Clint Eastwood è un repubblicano dichiarato e militante; è diventato attore famoso interpretando un pistolero vendicatore al cinema e dopo ha consacrato la strategia del “prima ti sparo, poi ti chiedo chi sei” nelle vesti di un ispettore di polizia, che t ‘ ammazza con la pistola più grossa e rumorosa del quartiere.
Da regista contrariamente, pur con soggetti da combattente duro, puro e instancabile, sceglie una sorta di pragmatismo pacifista: se in guerra non vuoi morire, meglio starne lontano.
Già dai tempi di “Un mondo perfetto” decide di mostrare la teoria che una pistola sia letale solo per il fatto di esistere.
American Sniper, dove già il titolo indica il punto di vista unilaterale e la soggettività della narrazione, non si discosta dalla morale delle sue precedenti esperienze registiche e che la retorica repubblicana del mondo diviso in pecore, lupi e cani pastore, inizi e finisca nel momento stesso in cui viene menzionata.
Che la guerra non sia la soluzione ottimale in alternativa alla diplomazia ce lo dica un medico di Emergency sarebbe scontato, che lo dica un repubblicano orgoglioso un po’ meno.
Il film rivela nelle intercapedini narrative un elemento già noto ai buoni ed informati osservatori ma ignorato dai più. Un’ accusa tutt’ altro che velata all’ incapacità statunitense di recuperare i reduci di guerra. Lacuna giustificabile se si parlasse di Svizzera ma inaccettabile se americana.
Il messaggio finale è piuttosto chiaro: la guerra è una scimmia che ti sale sulle spalle e ti seguirà fino a casa; qualsiasi cosa avrai imparato non sarà mai sufficiente a salvarti la vita per quanto tu sia accorto e sospettoso; chi ti ha convinto ad imbracciare un fucile, probabilmente scomparirà quando dovrà insegnarti come farne a meno; soldato, padre e marito potrebbe rivelarsi l’ ossimoro più frustrante che si possa vivere.
Ho la netta impressione che questo war-movie non verrà compreso per motivi puramente ideologici. Dai “democratici”, perché sulla guerra dal punto di vista del patriota americano inconsapevolmente imperialista. Dai “repubblicani” perché è sempre bello, patriottico e cristiano… quindi arruoliamoci in massa.
Ma questo non successe già con “Rambo”? Vabbè.
Entrambi giudicheranno solo quel che vorranno vedere. Peccato.
Che Primo levi nelle pagine di “La Tregua” ci ricordi che in fondo la guerra non è mai finita per chiunque in ogni luogo e rappresenti l’ impossibilità e l’ illusione di starne perennemente lontani, è un fatto altrettanto incontestabile.