Magazine Ecologia e Ambiente

Ambiente: riciclaggio ed educazione

Creato il 09 luglio 2012 da Ilgrandemarziano

Ambiente: il paradosso della cintura di sicurezza

Una delle più grandi conquiste ecologiche degli ultimi anni, ancorché non si possa dire raggiunta, ma senza dubbio a buon punto, a mio avviso è quella del riciclo. Riciclare gli oggetti, carta, vetro, plastica e alluminio, come pure l'organico, è un gesto semplice e facile da portare a termine, soprattutto da quando la raccolta viene eseguita in maniera capillare (ovvero i bidoni per lo più vengono a te e non viceversa). Eppure, se da una parte c'è moltissima gente che pratica quotidianamente questo gesto di civiltà, c'è ancora una moltitudine altrettanto nutrita che se ne sbatte, la ritiene una stupidaggine inutile, un'insulsa perdita di tempo, dover pensare a dividere di qua e di là, dover tenere in casa un sacchetto per ogni categoria di materiali, cercare di capire se questa cosa qui, che sembra plastica, è davvero riciclabile o no, e - insomma - non lo fa. Ebbene, di questa reazione non mi interessa il giudizio morale che lascio a voi, mi interessa osservarne la componente mentale.

Ambiente: il paradosso della cintura di sicurezza

In altre parole, benché un gesto come il riciclaggio - se eseguito coralmente - possa servire per migliorare la vita della collettività, chi si ostina a non farlo dimostra sostanzialmente due cose. La prima è che la sensibilizzazione all'ecologia è faccenda assai più difficile di quanto non si possa pensare. La seconda è che l'animale-uomo, a meno di non essere minacciato fisicamente, per esempio da un'arma puntata contro di lui o da una malattia incombente, ovvero da un "pericolo" imminente, da qualcosa che gli può fare male e di cui egli si può rendere conto in prima persona, tende sempre e comunque a sottovalutare la percezione della propria rovina o del rischio che corre, soprattutto quando si tratta di qualcosa che non è immediato, ma che è solo la prospettiva più o meno remota di una minaccia che si manifesta come conseguenza progressiva della reiterazione di un comportamento disdicevole.
Pensate allora alle cinture di sicurezza nelle auto. Per convincere gli italiani ad averle ma, soprattutto, a usarle, è stata necessaria l'approvazione di una legge apposita e dunque l'istituzione di una multa collegata all'infrazione di quella medesima legge. Così il pericolo che corre, e che convince l'italiano a usare le cinture, non è più quello del tutto ipotetico di spargere il proprio cervello in mezzo a due carreggiate dell'autostrada dopo essersi fracassato la testa contro il parabrezza, bensì quello ben più reale di prendere la multa.

Ambiente: il paradosso della cintura di sicurezza

L'interpretazione alternativa sarebbe quella che l'italiano medio consideri prendere la multa come una situazione maggiormente disdicevole rispetto ad avere la testa ridotta in poltiglia, ovvero che la propria testa abbia un valore medio minore di quello della multa (cosa che peraltro è spesso vero). Si può dunque ritenere che i comportamenti ecologici, per avere successo, debbano passare per forza da una gestione "volontaria" a una gestione "obbligatoria"? In tal caso, una gestione obbligatoria avrebbe la necessità di una legislazione adeguata e un altrettanto adeguato livello di monitoraggio della sua effettiva applicazione, cosa che nel caso dei rifiuti è decisamente più difficile di un posto di blocco della Polizia Stradale.
Ecco perché difficilmente tutta la faccenda, in termini ecologici, potrebbe funzionare e perché, come in un labirinto molto difficile, ci accorgiamo di avere girato in tondo e di esserci ritrovati di fronte al problema della necessità di sviluppare una sensibilità che faccia sì che i comportamenti ecologici - a partire da quelli più semplici come il riciclo, a quelli più complessi come, per dire, la permacultura - diventino "naturali", ovvero parti integranti del nostro modo di vivere, talmente integrate nel nostro comportamento da adottarli non tanto perché siamo giunti al punto che è necessario tutelare l'ambiente, ma perché, semplicemente, è così che è giusto e normale fare.


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