di Michela Pibiri
Cagliari 5 ottobre 2010
Oltre 600 presenza alla mostra organizzata dal collettivo femminile Sustainable Happiness: creatività e passione in difesa dell'ambiente. Vecchie schede di pc, sedili d'auto, cellulari rotti, poliuretano espanso, lampadine, teiere, lattine. Blister vuoti di medicinali, sacchi di juta, scampoli di costume di carnevale, tavole di legno e buste del caffè. Plastica, orbace, alluminio, cartone, ceramica, colla. Tutto in una stanza. Detto così, un autentico incubo: il disordine sconnesso dei detriti che nessuno vuole, che si accantonano negli angoli remoti della casa in attesa di conoscere la discarica.
Ma se a tutto questo si aggiungono Massimo, Barbara, Roberta, Carlo, Michele, Emma, Luisa, Patrizia, Antonella e tutti gli altri – impiegati, liberi professionisti, pensionati, studenti, artigiani con le loro mani, la testa ed il cuore – un'incredibile forza organizzatrice pervade il tutto: crea ordine dal disordine, colore e forma da ciò che non sarebbe stato altro che un cumulo di vecchi e polverosi “mai più”. Questo l'effetto dirompente e stupefacente di Alig'art, l'esposizione ospitata per una settimana dai locali della facoltà di Architettura in concomitanza con il Signal festival dell'associazione Ti con Zero.
Il connubio tra performance audio-video votate alla sperimentazione e l'iniziativa di promozione del riciclo creativo del neonato collettivo al femminile Sustainable Happiness ha regalato ad un angolo della vecchia Cagliari una parentesi dall'atmosfera internazionale nel tenore delle idee: ossia fuori dagli schemi consolidati della cultura spesso celebrativa cui siamo abituati, lieve nel proporre soluzioni organizzative ed espositive a basso budget e con grande partecipazione di pubblico, soprattutto giovane, come succede nella città più vivaci d'Italia e d'Europa, dove spesso i luoghi della cultura e del divertimento sono arredati con mobili di risulta e l'atmosfera la fanno le proiezioni in movimento sui muri, la musica è cotta e gustata sul momento e per bere si spende veramente poco.
Stanchissime e soddisfatte, Margherita, Valeria, Petra, Simona e Francesca – le ragazze felicemente sostenibili e sostenibilmente felici – al termine della giornata conclusiva di Alig'Art che ha coinvolto oltre 60 persone nei tre laboratori di ecodesign e riciclo sonoro: quest'ultimo concluso con una performance musicale che avrebbe fatto impallidire John Cage.
Stanche perché mettere in piedi un'iniziativa di questo tipo, curata nei minimi dettagli, grafica e merchandising compresi, impegna fino all'ultimo risorse ed energie sostanziose, quelle che solo la vera passione sa come tirare fuori. Soddisfatte perché il riscontro è stato decisamente superiore alle aspettative: la conta della mostra va oltre le 600 presenze, che per una settimana di apertura rappresenta un risultato non da poco, e la richiesta per la partecipazione ai laboratori ha superato abbondantemente il numero di posti disponibili. Tanto che, spiega Valeria, a breve verranno riproposti al di fuori di questo contesto specifico, probabilmente già il mese prossimo.
Non solo: fino all'ultimo minuto, e anche dopo l'inaugurazione della mostra, sono arrivate richieste di esposizione dei lavori da parte dei visitatori che – nel vedere piantane fatte di tazze e teiere impilate, bottiglie di vetro usate come alberi di Natale, materiali da imballaggio trasformati in comodini, sedie foderate da strisce colorate di vecchie lenzuola e collane create dai tappi del detersivo – si sono resi conto che anche quello che costruiscono loro a casa, nel tempo libero, meriterebbe di essere esposto e magari venduto, come le opere presenti ad Alig'Art.
Ed è questo il vero successo: scoprire che esiste un nutrito popolo di persone che dedicano parte delle proprie giornate, dopo il lavoro in ufficio o lo studio, a conservare, scegliere, riutilizzare materiali di scarto per ridurre il proprio impatto ambientale e costruire qualcosa che sia ancora utile nelle loro vite. Un popolo silenzioso cui Alig'Art ha consegnato un megafono: c'è chi con i materiali di recupero prepara piccoli oggetti da regalare, chi ci si arreda la casa, chi si dedica all'arte per l'arte giocando con le consistenze materiche ed i colori, chi ne ha fatto un mestiere vero e proprio e si è aperto la propria bottega di oggetti di ecodesign. Ma quel che accomuna tutti è la cura assoluta con cui questi oggetti vengono alla luce: equilibrati e puliti, lucidi e sorridenti come se fossero nuovi, eppure carichi di storie provenienti da vite passate da raccontare. Allora quello che è certo è non solo che la prossima edizione di Alig'Art conterrà un numero ancora maggiore di idee e progetti di qualità. Quello che è certo è che dopo questo grintoso riscaldamento, di Sustainable Happiness avremo presto altre notizie.
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