di
Lo scorso mese di Agosto, il New York Times aveva pubblicato una lunga inchiesta riguardante le condizioni di lavoro dei dipendenti Amazon, contenente anche delle testimonianze di alcuni ex lavoratori che dipingevano un quadro critico.
A due mesi di distanza, però, arriva la risposta ufficiale da parte della società di Jeff Bezos, giunta per bocca di Jay Carney, Senior Vice President for Global Corporate Affairs nonché ex portavoce della Casa Bianca.
Carney è partito proprio dalle accuse mosse da Bo Olson, ovvero colui che aveva pronunciato la tanta discussa frase "ho visto tutte le persone che hanno lavorato ad Amazon piangere almeno una volta" . Il dirigente infatti osserva che quelle dichiarazioni sono prive di fondamenta in quanto Olson ha un sentimento di rancore nei confronti della compagnia dal momento che è stato oggetto di un'indagine interna che ha dimostrato diversi tentativi di truffa ai venditori e falsificazione di documenti aziendali, prima delle dimissioni obbligate. Su Elisabeth Willet, che ha affermato di essere stata oggetto di numerosi feedback negativi da parte dei colleghi, Carney afferma che " ne ha ricevuti solo tre, ed erano tutti positivi e contenevano consigli su come migliorare il proprio lavoro".
Da qui arrivano le accuse a Jodi Kantor, l'autrice dell'articolo, che secondo Carney non avrebbe mai chiesto conferme o un commento, nonostante i continui contatti. Inoltre, il sito di e-commerce nelle ultime settimane avrebbe inviato al giornale diversi documenti per smentire l'indagine ma da parte della testata non c'è stata disponibilità a pubblicare la rettifica.
Immediata arrivata la risposta da parte di Dean Baquet, il direttore del giornale, il quale ha ovviamente difeso l'operato della redattrice ed ha anche fatto chiarezza su com'è stata condotta l'indagine. Il NYT, infatti, ha utilizzato le testimonianze di oltre cento impiegati ed ex dipendenti, per inquadrare al meglio l'ambiente di lavoro. Riguardo Olson, Baquet afferma che l'ex impiegato non ha mai rivelato di essere stato accusato di condotta fraudolenta o falsificazione delle informazioni, tanto meno ha ammesso le proprie colpe.
Poco dopo, sempre attraverso Medium, è arrivata la contro-replica di Carney, il quale si sofferma ancora sul fatto che il giornale, nonostante la grossa mole di documenti analizzati, non ha verificato le storie: " i lettori dovrebbero ritenere credibili degli aneddoti anonimi su cui non è possibile fare alcuna verifica? " conclude. La polemica tra le due parti insomma è destinata a continuare ancora a lungo.
Amazon
Registrati utilizzando un Account esistente