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Ambivalenze registiche: Gus Van Sant da "Paranoid Park" a "Milk"

Creato il 09 febbraio 2009 da Samuelesestieri
Ambivalenze registiche: Sant Trovo Gus Van Sant uno dei registi contemporanei più interessanti da analizzare. E' un artista stilisticamente poliedrico, capace di passare da film più sperimentali come " Elephant" e " Paranoid Park" a progetti certamente più Hollywoodiani come " Il genio ribelle" o il recente " Milk". Benchè preferisca di gran lunga il Van Sant sperimentale trovo molto interessante questa versatilità, che è arrivata alla piena maturazione con un film commovente e attuale quale " Milk" dove, molto spesso, si nota il pallino del regista "sperimentale" ( basti pensare alla sequenza dello specchio, verso il finale). Ma cosa si intende per sperimentale? Si può definire per esempio un " Paranoid Park" film sperimentale? Sicuramente viene messa in scena una storia altamente introspettiva e controversa dove la grande abilità registica sta nel riuscire a trasmettere perfettamente l'angoscia, gli stati d'animo del protagonista, tanto da farla diventare una pellicola fortemente intimista. Eccolo il termine: intimista. Van Sant non giudica moralisticamente i suoi personaggi, non ha intenti demagogici e giudizievoli: pensate a " Elephant": viene rappresenta la strage del liceo di Columbine, senza moralismi, senza etichette educative: Van Sant non vuole giudicare, vuole solo fotografare. Una fotografia, col suo gelo, la sua freddezza, la sua inquietudine, è sicuramente molto più dura da digerire di un film volutamente "schierato" come può essere un " Bowling a Columbine" di Moore, che racconta della stessa strage. Ma questo è un discorso più ampio, che riguarderebbe decenni di arte populista e demagoga. L'arte deve dare un messaggio o far interpretare un messaggio? L'arte deve educare o fotografare? Van Sant dà la sua risposta in " Elephant" che, secondo me, è molto più efficace della "demagogia cinematografica" di Moore o di tanti altri. Pensate al finale di " Elephant": è gelido, di una freddezza allucinante, è una vera e propria coltellata nel cuore dello spettatore, ma non ha l'arroganza di chi vuole impartire una sua morale, anzi: lascia libero lo spettatore di interpretare, di farsi una sua opinione. Preferisco di gran lunga un regista che fotografa a un regista che propaganda. Una fotografia, sia in " Elephant" che in " Paranoid Park" si trasforma in un ritratto psicologico, introspettivo, fisiologico e antropologico della violenza, degli istinti, dell'uomo. In maniera lenta e originale Van Sant ci guida nel cuore dei suoi personaggi: come dimenticare, per esempio, la scena della doccia in " Paranoid Park"? Quella scena mi colpì moltissimo per quanto fosse dilatata, esasperata, ma così fortemente empatica da emozionare, raggelare, commuovere. Esatto, è uno stile empatico, che ti porta ad immedesimarti, a ragionare, a soffrire. E quando un regista riesce a stabilire un rapporto empatico col suo pubblico allora avviene una vera e propria magia. Ricordo che quando vidi " Paranoid Park" tutta l'analisi dello stato d'animo del protagonista mi ricordò molto un altro piccolo caso filmico risalente a qualche tempo prima, " Mean Creek", altra pellicola tutta improntata su sensi di colpa e angosce in seguito a una determinata azione. Pur trattandosi di due ottimi film, contenutisticamente entrambi ti arrivano dritti al cuore, filmicamente " Paranoid Park" è un caso sicuramente più interessante, che va visto, digerito, e rivisto.Sperimentare vuol dire provare, tentare, raccontare una storia con uno stile nuova, fresco, innovativo e Van Sant ci riesce perfettamente. E va elogiato ancora di più perchè, dall'altra parte, riesce a regalarci un gioiello come "Milk", tradizionale registicamente ( se si escludono alcune sequenze del suo alter-ego sperimentale) ma indubbiamente innovativo e progressista nel contenuto. " Milk" racconta di una speranza, di un uomo che fece la differenza, che lottò per i diritti degli omosessuali, che cercò di cambiare le cose: un film in linea col nuovo "new deal" di Obama, non per niente favorito agli Oscar. Una pellicola che consiglio vivamente, con uno Sean Penn fantastico.

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