Magazine Cinema
di Hélèn Cattet e Guido Forzani
Interessantissimo progetto belga-francese del 2009, purtroppo passato un pò in sordina o quasi completamente ignorato. Un film difficile da catalogare sotto tutti i punti di vista, per metà è un'esperienza esclusivamente visiva priva di un nucleo narrativo solido, per l'altra metà è un prodotto che si regge interamente sulle citazioni e sugli omaggi al cinema italiano degli anni settanta e ottanta, in particolare al filone horror e a quello "giallo".
Hélèn Cattet e Guido Forzani arrivano freschi freschi dalla realizzazione di cinque cortometraggi, e si vede. Amer(amaro) è infatti suddiviso in tre parti fin dai titoli di testa (che scorrono sullo splendido tema musicale di Cani Arrabbiati di Mario Bava), tre brevi storie unite soltanto dalla presenza della protagonista Ana, ritratta in tre differenti fasi della sua vita: l'infanzia segnata dalla morte del nonno materno, l'adolescenza con la scoperta del proprio corpo e l'esplosione della sessualità, e infine l'età adulta, quando Ana fa ritorno ai luoghi dell'infanzia, nella villa in cui era ambientato il primo segmento.
Da qui la difficoltà di catalogazione, Amer non ha uno sviluppo narrativo lineare, è costituito solo da tre lunghe scene ben isolate tra loro, ed è quasi del tutto privo di dialoghi. Il film dura circa novanta minuti, e Ana pronuncia la sua prima e ultima battuta soltanto dopo la prima ora. Gli altri personaggi sono altrettanto taciturni, e spesso vediamo soltanto i loro occhi che osservano o spiano la protagonista.
Come ho già detto, il primo "cortometraggio" rappresenta l'infanzia di Ana, con una scena che è un grosso omaggio al cinema di Mario Bava e di Dario Argento. La giovane protagonista vive in una villa che ricorda tanto l'accademia di danza in cui è ambientato Suspiria, con lei ci sono sua madre, il nonno appena defunto e una misteriosa donna in nero che si trascina per le stanze ansimando come la mater suspiriorum. Ana sottrae un vecchio orologio dalla salma del nonno, dopodiché viene tormentata per tutta la notte da strane visioni e dalla misteriosa figura in nero che vive nella stanza accanto alla sua e che la spia dalla serratura. Ana cerca conforto nella madre, ma la trova a letto con un giovane ospite.
L'uso dei filtri colorati, l'idea dell'oggetto sottratto a un morto e le musiche elettroniche che riproducono il gocciolio dell'acqua, il trucco improbabile della salma... è tutto un omaggio riuscitissimo all'episodio La Goccia da I tre volti della paura di Mario Bava. Ma a parte i debiti, la scena è molto angosciante e ben realizzata.
Nella seconda scena Ana è un adolescente, e accompagna sua madre dal parrucchiere. L'episodio sembra ispirato alle commedie erotiche italiane e al cinema erotico in generale, sia per le musiche particolarmente frizzanti, sia per le immagini dai colori accesi che ricordano tanto le pubblicità italiane. Il corpo di Ana sta cambiando e lei non tenta di nasconderlo, così la telecamera sbircia tra le pieghe del suo vestito o sotto la gonna troppo corta, un pò come i personaggi maschili che compaiono nella scena. Ancora una volta qualcuno la spia, e ora che è lei ad attirare gli sguardi degli uomini, la madre sembra provare gelosia.
E' un tipo di cinema che non conosco, però mi è sembrata una scena realizzata in modo splendido, con quei primi piani della ragazza che si succhia morbosamente un ciuffo di capelli, mentre sfila sculettando davanti al gruppo di motociclisti allupati. Esteticamente è davvero notevole.
Il terzo episodio rappresenta il ritorno alla villa, e richiama un pò la scena di Profondo Rosso in cui Marcus visita la villa dei fantasmi, inoltre il tutto sembra una citazione da Una lucertola con la pelle di donna di Fulci. Qui Ana, diventata donna, pronuncia la sua unica battuta quando indica all'autista l'indirizzo della villa (l'autoradio trasmette Furore di Adriano Celentano, già sentita in La ragazza che sapeva troppo, sempre di Bava); anche in questo caso è vittima di uno sguardo maschile che sembra quasi spogliarla. L'episodio è una rielaborazione dei traumi precedenti che vengono portati alle loro estreme conseguenze, quindi più che un richiamo agli horror "classici" mi è sembrato un omaggio a quelli più moderni e psicologici.
Notevole la scena dell'omicidio, ricorda il Dario Argento dei primi tempi. L'assassino infatti indossa guanti neri di pelle, e viene ripreso solo sulle mani mentre infierisce sui corpi con un vecchio rasoio. Trucchi artigianali che fanno ancora la loro porca figura, tranne quando li usa Argento...
La struttura esile, che trova sostegno nel citazionismo sfrenato, potrebbe risultare indigesta alla maggior parte degli spettatori, soprattutto a chi non è appassionato del genere o non riesce a cogliere i numerosi riferimenti cinematografici, tuttavia Amer resta un prodotto realizzato con grande cura per i dettagli e uno stile davvero accattivante, ai limiti dell'avanguardistico. L'occhio viene abbondantemente appagato dalla varietà che caratterizza tutto il film e dalla rielaborazione di effetti visivi tipici dell'horror all'italiana, mentre l'orecchio deve solo abituarsi ai lunghi e interminabili silenzi, raramente interrotti da qualche brano di Stelvio Cipriani o Ennio Morricone prelevati direttamente dalla colonna sonora di qualche poliziottesco.
Forse è un pò vittima di se stesso, perché si rivolge a un pubblico molto specifico e perché sceglie di farlo con uno stile davvero coraggioso, ma per quanto mi riguarda mi ha conquistato.
Consigliatissimo.
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