E poi non si dica che il nostro corpo diplomatico non aspiri a rappresentare il popolo italiano con i suoi vizi e le sue virtù. Dopo il caso Vattani e le sue recrudescenze, sia pur giovanili, di ammirazione per il fascismo, dopo Terzi, che ha interpretato una stolida dabbenaggine rivendicata come qualità, ecco che Daniele Bosio, 46 anni, originario di Taranto, in carica dal 2 dicembre come primo ambasciatore italiano in Turkmenistan, sede strategica per i rifornimenti del nostro contingente in Afghanistan, conferma il primato italiano, denunciato dall’Ecpat, l’organizzazione che in 70 Paesi del mondo lotta da sempre contro lo sfruttamento sessuale dei bambini che colloca gli italiani al primo posto in Europa e dall’Unicef, che ci assegna un quarto posto mondiale.Il diplomatico è accusato di “traffico di minori”, un reato che comporta, secondo il codice penale filippino, una pena fino a 20 anni di reclusione e una multa di almeno un milione di pesos (circa 16.200 euro).
Preso, come si dice con le mani nel sacco, l’ambasciatore è stato fermato a Manila, dove si era recato per una breve vacanza, in compagnia di tre ragazzini. “Li aveva portati nel suo appartamento” ha raccontato una delle attiviste dell’onlus che l’ha denunciato: “Aveva fatto la doccia insieme a loro, i bambini erano nudi”. La Farnesina si è attivata per chiarire le circostanze assicurando “massima trasparenza e rigore” e il ministro degli esteri ha sospeso il diplomatico dal servizio. La denuncia è scattata sulla base della legge sulla tutela dei minori varata nelle Filippine nel 1992, secondo cui ogni adulto che sia visto in pubblico con un bambino, con cui non ha relazioni, e con il quale abbia una differenza di età di almeno 10 anni, deve essere denunciato alla polizia.
Lui si difende: aveva generosamente raccolto quei tre bambini di strada per concedere loro una giornata di spassi nel parco acquatico Binyan, ma i genitori, si suppone altrettanto di strada, erano stati avvertiti. E poi, si schermisce sdegnato, lui i bambini li ama, paternamente s’intende, si prodiga per i più sfortunati con donazioni e organizza piccoli ricevimenti durante i quali si traveste da clown.
Per carità, esiste la presunzione di innocenza, per carità anche su Kafka sono stati sollevati sospetti per via di una lettera al padre nella quale decantava la gioia innocente di una gita in campagna con i cuginetti. Non mi viene in mente un crimine paragonabile a quello di chi possono essere macchia per sempre la vita di una creatura, che induce nella vittima il sospetto di correità e provocazione, sicché la guarigione è improbabile e la ferita invece di cicatrizzare produce a cascata nuovi oltraggi all’integrità di altri piccoli, cui viene negato il sorriso, il gioco, l’infanzia,
Ci sono vari modi di essere pedofili, lo sappiamo: integerrimi padri di famiglia per qualche giorno all’anno si trasformano in demoni, sempre più giovani loro, sempre più giovani le vittime trasformate in oggetti, movimentando un brand di oltre trenta milioni di dollari all’anno.
C’è la pedofilia di caste intoccabili e inviolabili, professionisti che patteggiano, statisti che negano il delitto, quella della Chiesa, che in attesa del giudizio divino rifiuta quello della giustizia terrena. C’è quella di rappresentanti in patria e all’estero delle istituzioni, che proprio in questa veste si premettono con la valigia diplomatica, la trasgressione da regole e leggi del loro Paese e di quello nel quale svolgono le loro funzioni.
C’è quella di viaggiatori colti e raffinati, che si rifanno a miti greci e ai loro emuli tra le Sa naziste, tra artisti molto sensibili, tra fotografi in cerca di rarities, tra poeti delicati.
Ma c’è poco da distinguere, si tratta solo del più ignobile dei delitti, della più funesta delle sopraffazioni.