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Ambiente e salute: insieme per la vita | Lo iodio elemento essenziale per l’uomo

Creato il 06 aprile 2015 da Amedit Magazine @Amedit_Sicilia
Sea salt

iodio_gozzo_tiroide_cirrincione (4)di Lino Cirrincione

Che l’ambiente influenzi e condizioni la salute dell’Uomo non è certo una novità, così come non lo è il fatto che non tutti gli aspetti di questa intima relazione siano positivi. Molte delle interazioni ambiente-salute sono ben conosciute e oggetto di studi, rivolti non soltanto a soddisfare l’innata curiosità umana che è poi il motore della scienza, ma più praticamente mirati a scoprire accorgimenti utili ad annullarne o eventualmente mitigarne gli effetti più deleteri sulla vita. Per questo gli interventi messi in atto sono il risultato di operazioni complesse, di azioni coordinate tra studiosi di tutto il mondo impegnati nella incessante ricerca di misure e strategie con un solo ed unico scopo: ridurre al minimo possibile gli effetti nocivi dell’ambiente sulla salute dell’Uomo. Altri aspetti sono meno conosciuti, trascurati e spesso ritenuti meno insidiosi, forse perché nel nostro animo rifiutiamo in tutti i modi l’idea di un ambiente nemico, un ambiente dove gli effetti negativi sono sempre da associare all’operato dell’Uomo e mai a processi naturali; concezione questa che nasce dall’innato valore positivo che da sempre attribuiamo all’ambiente naturale.

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Fondamentale, a tal proposito, è il ruolo svolto dai canali d’informazione che con azioni ben concepite facilitano la diffusione delle notizie, dando vita ad iniziative atte a sensibilizzare la popolazione sugli effetti negativi che l’ambiente può esercitare sulla salute umana. C’è da segnalare, comunque, in questi ultimi anni un crescente impegno da parte delle scuole e di tutti quegli organi preposti all’educazione ambientale non solo per la capillare attività divulgativa ma anche per lo sviluppo di programmi e strategie per la prevenzione. Le stesse amministrazioni pubbliche dedicano ormai  da tempo impegno ed attenzione a definire le linee guida per le azioni di prevenzione e tutela della salute, ne è prova il DGRV n° 1529 del 15 giugno 2001 dell’ARPAV (Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto) che così recita “Le relazioni tra ambiente e salute costituiscono, alla luce di elaborazioni di Enti Internazionali…un sistema centrale per le strategie di difesa e promozione della salute pubblica e di sviluppo sostenibile del territorio…”. Purtroppo spesso a questi sublimi intenti non seguono azioni concrete.

Anche se a prima vista le Geoscienze possono sembrare distanti dalle problematiche legate alla salute umana, non dimentichiamoci che la Terra è fatta di rocce e minerali. I minerali sono costituiti da elementi chimici, gli stessi che noi quotidianamente assumiamo attraverso l’aria, l’acqua e i prodotti del suolo. Le rocce, sono costantemente a contatto con gli agenti atmosferici: ciò comporta il loro lento ma continuo disgregarsi con conseguente formazione prima di sedimento, poi, a seguito di processi pedogenetici, di suolo. Dal suolo hanno nutrimento le piante e gli animali, entrambi essenziali nel nostro ciclo alimentare. Le rocce sono anche in continuo contatto con le acque sia superficiali che sotterranee, quest’ultime destinate al nostro consumo. L’interazione acqua-roccia prevede una serie di reazioni chimiche che coinvolgono i minerali costituenti le rocce, essenzialmente silicati e carbonati, che influenzano le caratteristiche composizionali dell’acqua.

Tra gli aspetti più noti delle relazioni Ambiente-Salute il triste primato spetta sicuramente all’amianto, tornato, in questi ultimi giorni, protagonista delle cronache italiane. Con il termine amianto, spesso erroneamente utilizzato per indicare una specie di minerali, si identifica una categoria merceologica di materiali, di derivazione minerale, impiegati sia in industria che nel commercio. La caratteristica comune dei minerali considerati “asbesto”, non è l’appartenenza alla stessa specie cristallina bensì quella di crescere in fibre finissime e piccolissime in rocce di varia natura e di ampia diffusione. Le dimensioni di queste fibre sono tali che, se inalate, sono in grado di penetrare in profondità negli alveoli polmonari provocando tumori. La normativa italiana riconosce come asbestiformi i seguenti minerali: crisotilo, tremolite, actinolite, crocidolite, antofillite, amosite e balangeroite. Probabilmente altri minerali potranno, in futuro, essere inseriti in questo elenco: la normativa non è infatti aggiornata ed oltretutto non è detto che siano noti tutti i minerali caratterizzati da abito fibroso. Noto è il caso di Biancavilla, in provincia di Catania, dove l’elevata presenza di mesoteliomi ha destato sospetti sulla possibile presenza di minerali asbestiformi. Le indagini sulle rocce vulcaniche delle aree circostanti hanno messo in luce la presenza di una specie cristallina allora sconosciuta in seguito denominata fluoro-edenite, il cui abito fibroso la accomuna ai minerali dell’amianto.

Meno noti sono altri aspetti delle relazioni ambiente-salute, spesso trascurati perché considerati di importanza secondaria. Pochi sanno ad esempio che circa il 10% della popolazione italiana soffre di disturbi causati dalla carenza di iodio (IDD – Iodine deficency disorders); sebbene le forme più gravi di questi disturbi siano ormai fortemente diminuite, ancora oggi circa sei milioni di persone soffrono di tutta una serie di disturbi legati alla carenza di questo elemento.

Human larynx anatomy
Lo iodio è l’elemento chimico di numero 53, appartiene agli alogeni, cioè gli elementi del settimo gruppo della tavola periodica. Assieme all’Astato è il meno abbondante della crosta terrestre, è infatti definito come ultra-trace element. Nonostante la sua bassissima concentrazione, lo iodio riveste un ruolo biologico essenziale negli esseri umani: affinché la tiroide svolga in maniera adeguata il proprio ruolo è importante che ogni giorno assumiamo la giusta quantità di iodio. Nelle persone il cui apporto di iodio è scarso la tiroide non riesce a produrre la quantità di ormoni necessaria con l’inevitabile insorgenza di disturbi. Questi possono essere più o meno gravi in funzione del periodo della vita in cui questi si manifestano. L’effetto più vistoso è il gozzo, cioè l’aumento delle dimensioni della tiroide che con questa scappatoia cerca di rimediare alla carenza dello iodio. Se lo stratagemma ha effetto, la carenza non è considerata grave e ulteriori danni possono essere rimediati, se invece la carenza perdura si ha l’insorgenza di altri effetti ben più dannosi che interessano direttamente il sistema nervoso. Una delle conseguenza più drammatiche della carenza di iodio è il cretinismo, disturbo che si manifesta con forti deficienze mentali e fisiche peraltro permanenti. Anche se i disturbi possono insorgere a tutte le età sicuramente l’insufficienza di iodio è particolarmente grave quando interessa individui di età inferiore ai tre anni oppure donne in stato di gravidanza o allattamento.

Per gli esseri umani, la fonte principale di assunzione dello iodio è l’alimentazione. Il contenuto dell’elemento nei cibi è, però, molto variabile: i pesci sono gli alimenti più ricchi di iodio, seguono il latte e la carne. Nei vegetali la quantità di iodio dipende dalla concentrazione nel suolo, a sua volta funzione di due differenti contributi: il primo legato a fattori interni ed il secondo a fattori esterni. Il contributo dei fattori interni è funzione della composizione delle rocce da cui i suoli derivano e dalla capacità che i diversi costituenti del suolo hanno nel trattenere l’elemento iodio. Il contributo dei fattori esterni è funzione principalmente della distanza dell’ambiente marino e dai meccanismi di trasferimento dello iodio operati dall’atmosfera. In natura i “contenitori” più grandi di iodio sono l’idrosfera e la litosfera, in atmosfera lo iodio transita per andare da un contenitore all’altro. Questo aspetto è comunque di grande importanza nel ciclo geochimico dello iodio, il suo comportamento atmofilo è, infatti, fondamentale nel trasferimento dell’elemento dall’ambiente marino al terrestre.

Nelle rocce costituenti la litosfera, lo iodio è presente sia in iodati insolubili (come ad esempio la iodembolite Ag (Cl,Br,I), sia in iodati solubili (come ad esempio la schwartzembergite Pb5IO3Cl3O3). Tuttavia, i minerali dello iodio sono molto rari nelle più comuni rocce terrestri, questo significa che non è possibile associare la distribuzione dello iodio ad un particolare gruppo litologico.  Piuttosto, la concentrazione dello iodio è sempre alquanto casuale e legata ad una concomitanza di fattori petrogenetici come, ad esempio, la sostituzione di altri elementi alogeni nei reticoli cristallini di alcune specie minerali che ben più diffuse. Questo fenomeno noto con il termine vicarianza consiste nella sostituzione di uno ione da parte di un altro simile per dimensione e carica all’interno di un minerale: è una specie di travestimento che lo ione escogita per andare ad occupare il posto che spetta invece ad un altro elemento chimico. Questa sostituzione è ovviamente tanto più facile quanto più simili sono le caratteristiche dei due elementi chimici. Le caratteristiche geochimiche dello iodio rendono questo elemento poco gradito ai più comuni minerali costituenti le rocce della crosta terrestre; poco più tollerata è la sua presenza nei minerali argillosi che a causa della complessità strutturale e della facile espandibilità dei piani reticolari riescono meglio ad accomodare questo ingombrante elemento. Certamente difficile è la convivenza dello iodio nei reticoli cristallini dei più comuni silicati della crosta terrestre come i feldspati, i pirosseni, le miche ecc.Osservando le concentrazioni medie dello iodio nelle rocce si può notare come le rocce sedimentarie, quelle cioè formate dall’accumulo di sedimenti o dalla precipitazione diretta di sali dalle acque marine, sono quelle che esibiscono le concentrazioni maggiori, in particolar modo quelle più ricche nella componente argillosa. Le rocce magmatiche e metamorfiche sono invece quelle che mostrano le concentrazioni di iodio più basse. Nelle rocce metamorfiche, in particolare, la ricristallizzazione di nuovi minerali tende a raffinare i reticoli cristallini eliminando possibili difetti reticolari ed elementi intrusi; in questo caso lo iodio è un elemento clandestino, quindi non c’è da meravigliarsi se le rocce metamorfiche sono,in assoluto, quelle in cui si registrano le più basse concentrazioni di iodio.

Il contributo dei fattori esterni nel determinare la concentrazione di iodio in un suolo, dipende invece soprattutto dalla quantità di elemento che l’atmosfera riesce a trasferire dal mare; ciò è funzione sia della distanza dall’ambiente sia dalle caratteristiche climatiche della regione stessa. Gli studi più recenti confermano che il principale trasportatore di iodio dall’ambiente marino al continentale è lo spray marino, con un tempo di residenza in atmosfera variabile da 10 a 15 giorni. La deposizione dello iodio sul suolo avviene prevalentemente attraverso la pioggia; studi sperimentali condotti nel Galles hanno dimostrato come al decremento di iodio legato alla distanza dalla costa si associano, in corrispondenza delle quote più alte,forti incrementi nelle concentrazioni. Queste ultime sono le aree in cui si riscontra una maggiore piovosità, individuando nella pioggia il principale agente di trasferimento dello iodio dall’atmosfera al suolo.

Substrato roccioso e clima sono comunque intimamente connessi nel determinare la quantità di iodio presente in un suolo; la composizione di questo dipende,infatti, dai processi pedogenetici, quei processi cioè che ne governano lo sviluppo a partire dal substrato roccioso e che a loro volta dipendono fortemente dalle condizioni climatiche della regione.  Un suolo ricco nella componente argillosa mostra un elevato valore di IFP (Iodine Fixation Potentail); mentre un suolo prevalentemente arenaceo dove la frazione argillosa è relativamente bassa, ha difficoltà a trattenere lo iodio. Le condizioni ottimali per mantenere lo iodio nel suolo sono quindi dettate da una giusta combinazione tra la frazione argillosa e quella arenacea. Un eccesso di argilla o una specifica combinazione di minerali, pur favorendo la ritenzione dello iodio nel suolo, rallenta il trasferimento dell’elemento all’apparato radicale delle piante annullandone così i benefici.

Sea salt
Un tempo le aree interessate da IDD (Iodine Definciency Disorders) erano soprattutto le aree montane, oppure le remote regioni interne ai continenti, dove il consumo di pesce o altri cibi di origine marina era raro. In queste regioni, le insorgenze di gozzo e di ritardo mentale erano frequenti. Per la Valtellina e la Valchiavenna, ad esempio, il gozzo ha rappresentato un vero tormento sociale tanto che tra la fine dell’Ottocento ed il primi del Novecento i termini valtellinese e cretino erano considerati inscindibili, quasi sinonimi. Le cause del problema erano ovviamente da attribuire alla notevole distanza dal mare e alla contemporanea scarsa concentrazione di iodio nel suolo, quest’ultimo sviluppato per buona parte su un substrato di rocce metamorfiche.

Nello stesso periodo, in altri parti del mondo, iniziavano le profilassi con sale iodato: gli esempi più efficaci sono quelli riportati nelle zone endemiche delle Montagne Rocciose (USA) e nei cantoni della Svizzera. In Italia il problema perdurò ancora per svariati anni ed in attesa che il governo centrale prendesse una decisione, videro la luce singole iniziative personali e locali di medici e studiosi: famosa è quella del dottor Giuseppe Muggia, direttore del Manicomio di Sondrio, che somministrò cioccolatini contenenti iodio agli alunni delle scuole elementari. Bisogna aspettare il 1925 affinché lo Stato avvii una campagna di sensibilizzazione al problema associata alla distribuzione di sale iodato nelle aree ritenute a rischio di gozzo-cretinismo. Immediati furono gli effetti: bastarono infatti appena cinque anni per vedere diminuiti i casi di gozzo fino a considerare del tutto estinto il problema nel decennio successivo.

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Attenzione però perché il problema non è risolto: nei paesi occidentali i processi di raffinazione e conservazione degli alimenti hanno spesso tra gli effetti la riduzione del contenuto di iodio, per non parlare di tutte le popolazioni che abitano le regioni interne dell’Africa e che sono a rischio denutrizione. Secondo i numeri forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità circa un quinto della popolazione mondiale è oggi a rischio di carenza di iodio; un numero elevatissimo se consideriamo il fatto che basterebbe veramente poco per ridurre il problema: la somministrazione di sale iodato. In alcuni Paesi il sale iodato è in commercio al posto del comune sale da cucina che rimane disponibile solo a richiesta, in altri invece è divenuto obbligatorio mentre il sale comune è stato completamente eliminato. Ma ciò che più amareggia è che vi sono luoghi dove ancora questo prodotto alimentare così economico è del tutto sconosciuto,così come lo sono i problemi connessi alla sua mancata somministrazione.

Rosolino Cirrincione

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Questo articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 22 – Marzo 2015.

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