Amarcord – Il mio primo luccio

Da Pietroinvernizzi

Carmelo Bongiorno

Erano agli albori dell’Anonima, quando quattro liceali facevano danni in giro per i fiumi della bassa padana: tempi in cui trenta chilometri in due in motorino per pescare a fine dicembre sembrava una cosa furba, tempi in cui fare una camolera da sei Mepp’s del 4 dopo una giornata in cappotto sembrava saggio, tempi in cui se in autunno ti cadeva addosso una pioggia di pallini dedicata alle anatre bastava scrollare le spalle per ripartire…
Le innumerevoli scorribande non avevano prodotto i risultati sperati e avevamo deciso di chiedere lumi a chi ne sapeva di più. La location suonava strana, ma vista la vicinanza, avevamo deciso di seguire il consiglio. Stavamo per scoprire l’Idroscalo.

La battuta, come al solito era iniziata come si conviene a dei seri pescatori: schiamazzando battute che farebbero arrossire anche dei ragazzi delle elementari. Poi si entrava in pesca, ci si sparpagliava, si trovava la concentrazione e si pescava bene. Almeno fino a quando non ci si incrociava di nuovo . E lì ripartiva tutta la trafila di idiozia.

Fonte Wikimedia Commons

In quel frangente mi ero scostato dalle rotte degli altri fino ad arrivare dietro a un cannetino infrascatissimo. L’acqua dietro le esili propaggini era meravigliosa ma l’impossibilità di un lancio sensato era palese. Stavo per tirare dritto quando pensai che, per fregare il re delle acque dolci, non avrei dovuto lasciare niente di intentato. Affondai le mani nelle canne: una a destra che stringeva la canna, una a sinistra libera per recuperare. In mezzo, un’insalata dal gusto palustre di cui gustai qualche foglia…

Fonte Wikipedia

Lo spazio era poco, il lancio doveva essere preciso. E lo fu. Nell’angolo lasciato libero dalle canne vidi l’ondulante cadere in acqua a pochi millimetri dalla radice che delimitava quella meraviglia nascosta. Iniziai a recuperare, ma prima di concludere il secondo giro di manovella, tutto si fermò. Le violente testate arrivarono subito a convincermi che non si trattava dell’ennesimo incaglio e ferrai col cuore in gola. La lotta fu breve vista la poca acqua e quando fui certo che il luccio fosse esattamente sotto di me, notai con orrore che il combattimento stava prendendo una brutta piega, anzi, un brutto angolo: il pesce, anziché avvicinarsi a me, si stava allontanando con la testa fuori dall’acqua.

Me l’è pusibil?!?

Fonte Gothic Italia

Iniziai a forzare il recupero per risolvere la strana situazione, ma accelerai soltanto l’ineluttabile esito dell’atroce dubbio che iniziava a farsi largo nella mia mente. Il lancio tanto bello e tanto preciso, aveva incluso nella sua perfetta parabola anche un robusto ramo. E la lenza stava semplicemente seguendo al contrario il suo viaggio di andata.

Il luccio, il mio tanto sognato luccio era lì davanti a me, appeso: un monarca spogliato della sua regalità ed esposto al pubblico ludibrio.

Entrare in acqua era impossibile, scastrare la lenza impensabile, il ramo troppo grosso per provare a romperlo, forzare avrebbe comportato un piercing permanente per il pesce e anche provare a slamare il pesce con un colpo di frusta alla Indiana Jones sembrava decisamente improbabile. Mentre in rapida successione pensavo a trovare un modo per uscire dall’imbarazzante empasse, per fortuna il luccio diede l’ennesimo colpo di coda riuscendo a liberarsi e cadendo di nuovo nel suo elemento. Tirai un sospiro di sollievo per il pesce tornato in acqua senza danni e ne tirai un altro perché lo aveva fatto senza portarsi dietro un’ancoretta in bocca. Poi mi girai e tirai un calcio secco all’albero che mi stava di fianco.

Ancora incredulo per quanto mi fosse appena successo tornai dai miei compari per raccontare il fattaccio. L’incontro ravvicinato fu accolto con calore, condito da meritati commenti sarcastici e una spruzzata di schiaffi. Del resto eravamo regazzì, quella fase ormai è passata, no?



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