Si chiama “Amazon Prime Air“, è l’ultima trovata con cui Jeff Bezos torna a far parlare di sé e della sua azienda su tutti i giornali del mondo. Nel 2018, assicura, Amazon potrà effettuare la maggior parte delle consegne servendosi di droni volanti. Un’idea geniale, ma non per le ragioni che state pensando.
Bezos, fondatore di Amazon, ha presentato il suo progetto durante il programma 60 Minutes della catena americana Cbs. Nel video promozionale diffuso dall’azienda si vede un drone a otto eliche raccogliere un pacchetto dal centro di smistamento e lanciarsi in volo sopra verdi radure e laghi azzurri, fino ad arrivare a una villetta con giardino dove deposita la consegna. Un ennesimo e inutile tassello del sogno americano.
Peccato che si tratti di un sogno lontano dalla realtà, per diversi motivi logistici facili da intuire (immaginate tanti elicotterini indifesi che vagano sopra le nostre teste a beneficio del primo ladro munito di fionda), ma anche per le leggi federali americane che presto potrebbero vietare espressamente l’utilizzo di droni volanti per scopi commerciali, come spiega The Guardian.
Poco importa se nel 2018 Bezos manterrà la sua delirante promessa: non c’è giornale che non abbia rilanciato il suo video pubblicitario (che da ieri ha totalizzato oltre 3 milioni di visualizzazioni su Youtube).
Cos’è in realtà “Amazon Prime Air”? È principalmente aria. Fritta. Una grande operazione di newsmaking: una trovata pubblicitaria per distrarre i giornalisti di tutto il mondo (e i loro lettori) dai problemi che attraversa in questi giorni il colosso del commercio elettronico.
Dalla scorsa settimana Amazon è nell’occhio del ciclone, in seguito a un servizio della Bbc che denuncia i problemi di salute mentale e fisica di cui soffrono i dipendenti dell’azienda. Ai magazzinieri del Regno Unito viene chiesto l’impossibile: nel gigantesco deposito, grande 75.000 metri quadrati, devono trovare gli oggetti da inviare ai clienti gestendo ogni singolo ordine in un tempo medio di 33 secondi. Si calcola che ogni dipendente percorra a piedi più di 15 chilometri durante il proprio turno di lavoro. Il tutto sotto la stretta sorveglianza dei supervisori che registrano ogni loro movimento.
In Germania, invece, i lavoratori dei magazzini Amazon minacciano uno sciopero sotto le feste per protestare contro le condizioni di lavoro disumane e i salari troppo bassi. Schiavi moderni del nostro negozio online preferito, costretti a vivere in sei in una stanza e mangiare cibo in scatola. Molti di loro vengono dal Sud Europa (soprattutto dalla Spagna), attratti dall’illusione di un contratto di lavoro.
Eppure, se oggi provate a digitare “amazon” su Google, scoprirete un’amara realtà: le notizie sui lavoratori sfruttati sono passate in secondo piano. Nei risultati della vostra ricerca vedrete solo droni.
Droni che non esistono.
di Marco Nurra