocronaca della partita. Nicolò Carosio, colui che fece la storia di questo mestiere, la voce e migliaia di persone nelle case, nei bar, nelle piazze ad ascoltare ed immaginare cosa stesse facendo la Nazionale italiana o il club preferito con sottofondo la puntigliosa descrizione di tutte le azioni. Erano altri tempi. Tempi nei quali i calciatori lavoravano, dove il professionismo non era ancora diffuso e solo alcuni eletti potevano permettersi di oziare tranquillamente ricevendo un giusto compenso(comparvero i primi sponsor), mentre agli altri toccava sudare le proverbiali sette camicie di giorno, prima di infilarsi gli scarpini e scendere in campo la sera. Il tutto per il puro piacere che trasmette questo sport, senza vedere l’ombra di una lira.

Nicolò Carosio
Esattamente il 5 Febbraio del 1950 avvenne la rivoluzione. Manca ancora qualche anno prima della diffusione in tutto il BelPaese della televisione, che avverrà nel 1954, ma la RAI ha già incominciato a testate le apparecchiature in vista di un’espansione del proprio mercato. Uno dei tanti test avviene proprio in occasione del big match del campionato di Serie A, Milan-Juventus, che divenne a tutti gli effetti la prima partita trasmessa in Italia, nonostante sia stata vista solamente da una zona circoscritta a Torino, allora e attuale sede della Radiotelevisione Italiana. Il risultato sarà lo storico 7-1 dei Rossoneri, dove solo lo storico tridente GreNoLi ne segnò 5 e dove il mitico Parola(celebre per la rovesciata delle figurine) venne espulso per condotta antisportiva. La racconterà la bandiera della radiocronaca Carlo Bacarelli.

Sale la nostalgia a pensare a quei momenti. Il calcio era un sport, e in quanto tale era mezzo di divertimento e svago sia per chi stava in campo che per chi stava in tribuna e a casa; era uno strumento di socializzazione, di confronto e di unione; la violenza e l’odio non esistevano; i bambini sognavano ma con i piedi per terra, senza egoismi, buffonate o menefreghismi. Questa mentalità e questi usi e costumi, forse adesso un po’ troppo “attempati” e “superati”, sono sopiti nel tempo per via di una avidità sempre maggiore da parte di tutti gli addetti inseriti nel calcio che conta, che pian piano ha contagiato anche le categorie meno nobili, arrivando fino ai campetti di periferia.
Infine la televisione, che proprio quel giorno vedeva la luce, ha dato la mazzata finale, arrivando addirittura a comandare il sistema calcio stesso e permeare movimenti di idee, concetti e discussioni, semplicemente con il potente Dio denaro. Dispiace ammetterlo, ma il tubo catodico ha peggiorato lo sport più bello al mondo, anzi forse gli ha cambiato totalmente volto facendo emergere il lato più brutale e duro.
Purtroppo è difficile tornare indietro, oramai questa forma mentis si è talmente radicata nell’immaginario comune dei pallonari che è impossibile da estrapolare o quantomeno raddrizzare. La speranza è che le nuove generazioni riescano, pian piano, a ritornare al passato, per vivere ancora nel ricordo di quello sport.
