A volte capita di rimanere delusi. E’ terribile quando capita con le persone ma non è piacevole nemmeno quando capita con i luoghi.
Spesso ci si fa un’idea leggendo una guida turistica o un articolo di giornale ma poi, quando si arriva a destinazione, è tutto diverso da come lo si era immaginato.
A me è capitato con Amasra, piccolo porto sulla costa turca del Mar Nero. Raggiungerla è piuttosto difficoltoso, bisogna percorrere qualche decina di chilometri lungo strade strette e tortuose che farebbero venir la nausea anche a chi, come me, non soffre il mal d’auto.
Vederla dall’alto, in effetti, è stupefacente. Adagiata all’interno di un piccolo golfo diviso da un’isoletta, Boztepe, collegata alla terra ferma con uno stretto ponte antico in pietra.
Sull’isola, che da un lato protegge il porto antico mentre dall’altro il porto moderno, si trovano i resti dell’antica fortezza.
Anticamente Amasra era nota come Sesamo, citata da Omero nell’Iliade, e fu fondata nel VI secolo a.C. dai milesi.
Il suo nome attuale lo deve alla principessa Amasris, appartenente alla corte di Alessandro Magno, che dopo la morte del marito fu reggente per un periodo, finché non venne assassinata dal figlio.
La città ebbe nei secoli diversi sovrani fino a quando cadde sotto il dominio genovese prima ed ottomano poi.
Vista arrivando dalla strada per Bartın si possono ammirare le mille sfumature blu del mare che luccica sotto la luce del sole e le case fatte di legno in classico stile ottomano.
Se si tratta di un luogo così affascinante, penserete, per quale motivo affermo che mi ha delusa?
Da lontano è proprio come l’ho descritta, un delizioso paesino con un bel porticciolo, ma il problema si pone quando si percorrono le ultime curve per raggiungere il paese e si riesce ad osservare tutto da vicino.
A quel punto le case ottomane appaiono in rovina, affiancate dai nuovi orrendi cubi di cemento ed il mare è blu ma la riva è sommersa dall’immondizia e non solo a causa del mare mosso.
Amastra, potenzialmente, potrebbe essere un luogo davvero piacevole ed unico ma il degrado a cui è lasciata è veramente triste.
Ho però un ricordo legato ad un piatto tipico che conserverò nell’archivio storico della memoria legata agli alimenti. Ad Amasra ho mangiato i manti più buoni della Turchia intera.
E’ una delle ricette più antiche della cucina turca e si tratta di ravioli ripieni di carne e conditi con yogurt.
La pasta è preparata con farina 00, un uovo ed un pizzico di sale mentre il ripieno è composto da carne di manzo macinata, cipolla tritata, prezzemolo fresco, sale e pepe.
La particolarità dei manti è data dal condimento e dalla loro forma tipica, realizzata prendendo i quattro angoli di pasta e facendoli combaciare sopra il ripieno creando una sorta di fagottino.
La cottura avviene in acqua bollente e sono pronti quando vengono a galla. Vanno conditi con yogurt naturale, burro fuso e paprika dolce…con una spolverata di sumak, se riuscite a reperirlo. E’, infatti, una spezia tipicamente turca dal colore rosso scuro che, al gusto, ricorda la scorza di limone grattugiata. Il sumak è una pianta arbustiva che raggiunge il metro di altezza i cui frutti essiccati sono utilizzati per realizzare questa spezia molto particolare.